Colf, badanti e la luce del lampione


Sergio Pasquinelli | 31 Ottobre 2023

Sulla legge di bilancio va in scena un film già visto infinite volte: l’ennesimo ritocco, di cortissimo respiro, alle pensioni. E con questo un’intera età, quella degli anziani, si pensa di avere sistemato, o messo a tacere: solo così mi spiego il disinteresse che il governo esprime nei confronti della legge delega sulla non autosufficienza (l. 33/2023), su cui finora non risultano esserci stanziamenti (finora: la speranza è l’ultima a morire).

Dieci milioni di persone vengono trascurate: sono gli anziani non autosufficienti (oltre tre milioni), i loro caregiver familiari, sei milioni, tutto il mercato privato di cura (badanti, regolari e non), un milione. La mancanza di stanziamenti, nemmeno simbolici, per questa riforma dei servizi per la non autosufficienza, attesa da decenni, se confermata è un fatto grave. Sottende un messaggio politico chiaro da parte della maggioranza di governo: questa riforma non ci interessa.

Il “Patto per un nuovo welfare sulla non autosufficienza” ha messo insieme diverse proposte tecniche puntuali, documentate, sostenibili: sono scaricabili qui. Ma dei decreti attuativi non c’è ancora traccia e a questo punto il tempo inizia a mordere, affinché entro gennaio (termine entro i quali dovrebbero vedere la luce) vengano approvati, con tutti i passaggi istituzionali che li attendono.

Intanto la legge di bilancio si occupa di colf e badanti, dal punto di vista fiscale. Non già andando incontro alle richieste portate avanti da anni dalle organizzazioni datoriali, cioè sgravi fiscali più incisivi di quelli in vigore, antichi e limitati. Ma andando nella direzione di scovare una evasione Irpef stimata, nel settore del lavoro domestico, in un miliardo di euro.

Da anni diciamo che la lotta al mercato sommerso della cura in termini repressivi ha sempre prodotto risultati scarsi, e controproducenti. Il mercato sommerso va combattuto ma in termini positivi, rendendolo meno conveniente rispetto al mercato regolare. Qui invece siamo a una misura accertativa, relativamente facile perché fatta a tavolino, con l’incrocio tra le banche dati Inps (a cui i datori di lavoro domestico versano i contributi) e dell’Agenzia delle entrate, per stanare chi non ha presentato la dichiarazione dei redditi.

Siamo di fronte a una lotta all’evasione che si riduce a rincorrere colf e badanti, il cui reddito medio non supera i 20.000 euro l’anno. A fronte di quadranti dell’economia dove le dimensioni dell’irregolarità non sono comparabili col lavoro domestico (il commercio, l’edilizia, per esempio) ma dove evidentemente la lotta all’evasione risulta un po’ meno semplice, ci si accanisce su un settore che tocca le attività di cura delle famiglie, i cui costi le famiglie si accollano, con un servizio pubblico limitato e spesso marginale.

Come ha affermato Andrea Zini, presidente di Assindatcolf, una misura che porterà – paradossalmente – a un’ulteriore espansione del mercato sommerso, dato che questi controlli disincentiveranno le assunzioni. Proprio nel momento in cui il Governo ha riaperto i flussi di ingresso nel settore dell’assistenza familiare e sociosanitaria, pur con numeri ben al di sotto del bisogno reale (9.500 unità l’anno per il triennio 2023–2025). Una misura dunque relativamente facile da realizzare: si tratta di banche dati da rendere interoperabili, ma dalle ricadute nefaste.

Viene in mente il noto “paradosso del lampione” che parla della ricerca di qualcosa dove è più facile trovarla. La storia racconta dell’ubriaco che di sera perde le chiavi di casa e le cerca sotto un lampione. Un passante che vuole aiutarlo gli chiede se le chiavi le ha perse proprio lì: “no, ma almeno qui c’è la luce”.