Bambini con genitori dello stesso sesso: figli di un solo genitore


Roberta Bosisio | 2 Agosto 2023

Dalla Legge Cirinnà alle trascrizioni in anagrafe

Come noto, solo dal 2016 con la Legge 176, conosciuta come Legge Cirinnà, l’Italia ha riconosciuto mediante lo strumento delle unioni civili le coppie dello stesso sesso.

Il disegno di legge originale includeva anche il riconoscimento dell’“adozione del figlio del partner” (stepchild adoption), che però è stato stralciato dal testo approvato dal Parlamento. La legge è infatti “passata” solo sacrificando il riconoscimento del legame genitoriale tra il bambino e il partner del genitore biologico. La Cirinnà ha quindi riconosciuto il legame orizzontale tra i due partner/genitori, ma non ha riconosciuto il legame tra il genitore intenzionale e il bambino o la bambina che entrambi i partner hanno voluto.

Ricordiamo che in Italia non sono permesse per le coppie dello stesso sesso né l’adozione né l’accesso alle “nuove tecniche riproduttive” (fecondazione medicalmente assistita e gestazione per altri). Queste coppie quindi, se desiderano avere dei figli, si recano all’estero, nei paesi in cui invece queste pratiche sono permesse. Ma al rientro in Italia, seppur con in mano un certificato di nascita estero in cui sono indicati entrambi come genitori, i loro bambini vengono registrati all’anagrafe come figli del solo genitore biologico, anche se nati da un progetto di genitorialità condiviso tra due persone dello stesso sesso, talvolta unite civilmente avvalendosi della legge sopra citata. Per il diritto italiano, dunque, sono figli e figlie di un solo genitore pur essendo di fatto due le figure che si prendono cura di loro (Saraceno 2012). Ciò significa che il genitore intenzionale, pur condividendo a tutti gli effetti il ruolo genitoriale con quello biologico, per ritirare il bambino da scuola deve essere formalmente delegato dall’altro genitore, non può assisterlo in ospedale e, soprattutto, in caso separazione o di decesso del genitore biologico, non ha alcun diritto di continuare a crescere ed educare il figlio: quest’ultimo potrebbe essere affidato ad altri parenti perché, per la legge italiana, egli è un estraneo come chiunque altro.

Oltre all’Italia, nell’Unione Europea a non ammettere l’adozione del figlio del partner sono anche Bulgaria, Cipro, Grecia, Lettonia, Lituania, Polonia, Repubblica Ceca, Romania, Slovacchia e Ungheria.

Di fronte a tali restrizioni normative, ancor prima della Legge 76 del 2016, diverse coppie dello stesso sesso sono ricorse al giudice per ottenere – attraverso l’istituto dell’adozione in casi particolari – il riconoscimento della doppia genitorialità conseguita a seguito dei progetti procreativi condotti all’estero (Bosisio e Long 2020), e in molti casi hanno ottenuto tale riconoscimento. A guidare le decisioni dei giudici in tale direzione è la presenza di relazioni familiari già esistenti che vanno tutelate – quando non siano ritenute pregiudizievoli per il bambino o la bambina – in nome del superiore interesse del minore e del suo diritto a crescere all’interno della propria famiglia (art. 8 Convenzione ONU sui diritti dell’infanzia, L. 184/1983 e L. 149/2001).

Resta tuttavia il fatto che la doppia genitorialità non è un diritto garantito, dal momento che occorre avviare un procedimento giuridico e sperare di ottenere una sentenza favorevole, che non è certa e che può arrivare a distanza di parecchio tempo. E il tempo, in tal caso ci riferiamo alla tempestività di una decisione del giudice, quando si parla di bambini è un elemento particolarmente importante.

Dal 2016, però, alcuni sindaci hanno cominciato a trascrivere nei registri di stato civile i certificati di nascita esteri nei quali sono indicati quali genitori i due partner dello stesso sesso. E tale pratica è stata ritenuta ammissibile dalla Corte di Cassazione. Il primo caso di trascrizione degli atti di nascita con due genitori dello stesso sesso è avvenuto a Torino e ha riguardato una bambina nata dal progetto procreativo di due donne in cui una aveva donato l’ovocita che era stato impiantato nell’utero della compagna (Cass. civ., sez. I, n. 19599,30.9.2016).

Più recentemente, dal 2018, sempre i sindaci, in qualità di ufficiali di stato civile, si sono avvalsi dei propri poteri per iscrivere nei registri di stato di nascita due donne quali genitrici di bambini nati in Italia mediante fecondazione eterologa, prendendosi “la responsabilità di superare il limite dell’aderenza dell’iscrizione alle formule approvate dal Ministero dell’Interno nel formulario per le iscrizioni alla nascita” (Bosisio, Long 2020, p. 163). Anche in questo caso il fatto è avvenuto per la prima volta a Torino, con l’allora sindaca Appendino.

La svolta restrittiva

Ma lo scorso 19 gennaio con la Circolare 3/2023 il Ministro dell’Interno ha sollecitato i sindaci a “una puntuale ed uniforme osservanza degli indirizzi giurisprudenziali espressi dalle Sezioni Unite” della Corte Suprema di Cassazione con la sentenza n. 38162 del 10.12.2022”, nella quale la Corte riaffermava la posizione espressa già nella sentenza n. 12193 del 2019, in cui si riteneva non ammissibile trascrivere gli atti di nascita di bambini e bambine nate all’estero mediante maternità per surrogazione, pratica vietata in Italia in quanto contraria all’ordine pubblico perché ritenuta lesiva della dignità della donna gestante. A seguito della suddetta circolare, alcune procure sono andate anche oltre, chiedendo non solo la trasmissione degli atti di registrazione dei bambini nati all’estero da due padri (nati quindi mediante maternità per surrogazione), ma anche la trasmissione degli atti dei bambini nati all’estero da due madri. Ciò comporterebbe la cancellazione del genitore intenzionale dal certificato di nascita di tali bambini. Questi ultimi, quindi, dal punto di vista legale passerebbero dall’avere due genitori ad averne solo uno, la madre o il padre biologico, mentre il secondo genitore sarebbe ignoto. Hanno inoltre intimato di interrompere la registrazione all’anagrafe dei bambini con due mamme nati in Italia, che quindi verrebbero fin dalla nascita iscritti all’anagrafe come figli della sola madre biologica e di padre ignoto.

Il recente orientamento restrittivo, espresso dalla circolare ministeriale, e ancor più da alcune procure, trova conferma anche nella bocciatura, da parte della Commissione Politiche europee del Senato, della proposta della Commissione europea del 7 dicembre 2022 di introdurre un regolamento finalizzato ad armonizzare a livello comunitario le norme di diritto internazionale privato concernenti la genitorialità. Lo scopo del regolamento è tutelare il superiore interesse del minore e i suoi diritti, impedendo il trattamento diverso di situazioni uguali nei diversi paesi. In particolare, il regolamento prevede anche l’istituzione di un certificato europeo di filiazione. Ciò significa che il rapporto di filiazione stabilito in uno degli stati dell’Unione europea deve automaticamente essere riconosciuto in tutti gli altri Stati membri.

Quali le conseguenze se l’Italia procederà in tale direzione restrittiva? Bambini e bambine che ad oggi, di fatto e legalmente, hanno due genitori si troverebbero da un giorno all’altro ad essere per il diritto figli di uno solo. Certo, i loro genitori potranno ricorrere al giudice. La sentenza 38162 del 10.12.2022 della Corte Suprema di Cassazione, Sezioni Unite Civili, infatti, in riferimento in particolare ai bambini nati mediante maternità per surrogazione, ribadisce che anche tale minore “ha un diritto fondamentale al riconoscimento, anche giuridico, del legame sorto in forza del rapporto affettivo instaurato e vissuto con colui che ha condiviso il disegno genitoriale, e che l’ineludibile esigenza di assicurargli i medesimi diritti degli altri bambini è garantita attraverso l’adozione in casi particolari, ai sensi dell’art. 44, comma 1, lett. d), della l. n. 184 del 1983, in quanto, allo stato dell’evoluzione dell’ordinamento, l’adozione rappresenta lo strumento che consente di dare riconoscimento giuridico, con il conseguimento dello ‘status’ di figlio, al legame di fatto con il ‘partner’ del genitore genetico che ha condiviso il disegno procreativo e ha concorso nel prendersi cura del bambino sin dal momento della nascita”. Ma quanto tempo passerà per arrivare alla sentenza? E se questa non sarà favorevole?

Il superiore interesse dei bambini e il diritto ai legami affettivi e relazionali

A prescindere dal dibattito sulla ammissibilità o meno di pratiche quali la gestazione per surrogazione o altre tecniche riproduttive, dobbiamo renderci conto che queste decisioni avranno un pesante impatto su bambini in carne ed ossa, che sono già qui, nel mondo, che finora sono cresciuti in un preciso ambiente familiare, che hanno precise figure genitoriali di riferimento e che, nonostante lo status giuridico, continueranno a crescere in tale contesto. Contesto che peraltro le ricerche – ormai numerose – di studiosi di varie discipline hanno dimostrato non essere di per sé inadeguato, in quanto l’orientamento sessuale e lo stesso sesso dei genitori non sono fattori che influiscono sulla “buona genitorialità”, la quale dipende invece dalla qualità dei rapporti tra i genitori e dalla qualità del rapporto di questi ultimi con i figli, al pari di quanto avviene nelle coppie eterosessuali. Al contrario un fattore che può influire negativamente sul loro benessere è un contesto sociale e culturale poco accogliente e discriminante.

Agire quindi nel “superiore interesse” di questi bambini, principio guida della normativa, nazionale e internazionale in tema di diritti dei minori e diritto di famiglia, significa riconoscere e proteggere quei legami affettivi e relazionali in cui sono nati e cresciuti.