Istat: ecco i dati sulle istituzioni non profit aggiornati al 2023
Gianfranco Marocchi | 30 Ottobre 2025
Anche quest’anno durante le Giornate di Bertinoro Istat ha rilasciato un report sulle Istituzioni non profit, ora aggiornati al 2023; di seguito una breve sintesi, mentre qui è visibile l’intervento di Massimo Lori e Sabrina Stoppiello di Istat, coordinati da Giulio Sensi.
Il primo dato riguarda il numero di organizzazioni non profit presenti nel nostro paese, 368.367, e il numero di persone che vi lavorano, 949.200. Si tratta di dati che, esaminati in serie storica, farebbero emergere per entrambi i dati un aumento rispetto all’anno precedente, invertendo una tendenza che, negli ultimi anni, aveva registrato una diminuzione del numero di organizzazioni attive; Istat però segnala come il dato rifletta, almeno in parte, un miglioramento nelle fonti utilizzate per l’individuazione delle organizzazioni; in ogni caso, anche al netto di tale effetto statistico, il numero di organizzazioni salirebbe in misura dello 0.6%, rispetto ad un segno negativo nei due anni precedenti. Sempre in aumento, invece, il numero di lavoratori, per dinamiche che riguardano prevalentemente le cooperative sociali.
Rispetto alle ripartizioni per area geografica, quasi la metà delle organizzazioni operano al nord, dove lavorano circa il 56% dei dipendenti; la maggiore densità del non profit al nord è anche evidenziata dal numero di organizzazioni e di dipendenti ogni 10 mila abitanti, come si evidenzia nella tabella seguente:
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|
Enti per 10 mila abitanti |
Lavoratori per 10 mila abitanti |
|
Nord-Ovest |
64.1 |
194.9 |
|
Nord-Est |
70.1 |
189.3 |
|
Centro |
69.3 |
183.4 |
|
Sud |
51.5 |
94.6 |
|
Isole |
55.1 |
123.2 |
|
Italia |
62.5 |
160.9 |
D’altra parte, va evidenziato che le regioni del Centro-Sud sono quelle in cui la crescita del numero di lavoratori è più vivace: +5% al centro, +4.6% al sud, +5.9% nelle isole, contro una media nazionale del 3.2%, frutto soprattutto di una dinamica contenuta nel nord-ovest (+1.6%).
Il successivo dato rispetto al quale è utile sviluppare dei ragionamenti è quello dei dati suddivise per forme giuridiche. Emergono alcune conferme significative. Le associazioni (oltre 314 mila) continuano a rappresentare la grande maggioranza delle istituzioni non profit del paese e mostrano – al netto delle questioni statistiche sopra accennate, un aumento sia relativamente al numero di unità attive, sia al numero di lavoratori.
La cooperazione sociale conferma la propria vocazione occupazionale: si tratta del 3.9% degli enti non profit dove però operano il 53% dei lavoratori; le cooperative sociali, 14.343 in questa rilevazione, continuano a diminuire di numero (-2.6% rispetto al 2022), come avvenuto con continuità dal 2017 – 2018 in poi, ma al tempo stesso continuano a vedere una crescita del numero di occupati, che oggi sono 509.333 (+3.7% rispetto al 2022). Convergono, come ricorda Lori, fattori diversi: la diminuzione della costituzione di nuove cooperative, i maggiori tassi di mortalità delle unità più piccole, fenomeni di aumento dimensionale delle cooperative più grandi; tutto ciò determina un fenomeno di concentrazione che ormai si conferma da diversi anni.
Se dall’analisi per forma giuridica passiamo all’esame delle qualifiche degli enti, pervengono alcune conferme del quadro precedente, ma anche alcune informazioni aggiuntive.
A parte l’aumento anomalo delle associazioni di promozione sociale, rispetto alle quali tenuto conto di una diversa considerazione di alcuni dati statistici che Istat esplicita nel report, i due elementi che è utile evidenziare sono:
- la diminuzione delle Onlus, qualifica che cesserà di esistere con il 31/12/2025; pertanto con ogni probabilità le organizzazioni con questa qualifica hanno per tempo iniziato per tempo a qualificarsi entro categorie coerenti con quelle del RUNTS;
- la diminuzione delle imprese sociali, che mette però in luce dinamiche non scontate che coinvolgono cooperative sociali e altre imprese sociali.
A questo secondo proposito, è utile raffrontare i dati esposti da Istat con quelli degli anni precedenti, come mostrato nella successiva tabella, dalla quale emergono i seguenti dati:
- Rispetto al numero di enti, mentre le cooperative sociali diminuiscono del 3% (-385 unità), le imprese sociali con forma diversa dalla cooperativa sociale aumentano del 9% (+151 unità);
- Rispetto al numero di occupati totale, crescono sia le cooperative sociali (+4%, pari a 18 mila unità), sia le imprese sociali con forma diversa da quella di cooperativa sociale, queste ultime in misura maggiore (+21%, pari a 3337 unità);
- questo comporta una crescita delle dimensioni medie di entrambi i soggetti considerati, anche se con due modelli diversi: la cooperazione sociale combinando la crescita dimensionale complessiva con fenomeni di concentrazione, le altre imprese sociali combinando la crescita del numero di unità con la crescita delle dimensioni medie.
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Numero |
Dimensioni |
Dimensioni medie |
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|
2022 |
2023 |
Δ |
Δ% |
2022 |
2023 |
Δ |
Δ% |
2022 |
2023 |
Δ |
Δ% |
|
|
Cooperative sociali |
14728 |
14343 |
-385 |
-3% |
491297 |
509333 |
18036 |
4% |
33,4 |
35,5 |
2,2 |
6% |
|
Altre imprese sociali |
1686 |
1837 |
151 |
9% |
16259 |
19596 |
3337 |
21% |
9,6 |
10,7 |
1,0 |
11% |
|
Totale |
16414 |
16180 |
-234 |
-1% |
507556 |
528929 |
21373 |
4% |
30,9 |
32,7 |
1,8 |
6% |
La maggiore dinamicità delle imprese sociali diverse dalle cooperative sociali non deve far dimenticare che la grande maggioranza delle imprese (l’88%) e ancor più dei lavoratori (96%) delle imprese sociali sono riferiti alle cooperative sociali; d’altra parte, uno sguardo di prospettiva – ad esempio confrontando questi dati con quelli del 2018 – mostra delle differenze comunque apprezzabili: nel 2018, infatti le cooperative sociali rappresentavano il 95% delle unità e il 99% dei lavoratori.
Tra i molti dati disponibili, ISTAT rielabora anche le informazioni relative al cinque per mille, dove emergono alcuni dati non scontati. Emergono infatti, come evidenziato dalla successi va tabella tre Italie diverse a seconda del tipo di indicatore utilizzato: vi è un certo equilibrio tra le marco aree del paese (con la prevalenza comunque del nord ovest) se si considerano il numero di enti beneficiari del cinque per mille (71 mila in tutto), mentre il nord-ovest e il centro emergono rispetto al numero di scelte dei contribuenti (13 milioni in tutto), determinando così un’allocazione dei fondi (459 milioni in tutto) in prevalenza a beneficio delle istituzioni non profit del Nord-Ovest, che percepiscono circa il 45% del totale del cinque per mille.
Meritano attenzione anche le ripartizioni del cinque per mille a seconda della qualifica. Le imprese sociali, che annoverano il 7.8% dei beneficiari, raccolgono solo il 3.2% dei contributi; ma anche organizzazioni di volontariato e associazioni di promozione sociale raccolgono in misura inferiore rispetto alla loro numerosità negli elenchi del cinque per mille. In sostanza le tre qualifiche più rappresentative del Runts insieme percepiscono insieme meno del 38% degli importi. Anche le associazioni sportive dilettantistiche, pur assai numerose tra gli iscritti al cinque per mille, sono scelte da un numero limitato di cittadini con esito proporzionale dei contributi assegnati. Sono invece ETS con forma diversa e Onlus a incontrare maggiormente le attenzioni di cittadini, raccogliendo oltre il 56% delle risorse.
Per un esame più esteso dei dati è possibile scaricare il report e le tavole dati dalla pagina Istat dedicata ai dati sulle istituzioni non profit aggiornati al 2023 e ascoltare gli interventi di Lori e Stroppiana in occasione delle Giornate di Bertinoro.