Non autosufficienza: una riforma anche per le badanti


L’Inps certifica un lieve aumento di colf e badanti a fine 2021 rispetto all’anno precedente: di tredicimila unità le prime, di cinquemila le seconde. È evidente che la spinta alla regolarizzazione provocata dalla pandemia si è pressoché esaurita, così come risibile si sia rivelato l’effetto della sanatoria di due anni fa. Si riafferma la proporzione “60/40”, la stima elaborata da chi scrive secondo cui sono in regola solo circa il 40 per cento delle assistenti familiari. Se la somma di colf più badanti registrate all’Inps arriva a 961.000 unità, il totale reale si avvicina ai due milioni.

L’assistenza domestica continua a essere un pezzo fondamentale, benché molto trascurato, del nostro welfare. La sua tenuta in un anno ancora complicato come il 2021 mostra quanto sia radicato il fai da te familiare. Molte famiglie hanno trovato sbocco ai propri bisogni di cura proprio in questo settore, non certo nella rete ferma dei servizi domiciliari pubblici.

E questo anche grazie ai molti tentativi, progetti, iniziative di Regioni e Comuni, spinti dalla volontà di favorire la regolarizzazione, di creare dei ponti con la rete pubblica dei servizi, di superare la logica dei binari paralleli. È una realtà, quella di Regioni e Comuni, costantemente monitorata all’interno dell’Atlante di Fidaldo, una mappa interattiva delle misure territoriali promosso dall’organo di rappresentanza dei datori di lavoro domestico, attivo sul suo sito.

 

 

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Fonte: Osservatorio Inps sul lavoro domestico

 

Guardate questo grafico: in un paese in cui gli over 65enni aumentano al ritmo di oltre 100.000 l’anno, perché le badanti (regolari) crescono così poco?

Uno dei motivi principali sta in un’offerta di lavoro che fatica ad esprimersi, perché mancano le possibilità di accedere in modo regolare al nostro paese. È da più di otto anni che non viene emanato un decreto flussi che consenta l’ingresso regolare di stranieri nei principali settori dell’economia, compreso il lavoro domestico (a parte quote risibili per lavori stagionali). Questo porta a un mercato irregolare ancora dilagante che, assieme alle evidenze raccolte nella nostra ricerca “Badanti dopo la pandemia”, ci parlano di un mercato con poco turn over, che sta invecchiando rapidamente e con una bassissima disponibilità alla coresidenza tra assistente familiare e persona non autosufficiente: le assistenti familiari si sono ormai ampiamente emancipate dal punto di vista abitativo.

 

Flussi migratori degni di questo nome dovrebbero essere urgentemente riaperti sul lavoro domestico, e non solo. Perché di immigrati abbiamo bisogno come risorsa permanente, e alle assistenti familiari continueremo a rivolgerci per dare risposta a una domanda di assistenza che continuerà a crescere. Il ritornello del PNRR “la casa come primo luogo di cura” richiede interventi anche sui flussi migratori (totalmente ignorati dal Piano stesso).

L’attesa proposta di legge delega sulla non autosufficienza, prevista dal PNRR e non ancora emanata dal governo, deve riguardare anche questo settore, questi lavoratori e queste lavoratrici, e le centinaia di migliaia di famiglie che vi si affidano. Una riforma dell’assistenza agli anziani non autosufficienti che non riguardasse questo fondamentale settore sarebbe monca, parziale, in palese difetto.

 

Una nuova Indennità di accompagnamento

Le proposte avanzate dal “Patto per un Nuovo Welfare sulla Non Autosufficienza” sulle assistenti familiari sono estesamente argomentate nel suo documento tecnico  (da pagina 90 in poi).

Anzitutto si prevede di introdurre la “Prestazione Universale per la Non Autosufficienza”, che assorbe l’indennità di accompagnamento. È un trasferimento monetario a cui si accede esclusivamente in base al bisogno di cura (universalismo) e il suo valore è graduato secondo il livello di quest’ultimo. La Prestazione Universale è fruibile non solo come contributo economico senza vincoli di utilizzo (com’è attualmente), ma anche – in alternativa – per ricevere servizi alla persona, opzione che dà diritto a un importo superiore. Gli attuali beneficiari dell’indennità hanno la possibilità di mantenere la misura vigente oppure di optare per la nuova.

L’introduzione della Prestazione Universale con questa duplice modalità di fruizione consente di scegliere tra una somma di denaro, spendibile senza la necessità di giustificarne l’utilizzo, e un importo potenziato per ricevere servizi professionali acquisibili anche attraverso l’assunzione regolare di un assistente familiare.

Questa seconda opportunità favorisce l’occupazione qualificata, come dimostra l’esperienza tedesca che lascia questa opzione ai cittadini. In Germania inizialmente ha prevalso la tendenza alla monetizzazione senza vincoli; tuttavia, negli anni le cose sono cambiate e la preferenza è andata verso l’utilizzo del contributo per avvalersi di servizi domiciliari. La possibilità di incentivare, grazie a un valore superiore, l’uso della Prestazione Universale per fruire di servizi anziché come somma libera da vincoli, farà emergere inoltre in modo incisivo il mercato sommerso della cura, nell’ambito di una rete di sostegni più trasparente e collegata al sistema degli aiuti pubblici, sociali e sociosanitari.

 

Più agevolazioni fiscali

Il tema delle agevolazioni fiscali si pone in modo complementare. Oggi la disciplina fiscale riconosce due tipi di sgravi per chi ricorre a lavoratori domestici regolarmente assunti; queste possibilità incidono però ancora troppo poco. Anche in questo caso l’obiettivo è ridurre l’irregolarità attraverso un maggior sostegno alle famiglie che assumono assistenti familiari per la cura di anziani non autosufficienti, rendendo in certa misura “conveniente” il lavoro dichiarato e riducendone i costi, ossia il differenziale economico col mercato irregolare. Il perimetro di azione però varia: l’agevolazione fiscale è rivolta a chi non riceve la Prestazione Universale per la Non Autosufficienza. Ciò evita possibili e incongruenti sovrapposizioni di benefici tra le due misure.

La strada è quella di uno sgravio fiscale diverso: potenziato rispetto al regime attuale, più semplice e consistente in un’unica misura (sia essa di deduzione oppure di detrazione). In sintesi, la nuova agevolazione per chi assume un assistente familiare è connotata da aspetti di maggior trasparenza e semplificazione, oltre che di maggior incisività, rispetto al sistema attuale.

 

Il profilo professionale

Per profilo professionale dell’assistente familiare intendiamo l’insieme delle competenze utili a svolgere il lavoro di assistenza a una persona non autosufficiente. Nel nostro Paese non esiste un profilo professionale unico sancito a livello nazionale, mentre sono presenti varie normative regionali piuttosto disomogenee tra loro e diversi livelli/profili di inquadramento contrattuale.

Occorre tendere a un sistema omogeneo quanto a capacità professionali di assistere e “trattare” la non autosufficienza, nelle sue diverse e molteplici manifestazioni. Evitando il rischio di “ingessare” una figura che opera sul libero mercato, e che deve mantenere elementi di flessibilità nel ruolo e nell’aderenza ai bisogni (poco codificati e spesso mutevoli) delle famiglie come datori di lavoro. Ciò richiederà di porre attenzione:

  1. alla durata (numero di ore) del percorso base di formazione, che consenta alle assistenti familiari di non percepirlo come un onere eccessivo rispetto al risultato che possono ottenere alla fine. Lo scarso “ritorno percepito” è uno dei problemi che ha afflitto l’offerta formativa in questo settore;
  2. alla certificazione delle competenze pregresse, acquisite sul campo: molte assistenti familiari fanno questo lavoro da molti anni e va preso in considerazione il fatto di validare le competenze già acquisite. Un riferimento europeo di certificazione delle competenze viene dalla norma UNI 11766/2019;
  3. alla possibilità di costruire percorsi formativi per moduli e unità di competenza, in modo da differenziare gli iter sia in base alle abilità già possedute, sia in base a “specializzazioni” diverse, riguardanti per esempio la gestione delle demenze, delle malattie neurodegenerative e così via. Iter formativi non chiusi, ai quali possano aggiungersi nel tempo moduli di competenze specifiche, arricchendo via via il curriculum professionale.

 

Una versione più breve di questo intervento è uscita su Vita il 4 luglio scorso.