Il tirocinio sperimentale in Servizio sociale

Una ricerca valutativa


Francesca Irene Ferro | 9 Ottobre 2025

L’evoluzione del welfare mix, che ha visto il terzo settore assumere un ruolo sempre più centrale nella risposta ai bisogni sociali, ha avuto un impatto significativo sul servizio sociale spingendolo a confrontarsi con la necessità di rinnovamento, aprendosi a spazi nuovi rispetto al tradizionale posizionamento nella Pubblica Amministrazione (Fazzi, 2016; Burgalassi e Tilli, 2023).

In questa cornice si collocano le esperienze di formazione sul campo a carattere sperimentale promosse, a partire dal 2005, dal Corso di Laurea in Servizio Sociale dell’Università di Torino, accanto ai percorsi tradizionali di tirocinio. Questi ultimi sono finalizzati all’apprendimento del ruolo professionale e si svolgono all’interno di enti nei quali la figura dell’assistente sociale è già inserita e chi studia ha l’opportunità di osservare e sperimentare progressivamente le funzioni proprie della professione, affiancando professionisti esperti e operando in un ambiente supervisionato. I tirocini sperimentali, oltre a perseguire gli stessi obiettivi formativi, mirano anche a esplorare, prevalentemente nell’ambito del Terzo settore, contesti coerenti con la mission del servizio sociale, nei quali la figura dell’assistente sociale è assente e che potrebbero costituirsi come innovativo spazio occupazionale. In tale perimetro di sperimentazione, il/la tirocinante – con il sostegno di una supervisione esterna all’ente ospitante – può diffondere la cultura del servizio sociale che potrebbe essere poco conosciuta o rappresentata in modo stereotipato e prefigurare uno spazio specifico per l’esercizio professionale.

Considerate le peculiarità di questi percorsi e l’investimento richiesto per la loro realizzazione, il Corso di Laurea ha deciso di avviare un progetto di ricerca valutativa che riprende le fila di uno studio già condotto e concluso nel 2014 (Dellavalle e Rocca, 2017), aggiornandolo e ampliandolo con l’obiettivo di pervenire ad un bilancio di questi percorsi.

L’indagine è stata condotta considerando dieci anni accademici (a. a.): dal a.a.2014/2015 (cioè, dalla conclusione della precedente ricerca soprammenzionata) all’a. a. 2024/2025.

In questo arco temporale sono stati avviati e si sono conclusi sessantuno percorsi di tirocinio sperimentale all’interno di ventiquattro enti ospitanti; tra questi ventidue sono enti del terzo settore (cooperative, associazioni) o del privato sociale (RSA) che operano in ambiti differenti (per esempio la disabilità, l’immigrazione, la violenza di genere, la tratta degli esseri umani) e che hanno in dotazione organica figure professionali (educatori, psicologi, avvocati, medici) e operatori sociosanitari, mediatori culturali, personale amministrativo. Va, però, evidenziato che in diverse realtà il personale appartenente a professioni ordinistiche ha un inquadramento contrattuale corrispondente alla figura generica di “operatore/operatrice”.

L’attenzione, in questo contributo, è rivolta in particolare a uno degli obiettivi della ricerca, realizzata con un approccio qualitativo: esplorare gli effetti dei tirocini sperimentali, in termini di apertura di spazi occupazionali nei servizi ospitanti. Nel prospettare alcuni esiti emersi, si considerano in particolare le seguenti dimensioni:

1) le ragioni per cui gli enti ospitanti hanno accolto tirocinanti sperimentali;

2) l’interesse a inserire la figura di assistente sociale nella dotazione organica e le modalità con cui ciò è stato eventualmente realizzato.

Percorso della ricerca e primi esiti

Al fine di acquisire alcuni dati di sfondo, relativi agli spazi occupazionali eventualmente aperti con le sperimentazioni, è stato somministrato un questionario a tutta la popolazione di “ex” tirocinanti sperimentali nell’arco di tempo considerato, con cinquantatré risposte su un totale di sessantuno.

Vediamo che alla domanda “se gli interpellati abbiano in qualche forma proseguito la collaborazione con l’ente ospitante al termine di tirocinio” in dodici hanno risposto affermativamente. A questo dato si somma quello di altri dieci che hanno ricevuto, ma non accettato proposte di collaborazione da parte dell’ente. Questo dato dimostra l’interesse manifestato dagli enti ospitanti a proseguire la collaborazione per un 1/3 dei rispondenti; per i restanti 2/3 non è pervenuta alcuna proposta successiva al termine del tirocinio.

Si è poi indagata la forma e la qualifica con cui i dodici rispondenti hanno proseguito tale collaborazione; da questo punto di vista, il quadro restituito è variegato e apre ad alcuni interrogativi: quattro soggetti sono stati assunti con contratto a tempo determinato; due tramite contratto di collaborazione coordinata e continuativa; tre hanno ottenuto un contratto a tempo indeterminato, di cui uno maturato inizialmente nell’ambito del servizio civile, poi proseguito come volontariato e, infine, trasformato in assunzione stabile. Tre soggetti, invece, hanno proseguito l’attività solo a titolo di volontariato.

Per quanto attiene alla qualifica, due rispondenti dichiarano di essere state inquadrate con qualifica di assistente sociale, sei come operatrici sociali e una come responsabile delle relazioni sociali. È d’uopo quindi chiedersi: se l’ente ha manifestato un interesse verso chi si forma alla professione di assistente sociale, per quale/i ragione/i l’inquadramento contrattuale non corrisponde, nella maggior parte dei casi, alla rispettiva qualifica?

A questo interrogativo si cercherà di dare risposta attraverso la voce dei referenti degli enti ospitanti, con nove dei quali è stata successivamente condotta un’intervista in profondità, segnalando che qui ci si limita a fornire alcune anticipazioni dei risultati.

È importante sottolineare fin da subito che la decisione degli enti ospitanti di accogliere tirocinanti assistenti sociali non implica necessariamente un interesse specifico verso questo profilo professionale. Possiamo, infatti, distinguere enti che manifestano un interesse generico ad accogliere tirocinanti, indipendentemente dallo specifico ambito disciplinare e professionale, purché quest’ultimo sia coerente e affine con la mission dell’ente; altri enti, invece, manifestano un interesse orientato specificamente alla figura: è il caso di una ETS che, non avendo in dotazione organica un assistente sociale e riconoscendone alcune specificità, come l’orientamento globale alla persona, ne vuole sperimentare il ruolo attraverso un tirocinio.

“Il fatto che per esempio non abbia, come dire, quell’approccio, tipico dello psicologo, della diagnosi, no? Esclusiva… perché c’è un inevitabile mmh trasporto verso quel tipo di valutazione. A noi interessava invece che il servizio che viene dato a persone in difficoltà specialmente su certi progetti potesse essere appunto garantito da chi è la figura demandata per fare questo […] specialmente nell’emergenza abitativa, lì c’è un sostegno a 360° gradi; quindi, abbiamo volutamente messo lei [la tirocinante]”. (Referente ente ospitante 1).

Da notare come gli aspetti evidenziati da chi ha fornito questa risposta si collocano in continuità con quanto emerso nella ricerca precedente (Dellavalle e Rocca, 2017): l’adozione di uno sguardo globale alla persona e l’attenzione a non focalizzarsi esclusivamente sulla patologia si confermano come tratti distintivi dell’agire di chi si sta formando al servizio sociale.

L’analisi delle interviste ha poi permesso di classificare le ragioni che spingono gli enti a collaborare con l’Università nelle seguenti categorie: 1) enti che desiderano offrire un’opportunità di formazione specifica rispetto al proprio ambito di intervento; 2) enti che accolgono tirocinanti di servizio sociale, nell’ottica di un eventuale prosieguo della collaborazione poiché hanno o potrebbero avere la necessità di aderire a requisiti formali richiesti da normative o bandi; 3) enti che ipotizzano di poter ricevere un contributo professionale da questa figura e sono, dunque, interessati a uno scambio in cui l’apprendimento sia reciproco 4) enti che, avendo una conoscenza della fisionomia dell’assistente sociale, accolgono tirocinanti in vista di un’eventuale assunzione, perché autenticamente interessati alle specificità del servizio sociale.

Si tratta chiaramente di categorie idealtipiche, ragione per cui nelle situazioni concrete emerse dalle interviste si ritrovano spesso forme ibride rispetto a queste motivazioni: chi accoglie tirocinanti per offrire un’occasione formativa, ad esempio, potrebbe anche essere eventualmente interessato a proseguire la collaborazione, nel caso in cui dovesse sorgere l’esigenza:

“Allora, sicuramente appunto quello di formare in primis, di dare una formazione un po’ più diretta, un po’ più sul campo per quello che riguarda ovviamente […], non solo teorica, come può essere magari la parte un po’ più universitaria e quindi l’idea di base è quello di legare un po’ di più quella che è la pratica dalla teoria. Ovviamente c’è poi l’apertura, una volta formate, a continuare eventualmente con una con una proposta lavorativa all’interno [dell’ente]”. [Referente ente ospitante 2]

Le ragioni che portano ad avviare collaborazioni per i tirocini di servizio sociale hanno, naturalmente, un forte aggancio con la seconda dimensione di indagine presa qui in considerazione: se vi è l’interesse e quindi l’intenzione ad inserire in organico l’assistente sociale. Se guardiamo, ad esempio, a chi ha assunto una volta terminato il tirocinio, tralasciando per il momento in che forma e con che qualifica, scopriamo che chi è interessato prevalentemente a offrire un’opportunità di formazione tenderà a non assumere, continuando tuttavia a fornire disponibilità al CdL ad accogliere tirocinanti. Chi invece necessita di aderire a un requisito formale, assumerà un assistente sociale (volendo anche inquadrarlo come tale); tuttavia, nel momento in cui tale requisito formale decadesse (in virtù, ad esempio, di un cambiamento normativo) non solo non assumerà l’assistente sociale, ma ridurrà anche l’interesse ad accogliere tirocinanti di servizio sociale.

“[…] ma poiché non è più prevista la figura dell’assistente sociale in sé, bisogna fare un certo tipo di ragionamento, nel senso che quanto può essere utile? Non so, nel senso è proprio solo una domanda senza una risposta”. [Referente ente ospitante 3]

Conclusioni

Attraverso le interviste è stato possibile approfondire le ragioni per cui alcuni enti, pur avendo effettivamente assunto chi aveva svolto il tirocinio nel loro contesto, abbiano optato per un inquadramento contrattuale con qualifiche diverse da quella dell’assistente sociale. In alcuni casi, ciò è dovuto alla mancanza di abilitazione alla professione, ma l’ente intende modificare il contratto una volta conseguita l’abilitazione stessa. In altri casi, l’ente non è interessato a inserire formalmente un assistente sociale nel proprio organico, bensì a fruire di quelle conoscenze e competenze tipiche della formazione in servizio sociale, considerata un valore aggiunto. Quest’ultimo orientamento è in linea con quanto prospettato da Fazzi (2025), secondo il quale il servizio sociale è un campo più ampio, che non dovrebbe necessariamente coincidere con la figura istituzionale dell’assistente sociale; proposta, questa, che può sollevare alcuni interrogativi e richiedere ulteriori approfondimenti.

I primi esiti dello studio, inoltre, evidenziano non solo come i percorsi sperimentali abbiano effettivamente permesso di creare spazi occupazionali innovativi per la professione (seppur in un numero residuo di casi), ma anche come l’attivazione delle collaborazioni tra l’Università e gli enti per avviare tali percorsi abbia consentito di aprire un canale di dialogo e di confronto nel quale la cultura e i saperi di servizio sociale si intrecciano con quelli provenienti da mondi professionali diversi.

Con il proseguire della ricerca, al punto di vista dei referenti degli enti ospitanti sarà affiancata la voce di chi ha svolto il tirocinio sperimentale, ossia i principali protagonisti dell’esperienza. L’analisi si concentrerà sugli spazi concreti di sperimentazione del ruolo professionale effettivamente riconosciuti ai/lle tirocinanti ovvero sulla valutazione dei risultati formativi da loro conseguiti.