L’aiuto e il non aiuto del welfare digitale


Sergio Pasquinelli | 20 Aprile 2022

Caricato di aspettative, narrazioni, sviluppi reali e auspicati, il welfare digitale si trova dopo due anni di pandemia in pole position per diventare il campione del nuovo welfare. Un campo di interventi eterogeneo, che va dalle piattaforme digitali ai dispositivi domotici, dalla telemedicina fino all’intelligenza artificiale e ai robot che sono oggetto di iniziale, e discussa, sperimentazione.

Nuove tecnologie che hanno fatto passi da gigante nell’industria, hanno visto progressi importanti in sanità, sono ancora poco sviluppate nel welfare sociale, dove l’aiuto è solo in parte tecnologizzabile. Ma il contesto è cambiato. La pandemia ha accelerato la “digitalizzazione” della popolazione: da una recente ricerca sugli anziani in Lombardia emerge che il 71% di loro accede a Internet. Una ricerca del Censis1 registrava un paio di anni fa una diffusione di venti punti percentuali inferiore.

 

Gli investimenti sono imponenti: il PNRR impegna sull’aggiornamento tecnologico e digitale della sanità 7,3 miliardi di euro; il neo “Fondo per la Repubblica Digitale” destina 350 milioni di euro per accrescere le competenze sostenendo progetti rivolti alla formazione e all’inclusione digitale, per non parlare di una miriade di progetti in corso a livello locale.

I prossimi anni vedranno una crescita dell’assistenza digitale alla popolazione fragile: anziana, disabile, con patologie diverse. Ma le nuove tecnologie sussidiano il welfare, non lo possono sostituire. Non potranno mai sostituire la relazione d’aiuto fisica, in presenza: il calore, l’empatia di questa relazione, i gesti, gli atteggiamenti, i silenzi. Su questo piano non arrivano ma certo, le tecnologie digitali hanno diversi vantaggi.

 

La maggiore utilità della piattaforma web è quella di allargare il perimetro del welfare. È il luogo dove è possibile intercettare, e farsi intercettare, da un numero di persone più vasto rispetto agli strumenti tradizionali. Dove farsi conoscere, dove aggregare l’offerta di attività e servizi, comunicando in modo trasparente informazioni, regole di accesso e così via. E dove gruppi di pari esperienza possono trovare canali dove incontrarsi, scambiarsi informazioni, aiutarsi. Favorisce il mutualismo.

Le piattaforme web che operano nel welfare sono state chiamate quasi-piattaforme2, in quanto hanno almeno tre differenze con le piattaforme commerciali mainstream: sono ibride, portano a mischiare online e presenza fisica; rimangono in gran parte territorialmente localizzate (di qui la scarsa “scalabilità”) e mediano domanda e offerta, là dove la disintermediazione prevale nelle piattaforme più tradizionali.

Dispositivi digitali come la telemedicina possono svolgere diverse funzioni: tele-monitoraggio, televisita, teleconsulto, teleassistenza e controllo di pazienti con patologie croniche. Ma richiedono una facoltà fondamentale, troppo spesso data per scontata: quella di sapere usare questi strumenti, e se guardiamo per esempio alla popolazione anziana fragile questo diventa il loro vero limite. Qui si apre un grande tema di infrastrutturazione digitale del Paese, per ridurre quel digital divide che non riguarda solo gli anziani: banalmente non sono poche le persone che fanno fatica a gestire la propria identità digitale tramite Spid, per non parlare del Fascicolo sanitario elettronico. Figure di mediazione e di facilitazione possono aiutare, soprattutto nel caso di persone sole, una condizione che crescerà nel tempo. Ma la verità è che rimarrà sempre una quota di popolazione non in grado di maneggiare questi dispositivi.

L’innovazione tecnologica, inoltre, dovrebbe andare di pari passo con la trasformazione dei processi organizzativi, da ripensare in modo aperto, in particolare creando nuove reti di collaborazione in un’ottica mutualistica, di reciproco beneficio. E invece a volte rimane una competizione strisciante, oppure il nuovo si sovrappone sul vecchio, sprecando molto potenziale in termini di maggiore efficienza. È il caso delle ricette elettroniche. Esse hanno introdotto innegabili comodità per chi può recarsi direttamente in farmacia con la prescrizione ricevuta sul cellulare, via email o sms. Ma è proprio la singola prescrizione che a questo punto diventa obsoleta, per esempio nel caso dei pazienti cronici, costretti a richiedere periodicamente la stessa ricetta al proprio medico, invece di avere una prescrizione di più lungo termine, rivedibile nel tempo ma che farebbe risparmiare tempo ai pazienti e ai loro medici di base.

 

Di questi e di altri temi legati ai pregi e ai limiti del welfare digitale si parla nell’inserto speciale “Piattaforme, nuove tecnologie: è il welfare di domani?” dell’ultimo numero3 di “Prospettive Sociali e Sanitarie”, appena pubblicato.

  1. Censis, Diciassettesimo rapporto sulla comunicazione, Franco Angeli, Milano, 2021.
  2. D. Arcidiacono, I. Pais, F. Zandonai, “Plat-firming welfare: trasformazione digitale nei servizi di cura locali”, Autonomie Locali e Servizi Sociali, n. 3, 2021.
  3. Numero 2 – Primavera 2022