Disabilità grave, Dopo di Noi e attuazione legge 112/2016

Decreto Ministeriale 23 novembre 2016 pubblicato sulla GU serie generale n. 45 del 23 febbraio 2017


Claudio Castegnaro | 22 Marzo 2017

Il decreto attuativo firmato nel novembre scorso rende finalmente operativa la legge 112/2016 sul cosiddetto Dopo di Noi. I contenuti del decreto richiamano e puntualizzano principi e priorità anticipati dalla legge investendo vari piani:

  • si propone il principio cardine della costruzione di un progetto personalizzato che, per essere tale, necessita di una valutazione multidimensionale, dell’individuazione di un case manager, del protagonismo della persona con disabilità che si riappropria di un potere, quello di immaginare e costruire il proprio futuro;
  • lo strumento individuato a supporto del progetto personalizzato è il budget di progetto, inteso come “l’insieme di tutte le risorse umane, economiche, strumentali da utilizzare in maniera flessibile, dinamica e integrata”, con l’obiettivo del “progetto personalizzato di vita indipendente”, richiamando in modo esplicito l’articolo 14 della Legge 328/2000;
  • l’idea che il Dopo di noi si possa realizzare già nel presente, e quindi Durante noi, diviene concreta; i progetti e gli interventi si rivolgono infatti anche a quelle persone con disabilità i cui genitori “non sono in grado di fornire l’adeguato sostegno genitoriale” nonché “in vista del venir meno del sostegno genitoriale”;
  • la priorità viene data alle situazioni più urgenti e di maggiore gravità, elemento di equità che privilegia chi ha più bisogno o è in difficoltà maggiori;
  • si identificano soluzioni abitative che possono chiamarsi “casa”, in modi diversi, a seconda delle potenzialità della persona con disabilità e del suo progetto; appartamenti per singoli o piccolo nucleo di massimo 5 persone ed esperienze di co-housing, essendo ubicate in zone residenziali e non isolate dal contesto urbano, possono aprire a un ventaglio di potenzialità inclusive che coinvolgono la comunità locale; si promuove l’utilizzo di nuove tecnologie per migliorare l’autonomia, in particolare tecnologie domotiche, di connettività sociale, assistive e di ambient assisted living;
  • vengono introdotti strumenti giuridici e fiscali, una volta tanto intesi in modo integrato: ad esempio il trust, mutuato dalla tradizione anglosassone,  il vincolo di destinazione, i fondi speciali, le polizze assicurative e il relativo trattamento privilegiato per quanto riguarda le imposte.

La normativa rappresenta una novità di particolare rilievo, in un ambito dove sono state attivate molte sperimentazioni promosse dalle stesse famiglie delle persone con disabilità, dalle organizzazioni del terzo settore e, in qualche caso, dagli Enti locali: si veda ad esempio il progetto Fondo Sirio in capo alla Fondazione Comunitaria Nord Milano.

La legge 112 delimita fortemente il profilo e il numero delle persone eleggibili focalizzando l’attenzione sulle condizioni di gravità. Tale aspetto ha deluso le attese delle associazioni delle persone con disabilità che hanno sostenuto il cammino delle proposte poi riunite nel provvedimento. Da parte della componente associativa, in particolare, si teme che le risorse del Fondo vadano a esaurirsi in breve tempo, senza che vengano verificati non soltanto i criteri di eleggibilità, ma anche la finalizzazione dei contributi ad autentici percorsi di autonomia. La previsione che vengano soddisfatte le legittime richieste degli interessati “nei limiti delle risorse del Fondo” non qualifica infatti un livello essenziale delle prestazioni 1Diversamente dalla misura universale di contrasto alla povertà ed esclusione sociale appena approvata in Parlamento (ne parla in questo sito l’articolo di Daniela Mesini sul Reddito di Autonomia).

La legge impone che la valutazione multidimensionale sia effettuata da équipe multi professionali in cui siano presenti almeno le componenti clinica e sociale, secondo i principi della valutazione bio-psicosociale e in coerenza con il sistema di classificazione ICF. Realizzare questo fondamentale passaggio a livello territoriale “senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica”, come richiesto dall’articolo 2 del provvedimento, pone un vincolo poderoso alla collaborazione tra amministrazioni locali e aziende sanitarie e più in generale alla partita giocata sul campo dell’integrazione sociosanitaria. Ulteriore caveat è costituito dalla revisione in atto delle procedure di accertamento della disabilità e della definizione di strumenti nazionali di valutazione, in attuazione del Piano per la non autosufficienza. Nelle more, il decreto dispone che la valutazione analizzi le diverse dimensioni del funzionamento della persona con disabilità, in prospettiva della sua migliore qualità di vita, e in particolare (almeno) le seguenti aree: a) cura della propria persona, inclusa la gestione di interventi terapeutici; b) mobilità; c) comunicazione e altre attività cognitive; d) attività strumentali e relazionali della vita quotidiana.

Ce la faranno i servizi a far fronte alle richieste di accesso al Fondo? La relazione al Senato del presidente dell’Istat, tenuta nell’aprile 2016, ha evidenziato una stima della platea dei potenziali destinatari della legge 112 utilizzando i dati della ricerca Multiscopo. Il dato di partenza è costituito dalle persone con disabilità grave al di sotto dei 65 anni che vivono soli e hanno perso entrambi i genitori (38 mila) e da quelli che vivono con genitori anziani (89 mila). La popolazione considerata “a rischio”, ovvero i disabili gravi che sopravviveranno a tutti i componenti della famiglia nell’arco dei prossimi cinque anni, è di 12.600 persone. E’ un’indicazione di domanda potenziale su base nazionale. Una domanda complessa che, se confermata, lascia intravedere una possibile barriera all’accesso alla valutazione multidimensionale e alle misure declinate a livello regionale. A meno che i servizi territoriali vengano adeguatamente organizzati e sostenuti in modo da ridurre il rischio che le famiglie meno “facoltose” sul piano delle risorse informative, relazionali, economico-finanziarie possano rimanere escluse da un’eventuale candidatura.

Il Fondo annuale di 90 milioni di euro, ripartito a livello regionale, consentirà di finanziare un complesso di interventi specificati all’articolo 5 del decreto:  a) percorsi programmati di accompagnamento per l’uscita dal nucleo familiare di origine ovvero per la de istituzionalizzazione; b) interventi di supporto alla domiciliarità; c) programmi di accrescimento della consapevolezza, di abilitazione e di sviluppo delle competenze per la gestione della vita quotidiana e per il raggiungimento del maggior livello di autonomia possibile; d) interventi di realizzazione di innovative soluzioni alloggiative; e) in via residuale, interventi di permanenza temporanea in una soluzione abitativa extra-familiare.

FONDO PER L’ASSISTENZA ALLE PERSONE CON DISABILITÀ GRAVE PRIVE DEL SOSTEGNO FAMILIARE – RISORSE DESTINATE ALLE REGIONI ANNO 2016
Quota di popolazione nella classe di età 18-64 anni Abruzzo 1.980.000
1,0% Calabria 3.060.000
10,1% Emilia-Romagna 6.570.000
2,0% Lazio 9.090.000
2,5% Lombardia 15.030.000
2,6% Molise 450.000
7,2% Puglia 6.210.000
2,9% Sicilia 7.740.000
6,1% Umbria 1.350.000
0,2% Veneto 7.380.000
100,0% Programma di azione biennale discusso nella V Conferenza Nazionale sulle Politiche per la Disabilità, nonché ai contenuti di un rapporto di ricerca Irs curato nel 2016 per l’Osservatorio Nazionale sulla Condizione delle Persone con Disabilità.

Il coinvolgimento delle Regioni, degli Ambiti territoriali e delle famiglie è imprescindibile. Le Regioni sono chiamate ad “adottare indirizzi di programmazione per l’attuazione degli interventi e dei servizi di cui all’articolo 3, nel rispetto dei modelli organizzativi regionali e di confronto con le autonomie locali, e comunque prevedendo il coinvolgimento delle organizzazioni di rappresentanza delle persone con disabilità”. Dal punto di vista del monitoraggio, l’articolo 6 del decreto dispone che le informazioni sulla presa in carico e gli interventi attivati siano caricate sul Casellario dell’assistenza, in particolare mediante la trasmissione del modulo SINA. La condivisione di informazioni salienti sarà fondamentale per poter calibrare meglio la misura, e la futura ripartizione delle risorse in base ai fabbisogni dei territori, nonché per svolgere analisi valutative sui risultati prodotti della misura.

Come ha ben evidenziato Valentina Ghetti, in un’intervista alla presidente di Federsolidarietà Lombardia, la legge 112 rappresenta un’opportunità interessante anche per la cooperazione sociale che da lungo tempo si occupa di servizi e progetti sul territorio. Si osserva che “per mutualizzare i patrimoni bisogna prima mutualizzare le relazioni”. E questo si può fare se viene costruito un rapporto di fiducia tra organizzazioni del terzo settore, istituzioni e le stesse famiglie delle persone con disabilità. Mettere in comune saperi e costruire filiere di servizi dovrebbe consentire di modulare le risposte e gli interventi seguendo la persona con disabilità nel corso tempo, da una fase del progetto di vita all’altra. Con quali partner strategici? In primis “con gli Enti Locali,  compagni di viaggio indispensabili e insostituibili nella realizzazione di questa Legge, non solo per il sostegno economico, ma per il ruolo nella costruzione del progetto individuale di vita della persona disabile, per la volontà che avranno di costruire alleanze tra loro, all’interno degli ambiti del Piano di zona e tra Piani di zona, per la capacità di monitorare i progetti in una prospettiva di miglioramento e diffusione di buone prassi, per il supporto nella semplificazione degli aspetti burocratici e normativi”. E con la comunità e il territorio ove “seminare” cultura e “raccogliere” (ad esempio sul piano dell’impegno volontario, della collaborazione, della condivisione di opportunità e idee). Si tratta, ancora una volta, di puntare alla produzione di valore sociale.


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