Adozione Lavorativa a Distanza

Una buona prassi per promuovere l’occupabilità delle persone con disabilità


Marino Bottà | 12 Luglio 2018

La crisi economica, il continuo e rapido mutare del mondo del lavoro e le ultime disposizioni normative – a partire dal Jobs Act – stanno producendo una offerta occupazionale sempre più riservata ai “disabili/abili” con un conseguente e crescente numero di esclusi, perennemente iscritti nelle liste del Collocamento Mirato. Fra questi i più penalizzati sono i disabili psichici, i portatori di malattie rare, di  gravi patologie.

E’ proprio a queste persone che si rivolge l’Adozione Lavorativa a Distanza, ossia a coloro che, pur avendo un bisogno e un potenziale lavorativo, per cause soggettive, non possono beneficiare di un regolare contratto di lavoro e sono quindi costretti a vivere in uno stato indeterminato di disoccupazione e di emarginazione sociale.

 

Uno strumento o, meglio, una buona prassi

L’Adozione Lavorativa a Distanza non è uno strumento alternativo all’assunzione, non si rivolge a chi ha la possibilità di essere collocato in modo regolare, è unicamente una buona prassi che consente a chi si trova momentaneamente o definitivamente in condizioni di grave fragilità, di sentirsi comunque parte attiva della propria famiglia e della propria comunità.

Le adozioni sono inoltre uno strumento utile per evitare che le aziende dai 15 ai 35 dipendenti, in obbligo di assunzione di un lavoratore disabile, ricorrano a forme penalizzanti di part time come declinato dal decreto legislativo 151/2015: “I datori di lavoro pubblici o privati che occupano dai 15 a 35 dipendenti, che assumono un lavoratore disabile, con invalidità superiore al 50 per cento (…) con contratto a tempo parziale, possono computare il lavoratore medesimo come unità a prescindere dall’orario di lavoro svolto.”

L’Adozione Lavorativa a Distanza è stata ampiamente utilizzata nella provincia di Lecco. L’esperienza ha consentito di dare una risposta occupazionale a circa 900 persone con patologie degenerative, problematiche intellettive e mentali complesse ecc. Persone che sarebbero rimaste isolate nell’ambito familiare o in strutture speciali o in centri di recupero o riabilitativi. Oltre 80 persone in adozione sono state successivamente assunte a tempo indeterminato.

Lavoro e l’identità

Il lavoro acquista sempre più rilievo nella vita dell’uomo fino a diventarne l’essenza stessa. L’identità personale passa attraverso il ruolo che il singolo ha rispetto al contesto sociale in cui vive. La professione e il suo curriculum lo rappresentano sempre più, dandogli un ruolo sociale e una identità personale, in una fusione sempre più forte fra persona e lavoratore.

Non avere un lavoro vuol dire non avere uno status, non avere dignità e riconoscimento sociale rischiando così di togliere significato alla vita stessa. Il disorientamento e l’ansia conseguenti all’assenza di impiego si acquietano solo quando si è occupati, quando si appartiene ad un contesto, quando si ritrova una propria identità, una stima di sé e una conseguente voglia di vita.

A molte persone manca un’occupazione perché il mondo del lavoro le rifiuta a causa delle loro patologie o  perché non possono sostenere un impegno lavorativo continuativo. Di conseguenza vivono isolate nel loro ristretto ambito familiare, senza alcuna prospettiva di integrazione o peggio in attesa di un temuto aggravarsi della propria malattia.

Per queste ragioni e ritenendo il diritto al lavoro e ad un’adeguata qualità della vita degli obiettivi primari  per ogni persona, e soprattutto per le fasce più deboli della popolazione, è stata ideata l’Adozione Lavorative a Distanza. Questa buona prassi è nata da una duplice riflessione che riguardava le aziende dai 15 ai 35 dipendenti e le persone disabili che non trovavano un’occupazione a causa della complessità e/o gravità della loro patologia. Le aziende, soprattutto quelle di piccole dimensioni, sono spesso in difficoltà ad individuare un lavoratore disabile idoneo da inserire nel proprio organico; nel contempo una quota considerevole di  iscritti negli elenchi dei Servizi per il Collocamento Mirato sono di fatto esclusi  dal mercato del lavoro.

Attraverso l’adozione lavorativa si risolve questa duplice contraddizione; l’impegno sociale delle aziende e l’integrazione lavorativa delle persone disabili, vengono equamente ripartite tra tutte le imprese soggette agli obblighi della legge 68/1999. Chi ha la possibilità di assumere procederà in tal senso le altre potranno ricorrere all’Adozione Lavorativa a Distanza.

La Legge 68/1999 sostiene l’inclusione di tutti i disabili con capacità lavorative, ma ciò non avviene. E neppure il decreto legislativo 151/2015 è riuscito a porre rimedio a questo problema. Le persone con disabilità complesse e quindi difficoltà di inserimento vengono di fatto rifiutate dal mercato del lavoro e ritenute, anche dai servizi dedicati, non candidabili per le imprese.

 

In cosa consiste?

La procedura dell’adozione lavorativa prevede che l’impresa stipuli una Convenzione ex articolo 11 legge  68/1999 e sottoscriva un “Patto di Adozione Lavorativa a Distanza” in cui si impegna a sostenere economicamente (con costi pari all’esonero ex articolo 5 legge 68/1999) l’integrazione di uno o più lavoratori disabili, ottemperando così agli obblighi di assunzione previsti dalla legge. Il contributo economico viene utilizzato per:

  • la presa in carico di una persona disabile iscritta nelle liste del Collocamento Mirato;
  • la ricerca di un contesto di inserimento adeguato;
  • gli adempimenti amministrativi e assicurativi;
  • le azioni di tutoraggio;
  • la Borsa Lavoro a favore della persona adottata.

Il contesto di inserimento, di norma, è individuato nel paese di residenza, presso imprese non soggette agli obblighi della legge 68/1999, enti pubblici, associazioni, cooperative sociali, ecc..

L’Adozione Lavorativa a Distanza si fonda sulla presa in carico della persona, dei suoi bisogni e della sua complessità esistenziale. E’ un’ azione di politica attiva che contribuisce al contenimento della spesa sociale  e da cui la comunità locale  trae beneficio.

Nell’adozione i soggetti coinvolti – azienda soggetta agli obblighi della legge 68/1999, Servizio Collocamento Disabili, impresa ospitante, persona disabile e servizi socio-sanitari – collaborano per realizzare un progetto inclusivo personalizzato.

Questa buona prassi può essere attivata ovunque e i Servizi per il Collocamento Mirato possono avvalersi della rete di servizi e degli operatori accreditati al lavoro presenti sul territorio.

Le adozioni  lavorative  hanno dimostrato di essere apprezzate:

  • dalle persone disabili interessate – perché vengono integrate nella loro realtà sociale, sono gratificate dal lavoro e contribuiscono all’economia familiare;
  • dalle famiglie – liete nel vedere il proprio congiunto impegnato e soddisfatto del proprio lavoro;
  • dai servizi  socio-sanitari e dai medici curanti – gratificati nel vedere i miglioramenti dei loro assistiti;
  • dai servizi sociali – soddisfatti nel vedersi alleviati nel loro lavoro e dagli oneri economici conseguenti;
  • dagli imprenditori che non subiscono impraticabili obblighi di legge, ma al contrario si sentono gratificati nell’aiutare delle persone in difficoltà;
  • dall’opinione pubblica testimone di un sistema di welfare veramente inclusivo.

Commenti

Grazie mille per la testimonianza di questa buona prassi. può essere riportata anche per il polo funzionale per l’autismo in collaborazione con il collocamento mirato e gli enti di inserimento al lavoro territoriale. ottimo, ottimo spunto.