Rigeneriamo le comunità


Angelo Buonomo | 30 Luglio 2019

Comunità, sostantivo femminile. La parola deriva dal latino communĭtas -atis “comunanza”, da cui communis “comune”. Una parola antica e al tempo stesso nuova, che delinea prospettiva di innovazione sociale per lo sviluppo dei territori. Un termine che sta diventando sempre più centrale nei progetti, nelle proposte e nelle azioni promosse da enti del terzo settore. Uno dei temi aperti, che porta a diverse domande, resta comunque la questione di definire cosa sia la comunità. Pur non sottovalutando il dibattito e i molteplici orientamenti, qui possiamo prendere in considerazione l’accezione di comunità fornita da Ezio Manzini nel suo libro “Politiche del quotidiano. Progetti di vita che cambiano il mondo” nel quale sostiene che sono necessarie «comunità volontarie, leggere, aperte, in cui si bilancia l’individualità di ciascuno con il desiderio di stare e di fare qualcosa assieme. Comunità fluide, senza le quali c’è solo la solitudine dell’individualità connessa, o il tentativo reazionario di riproporre le comunità chiuse e identitarie del passato». Organismi, dunque, capaci di essere aperte e solidali, che mettono al centro desideri e bisogni e producono meccanismi di scambio e reciprocità tesi al raggiungimento di obiettivi comuni e di conseguenza alla creazione di benessere individuale e collettivo.

 

Quindi la comunità assume in questo senso un ruolo economico, in termini di sviluppo locale; politico, portando al cambiamento delle condizioni materiali e immateriali dei propri membri; culturale, sotto il profilo della sostenibilità ambientale e sociale, in quanto processo partecipativo che genera nuovi progetti e orizzonti praticabili. E quindi, quando nell’ambito di processi di comunità la collaborazione si traduce in cooperazione, prende vita un processo molto più ampio capace di tenere insieme quattro direttrici di sviluppo e cambiamento: economico, sociale, politico e culturale. L’impresa cooperativa, attraverso l’applicazione dei sette principi dettati dalla Dichiarazione di Identità Cooperativa, offre uno spazio dentro il quale la comunità può riconoscersi, partecipare democraticamente, rispondere ai propri desideri e ai propri bisogni attraverso lo scambio mutualistico.

 

Tutto ciò non è solo speculazione teorica, ma pratica sociale che vede significativi sviluppi nel nostro Paese, con la costituzione di decine di cooperative di comunità in questi anni. E, accanto a tali sviluppi concreti, altri ulteriori potrebbero verificarsi, anche grazie ad iniziative come il bando qui presentato, in particolare in due direzioni: le cooperative di comunità che nascono intorno a beni confiscati alla criminalità e le cooperative che, a partire da scelte o esigenze abitative, avviano processi comunitari di rigenerazione urbana.

 

1. Cooperative di comunità e beni confiscati alla criminalità organizzata

La diffusione delle cooperative di comunità rappresenta una sostanziale innovazione nata in seno al movimento cooperativo nel nostro Paese. Sin dagli albori, il movimento ha saputo sempre ricercare metodi innovativi dal punto di vista della produzione, dell’organizzazione e della democrazia, con un ruolo spesso anticipatore e visionario.

Prendendo in considerazione le esperienze di cooperazione di comunità nel nostro Paese, è possibile evidenziare due elementi ricorrenti: il primo riguarda un luogo fisico, spesso abbandonato e in disuso, da rigenerare e restituire alla collettività, che si trasforma in bene comune, spazio di scambio e condivisione, produzione di servizi e attività collettive; il secondo la partecipazione sociale ed economica della comunità, che amplia il raggio dello scambio mutualistico tipico del mondo cooperativo fondendolo con un’azione civica, solidaristica e di utilità sociale tesa al raggiungimento dell’interesse generale: è il caso di paesi delle aree interne che rinascono intorno ad un’attività economica che crea insieme occupazione (e quindi concreta possibilità di continuare ad abitare il territorio) e identità.

In questo senso assume un valore aggiunto sotto diversi aspetti l’intreccio tra cooperazione di comunità e il riutilizzo sociale di beni confiscati sottratti alla criminalità organizzata. Una sperimentazione che aprirebbe la strada a nuove sfide in tutto il Paese centrando la necessità di praticare un nuovo modello di sviluppo – cooperativo e quindi etico – capace di rompere il modello violento e clientelare nel quale di muovono le mafie e la corruzione.

Allo stato attuale, non esistono progetti di riutilizzo sociale dei beni confiscati attraverso una cooperativa di comunità. È possibile, però, affermare che, in un quadro di innovazione e sperimentazione di nuovi modelli, questa particolare tipologia di cooperativa si presenta come strumento fondamentale per rendere concreto e tangibile la restituzione del maltolto. Sin dall’approvazione della legge 109/96 sul riutilizzo sociale dei beni confiscati alle mafie, il tema della restituzione alla collettività di beni della criminalità organizzati accumulati in modo illecito è stato centrale. Questa particolare tipologia di cooperativa risponde in modo profondo e concreto all’obiettivo di restituire alla collettività e, quindi, alla comunità in cui il bene insiste. Un meccanismo che cambia radicalmente l’iter di riutilizzo sociale, che dal carattere risarcitorio passa al senso concreto del riscatto.

 

2. Cooperative di abitanti per la rigenerazione urbana e sociale 

Le cooperative di abitanti, probabilmente, lette dentro questa dimensione, rappresentano una particolare tipologia di cooperativa in quanto possono attivare un processo con la “comunità di naturale” costituita dagli abitanti stessi. Ciò è vero per la peculiarità di questo tipo di sodalizio cooperativo teso a rispondere al soddisfacimento del bisogno di un’abitazione, elemento per cui un lavoro di comunità risulta particolarmente necessario al fine di rendere esplicito un processo collaborativo. La dimensione abitativa, pertanto, differisce in modo particolare da altri contesti spesso definiti comunitari ma che poi concretamente non rientrano nella prospettiva qui descritta.

Da questo punto di osservazione, è possibile immaginare diverse prospettive di collaborazione e condivisione che riguardano aspetti come la progettazione di spazi condivisi, la realizzazione di abitazioni sostenibili dal punto di vista energetico e ambientale, la produzione comune di servizi collettivi legati all’abitare.

L’abitare in forma cooperativa – in questa accezione estesa, che riguarda significati più ampi rispetto al mero soddisfacimento del bisogno abitativo – assume un compito di promozione del benessere individuale, dei singoli abitanti, e collettivo, in relazione con il quartiere. In questo senso è necessario rafforzare i processi di coproduzione di servizi tra gli abitanti, di rigenerazione urbana e sociale dei quartieri in cui insistono le abitazioni in forma cooperativa, lo sviluppo di produzione energetica e la sostenibilità ambientale delle abitazioni. In questo modo le cooperative di abitanti possono rivolgersi a una collettività in modo da portare un contributo ulteriore nel cambiamento dei territori. In questa direzione vanno diversi progetti interessanti come le biblioteche condominiali, il bike sharing, la babysitter e la badante di condominio e tante altre esperienze di innovazione sociale che si stanno sviluppando. In altre parole, condomini-comunità capaci di collaborare e cooperare per migliorare le condizioni generali. Questa sfida è ormai improcrastinabile.

 

Bando Coopstartup “Rigeneriamo comunità”

Dopo aver riflettuto sulla comunità e su alcune suggestioni che riguardano la cooperazione, assume un valore più significativo il bando Rigeneriamo comunitàpubblicato il 4 giugno scorso da Coopfond, fondo mutualistico delle cooperative di Legacoop nell’ambito dell’iniziativa Coopstartup. Il bando è promosso in collaborazione con Banca Etica e Fondazione Finanza Etica e con il partenariato di diverse organizzazioni nazionali impegnate nella valorizzazione dei territori come Legambiente, Slow food, Arci, Cooperare per Libera Terra, Consorzio Il sale della Terra, Cittadinanza attiva, Assoprovider, LabGov, Fondazione Futurae, Fondazione Noi, Piccoli comuni welcome, associazione Borghi autentici d’Italia; si tratta di una partnership ampia che tiene insieme diversi attori e visioni: dalla valorizzazione ambientale alla sostenibilità, dalla promozione culturale alla cittadinanza attiva passando dal riutilizzo sociale dei beni confiscati alla mafia, dall’agricoltura sociale fino all’accoglienza.

 

Si tratta quindi di una partnership che sottolinea come le sperimentazioni di cooperative di comunità riguardino in senso più ampio i territori: i piccoli centri ma non solo, le aree interne, le aree urbane, i quartieri. Un raggio d’azione ampio con l’obiettivo di creare sviluppo nei nostri territori, per stimolare la cooperazione che ha una tendenza anticiclica nei periodi di crisi ben documentata anche nel rapporto ISTAT-EURICSE.

Il bando ha l’obiettivo di favorire il consolidamento, lo sviluppo e la creazione di cooperative di comunità e si rivolge su tutto il territorio nazionale a gruppi promotori di nuove cooperative di comunità (gruppi informali, ndr) e a cooperative di comunità, costituitesi a partire dal 1 gennaio 2018.

“Rigeneriamo comunità” prevede strumenti di supporto per le startup e il consolidamento delle cooperative di comunità: l’accesso a un programma di formazione generale rivolto a tutti i partecipanti, la formazione specifica per venti gruppi selezionati che accedono anche alla piattaforma di crowdfunding Produzioni dal basso di Banca Etica; per le sette proposte progettuali che superano l’ulteriore selezione è previsto l’accompagnamento di Legacoop e, se aderenti, un raddoppio dei contributi raccolti attraverso il crowdfunding fino a un massimo di dieci mila euro.

Inoltre tutte le cooperative costituite a seguito del bando:

  • avranno l’accompagnamento post-startup nei 36 mesi successivi alla costituzione, o allo sviluppo del progetto per quelle già costituite, garantito da Legacoop;
  • potranno richiedere a Banca Etica l’anticipazione del contributo (100%) in premialità di Coopfond, per il periodo intercorrente tra il ‘decreto di assegnazione’ e la formalizzazione dell’iscrizione della cooperativa a Legacoop. Infine si prevede l’accompagnamento di Banca Etica per accedere a strumenti finanziari specifici e il sostegno, attraverso anche la forma del microcredito, ai soci delle cooperative.

 

Conclusioni

Costruire relazioni, legami e coesione territoriale significa dare una prospettiva di sviluppo di comunità aperta e solidale dove si pratica il mutuo aiuto. In questa dimensione la cooperazione diventa il meccanismo decisivo per praticare un modello economico civile, per praticare una democrazia forte e radicata dentro e fuori l’impresa, per affermare giustizia sociale superando le disuguaglianze economiche, sociali e ambientali.

Dentro questa prospettiva il bando Coopstartup “Rigeneriamo comunità”” diventa una straordinaria occasione per gruppi informali e cooperative che accettano la sfida di praticare processi di sviluppo locale sostenibili sotto tutti gli aspetti. Perché come si legge sul sito di Legacoop “Comunità è condivisione e apertura. Partecipare al cambiamento del territorio, interessandosi ai bisogni di ognuno, perché il benessere di uno dipende dal benessere di tutti”.