I centri diurni Alzheimer

Un posto ogni 320 malati


Franco Pesaresi | 14 Febbraio 2018

Il Piano nazionale demenze, approvato nel 2014, prevede la creazione, riorganizzazione e potenziamento di una rete di servizi e funzioni integrate in grado di garantire la diagnosi  e  la  presa  in  carico tempestiva, la continuità assistenziale  ed  un  corretto  approccio alla persona ed alla sua famiglia nelle diverse fasi della malattia e dei diversi contesti di vita  e  di  cure. Fra i servizi da garantire ci sono anche i Centri diurni demenze/Alzheimer. Nonostante la previsione nazionale e l’inserimento dei servizi semiresidenziali nei Livelli Essenziali di Assistenza, i centri diurni Alzheimer stentano a diffondersi nel territorio nazionale.

 

I posti attivati

In Italia sono presenti 975 centri diurni per anziani non autosufficienti che gestiscono 19.421 posti che accolgono annualmente 24.936 anziani pari all’1,47 per mille degli anziani.

Di questi,  solo 141 centri diurni sono interamente dedicati ai malati di Alzheimer o con demenza. Si tratta di 2.511 posti (Cfr. Tab. 1), pari al 13% del totale.

 

Tab. 1 – Centri diurni attivi per persone affette da demenza o Alzheimer

Regione Centri diurni Posti Posti per 1.000 anziani
Liguria 8 336 0,76
Umbria 12 148 0,67
Marche 9 179 0,49
Valle d’Aosta 1 12 0,42
Toscana 23 312 0,34
Trento 2 38 0,34
Lazio 19 401 0,33
Piemonte 18 304 0,28
Molise 1 15 0,20
Sicilia 15 188 0,19
Emilia Romagna 12 193 0,18
Basilicata 1 20 0,16
Sardegna 2 55 0,15
Abruzzo 1 30 0,10
Lombardia 10 154 0,07
Puglia 2 60 0,07
Veneto 3 48 0,04
Friuli Venezia Giulia 1 8 0,03
Campania 1 10 0,01
Bolzano, Calabria 0 0 0,00
Totale 141 2.511 0,19

Fonte: Pesaresi (2016)

 

Annualmente per ogni posto transitano mediamente 1,3 anziani. Il dato è in parte confermato anche dalle giornate di frequenza media dei centri che è di 135 giornate annue per utente. Un indicatore per la verità un po’ basso che potrebbe essere giustificato dalla scarsa qualità dei dati disponibili e/o dalla elevata morbilità degli anziani accolti.

I centri diurni Alzheimer costituiscono un servizio molto utile per gli anziani e per le loro famiglie anche se incidono poco nella realtà assistenziale italiana raggiungendo solo 0,19 anziani su mille pari ad un posto ogni 5.000 anziani. Questa sembra essere la criticità più grave soprattutto se la confrontiamo con la prevalenza della demenza. Per dare un dato di sintesi ogni posto nei centri diurni Alzheimer deve fronteggiare 320 malati.

 

Considerato il costante aumento del numero complessivo di anziani affetti da demenza, la carenza complessiva di posti, in assenza di una diversa politica, sposta l’onere assistenziale sulle strutture residenziali o caricando pesantemente sulle spalle delle famiglie tutto il fardello dell’assistenza. Ma questo è esattamente quello che non si dovrebbe fare per evitare un uso inappropriato delle strutture sanitarie e  sociosanitarie e per garantire la permanenza dell’anziano al proprio domicilio supportandone la famiglia.

 

Gli standard assistenziali

Il documento della commissione nazionale LEA sulle “Prestazioni residenziali e semiresidenziali” del 2007 ha proposto gli standard assistenziali minimi del Centro diurno per anziani non autosufficienti e del  Centro diurno per anziani con demenza introducendo un concetto nuovo negli standard, quello quell’”assistenza globale”. In sostanza, la commissione nazionale LEA ha proposto un minutaggio assistenziale minimo giornaliero per ospite da garantire con figure professionali (OSS, animazione, infermiere, psicologo) il cui mix non è stato definito e l’ha chiamato “assistenza globale”. Le regioni, nella loro autonomia, possono o meno definire nel dettaglio questo mix professionale. Lo standard assistenziale minimo per i centri diurni per anziani con demenza è stato fissato in almeno 80 minuti al giorno per paziente.

 

Le regioni italiane hanno dato applicazione agli standard proposti rispettando le indicazioni con una sola eccezione ma con una straordinaria varietà. La media delle regioni italiane è di 113 minuti al giorno di assistenza globale per ospite. Si tratta di una media elevata se si pensa che è rapportabile allo standard assistenziale di diverse residenze protette per anziani (che erogano una assistenza 24 ore su 24).  Le differenze fra le regioni italiane sono notevoli; al livello più basso si trova la regione Abruzzo con 60 minuti giornalieri per ospite di assistenza globale mentre al livello più alto si trova la Campania che garantisce 154 minuti di assistenza globale. Lo standard più elevato è addirittura 2,5 volte quello più basso. La varietà regionale dei diversi standard è ingiustificata ed eccessiva (Pesaresi, 2016).

  

L’orario di funzionamento

Uno degli elementi più significativi e caratterizzanti di un centro diurno è costituito dal numero di ore settimanali di apertura. È del tutto evidente che un centro che funziona per un numero maggiore di ore e di giorni settimanali è in grado di soddisfare meglio le necessità dell’utenza. E’ però altrettanto evidente che il funzionamento per un maggior numero di ore determina un costo più elevato. Le regioni, ancora una volta, presentano un panorama estremamente differenziato. La grande maggioranza delle regioni prevede un funzionamento di almeno 5 giorni alla settimana rispetto ad un quarto delle regioni che prevede il funzionamento anche il sabato. Ciò che cambia in modo più significativo è il numero di ore giornaliere di funzionamento che oscilla fra le 6 e le 10 ore. Questo fa sì che ci siano territori come la provincia autonoma di Bolzano che garantisce almeno 30 ore settimanali di funzionamento o come la regione Emilia Romagna che ne garantisce 60. La media delle regioni è invece di 41 ore settimanali di funzionamento.

Nel merito, un’apertura settimanale di 30 ore appare insufficiente a realizzare un efficace supporto delle famiglie che assistono a casa un anziano non autosufficiente perché questo orario non riesce a “coprire” l’intero pomeriggio. L’operatività efficace  minima è invece costituita da una apertura di 8 ore per almeno 5 giorni la settimana. L’apertura dei centri anche nelle giornate del sabato costituisce uno standard di grande qualità delle strutture.

 

La tariffa

La tariffa media dei centri diurni Alzheimer è di 63,12 euro al giorno, il 28% in più rispetto al centro diurno per anziani non autosufficienti. Anche in questo caso le differenze fra le regioni sono grandi: la tariffa più bassa si registra nella regione Liguria con 45,19 euro al giorno e la più alta nel Lazio con 78 euro al giorno. Una parte di questi oneri sono carico del Servizio Sanitario ed una parte a carico dell’utente.

Solo 4  regioni hanno definito i criteri per la compartecipazione alla spesa da parte degli utenti. Tutte le altre hanno lasciato che siano i singoli comuni a definirle. Tre regioni (Campania, Molise e Toscana) su quattro hanno stabilito di fissare le quote di compartecipazione in base al criterio del reddito del beneficiario della prestazione il che vuol dire, in generale, che ci saranno delle soglie di esenzione e delle quote variabili di compartecipazione.

 

Conclusioni

I centri diurni Alzheimer (CDA) costituiscono un servizio necessario per gli anziani e per le loro famiglie anche se ancora incidono pochissimo nella realtà assistenziale italiana raggiungendo solo 0,19  anziani su mille nonostante che i centri stessi siano previsti fra i livelli essenziali di assistenza. Inoltre, tale forma di assistenza è caratterizzata da una distribuzione diseguale da Regione a Regione, con ampi territori quasi del tutto privi di tali strutture.

L’attuazione della rete dei CDA ha evidenziato una straordinaria differenziazione fra tutte le regioni italiane anche negli standard assistenziali  e nelle prestazioni erogate. Analoga situazione si registra nel sistema tariffario adottato dalle regioni italiane. Un quadro organizzativo così diversificato probabilmente non ha pari nel sistema sanitario italiano.

La causa principale di questa perdurante disomogeneità che riduce l’efficacia e la capacità di sviluppo dei centri diurni è da ricondurre all’assenza di  modelli organizzativi di riferimento e quindi alla mancanza di gruppi di regioni che tendono verso un’organizzazione similare. La mancata affermazione di modelli organizzativi di riferimento sottrae affidabilità ai centri diurni che pur avendo già raccolto le prove di efficacia circa l’utilità del loro intervento non riescono ancora a dimostrare quale è l’organizzazione giusta per raggiungere i buoni risultati presentati in letteratura. E’ soprattutto su questo che occorre fare un grande lavoro di ricerca organizzativa,  di benchmarking e di disseminazione delle società Scientifiche e dei professionisti che dovrebbe essere alimentato soprattutto dal Ministero della Salute perché l’appropriatezza organizzativa è un tema che interessa trasversalmente tutti per i benefici di efficacia e di economicità che ne possono derivare.

Questo lavoro da solo non basta. Tra i servizi per la non autosufficienza, il centro diurno è senz’altro il meno sviluppato e diffuso. Occorre pertanto lanciare una grande campagna nazionale per lo sviluppo e la diffusione in tutte le regioni italiane dei centri diurni Alzheimer.