La riforma dei centri per l’impiego in Francia, Spagna e UK

Alcune suggestioni per il nostro paese


Chiara Crepaldi | 2 Novembre 2018

Il dibattito acceso che in questi giorni sta ruotando attorno al tema delle modalità di implementazione del reddito di cittadinanza in connessione con la promozione di specifici interventi di inserimento lavorativo, possibile solo attraverso una profonda riforma dei servizi per l’impiego, crea perplessità su come, in un contesto come quello italiano nel quale i servizi per l’impiego presentano grandi criticità, possa essere fatto in modo efficace ed in tempi ragionevoli. Per aprire il dibattito relativo alle possibili strade da percorrere per promuovere una revisione dei servizi per l’impiego che possa accompagnare i beneficiari della futura misura di sostegno al reddito, abbiamo già proposto un approfondimento rispetto alle strade intraprese in altri paesi europei in tale direzione, partendo dal modello tedesco, di cui sono state presentate le modalità di funzionamento e le caratteristiche del sistema. Sulla base dei risultati del lavoro realizzato da ANPAL Servizi (ente in house dell’Agenzia Nazionale Politiche Attive del Lavoro – ANPAL), che ha pubblicato sul suo sito una serie di schede paese relative ai sistemi francese, inglese, spagnolo oltre a quello tedesco), approfondiamo le riforme introdotte recentemente in Francia, Spagna e UK, andando ad analizzare le modalità di funzionamento dei centri per l’impiego di questi paesi, con l’obiettivo di mettere a fuoco possibili riflessioni utili per una revisione del sistema, poco efficiente e molto poco efficace, attualmente in funzione in Italia. Le considerazioni sul funzionamento dei servizi per l’impiego e sull’introduzione di nuove misure per l’inserimento lavorativo in Italia sono ovviamente attribuibili esclusivamente all’autrice del presente articolo.

 

Iniziamo con l’osservare che l’Italia, come la tavola sotto riportata evidenzia, sia tra gli ultimi in Europa in termini di spesa pubblica per i servizi per l’impiego (in percentuale sul PIL), preceduta solo da Slovacchia, Cipro, Bulgaria e Grecia. A tale politica, secondo le stime Eurostat, l’Italia destina solo lo 0,04% del Pil contro per esempio lo 0,51% della Danimarca e lo 0,36% Germania e lo 0,24% della Francia.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Come emerge da una recente ricerca del Comitato Economico e Sociale Europeo/Osservatorio consulenti del lavoro1 in termini di spesa per disoccupato e forze lavoro potenziali, si va dai circa 3.700 euro pro-capite spesi dalla Germania, ai 1.300 della Francia, ai 250 della Spagna, ai 100 dell’Italia. Nel 2015 l’Italia ha speso solo 750 milioni di euro per i servizi pubblici per l’impiego per coprire il costo dei suoi circa 9 mila dipendenti. Nello stesso anno per i servizi per l’impiego nazionali la Francia ha speso 5,5 miliardi di euro e la Germania 11 miliardi di euro. È interessante anche notare che nel complesso nel 2015 le misure di politica del lavoro in Italia sono state finanziate con 6,9 miliardi di euro, di cui il 55% è stato destinato ad incentivi alle assunzioni, il 40% alla formazione, il 4% all’avvio di start-up e l’1% alla creazione diretta di posti di lavoro. Confrontando questi dati con quelli tedeschi e francesi si osserva che in questi paesi la spesa per gli incentivi è limitata rispettivamente all’8% e al 6%. (Fonte: QuiFinanza 16 Marzo 2018).

Andiamo dunque ad analizzare le principali caratteristiche e il funzionamento dei centri per l’impiego in altri paesi europei, partendo dai casi studio realizzati da ANPAL Servizi2.

 

In Francia3, la competenza delle politiche del lavoro – attive e passive – è in capo allo Stato, ma alcune competenze sono state via via delegate alle Regioni, nell’ambito di una complessa governance multi-livello e multi-attore, anche se nella realtà non vi è stato un effettivo trasferimento di poteri. La programmazione delle politiche è stata infatti mantenuta a livello centrale, ma allo stesso tempo è stata rafforzata la presenza di Pôle Emploi (l’Agenzia nazionale dei Servizi pubblici per l’impiego) sul territorio, come anche il ruolo giocato dai partenariati locali. La struttura organizzativa di Pôle Emploi, che è l’operatore unico nazionale dei Servizi per I’impiego, istituito, con la riforma del 2008, dalla fusione tra l’agenzia nazionale che si occupava delle politiche attive promosse dai servizi pubblici per l’impiego, e l’organizzazione che gestiva le politiche passive e l’erogazione degli ammortizzatori sociali e dei sussidi di disoccupazione, è intesa ad assicurare la presenza dei servizi sul territorio nazionale e di adattare le politiche del lavoro alle peculiarità dei territori. Pôle Emploi ha 54.000 operatori, oltre 900 agenzie locali affiancate da 146 agenzie specializzate e 69 piattaforme telefoniche e informatiche. Relativamente alle politiche attive promosse dal Pôle Emploi, sono stati negli anni sviluppati una serie di servizi e dispositivi a supporto della ricerca attiva di lavoro, quale il counselling, in particolare per promuovere interventi specificamente rivolti ai giovani, integrato dai percorsi formativi, su cui il sistema francese punta molto, in particolare per i lavoratori scarsamente qualificati. L’evoluzione più recente di Pôle Emploi si è concentrata sul potenziamento e la modernizzazione dei servizi e sull’efficientamento del sistema. In questo contesto è stato promosso un nuovo modello di accompagnamento dei disoccupati con percorsi di supporto ai soggetti registrati a Pôle Emploi, differenziati rispetto al profilo di ciascuno e alle specifiche esigenze della persona in cerca di lavoro, con una forte personalizzazione dei servizi.

La riforma che ha impegnato negli ultimi anni l’Agenzia nazionale Pôle Emploi ha toccato vari aspetti del sistema, il più interessante dei quali è legato all’introduzione di un sistema di monitoraggio e valutazione delle performance. Il servizio ha anche puntato sempre di più sulla personalizzazione delle prestazioni per rispondere alle esigenze specifiche delle persone in cerca di lavoro. Infine nel rapporto con i providers privati la scelta è stata quella di promuovere l’invio ai servizi privati delle persone con minori difficoltà nell’accesso al mercato del lavoro, mantenendo invece all’interno del servizio pubblico le persone che presentano maggiori difficoltà di inserimento lavorativo e sociale. Si è anche molto lavorato allo sviluppo dei servizi alle imprese promuovendo importanti investimenti in particolare nelle nuove tecnologie digitali e nella formazione dei dipendenti dei centri, per prepararli alle nuove sfide nel mercato del lavoro.

 

Il sistema spagnolo4 è inserito in un contesto socio economico che sta attraversando una ripresa significativa, dopo la grave crisi del 2008 che ha colpito il paese, e che nel triennio 2015-2017 ha registrato un incremento del PIL del 2,5%, un livello di crescita secondo solo alla Germania. Le ragioni di tale sviluppo sono senz’altro riconducibili alle riforme strutturali a sostegno della domanda interna (politiche fiscali e monetarie espansive) che il paese è riuscito a realizzare. Anche le politiche del lavoro sono state significativamente riformate, su sollecitazione in particolare dalla Commissione Europea, con la promozione di una significativa deregolamentazione del mercato del lavoro e un abbassamento delle tutele dei lavoratori, accompagnato tuttavia da un forte sviluppo delle politiche attive del lavoro. In tale contesto sono molte le riforme introdotte, e hanno riguardato in particolare il deciso decentramento delle competenze nella gestione delle politiche attive alle Comunità Autonome vincolato al raggiungimento di risultati da monitorare con l’introduzione di un sistema di valutazione delle politiche. È stata anche promossa l’apertura del mercato del lavoro a soggetti privati in particolare in materia di intermediazione. La cooperazione pubblico-privato si basa su standard di servizio universalmente validi e un sistema di remunerazione delle prestazioni sulla base dei risultati raggiunti (che tengono conto delle differenze territoriali e dei diversi target di popolazione).

Il Sistema Nazionale per l’Impiego spagnolo si compone del Servizio Pubblico Statale dell’Impiego (SEPE), organismo autonomo dell’amministrazione generale dello Stato, dotato di personalità giuridica propria, subordinato al Ministero del lavoro, e dai Servizi Pubblici dell’Impiego delle Comunità Autonome. Il SEPE ha un organico di circa 9.200 dipendenti.

Il sistema spagnolo come quello italiano è dunque caratterizzato da un sistema delle politiche del lavoro molto decentrato, ma la Spagna, a differenza dell’Italia, è riuscita a costruire una governance multilivello e multi attore caratterizzata da un approccio partecipato e consensuale con una regia importante da parte del livello centrale. Un ruolo importante è stato senz’altro giocato dall’implementazione di strumenti volti a promuovere l’integrazione dei diversi sistemi regionali. È il caso in particolare della Carta dei Servizi per l’Impiego, che ha strutturato gli standard minimi di servizio al cittadino in termini di diritto di accesso a servizi minimi universalmente garantiti in maniera omogenea sul territorio nazionale. Un ruolo molto importante è anche attribuibile all’introduzione del sistema di valutazione delle performance, intorno al quale si è strutturato un processo ciclico condiviso di programmazione-implementazione-monitoraggio-valutazione di servizi e programmi gestiti a livello decentrato. A partire dal 2016 è stato introdotto uno stringente sistema di valutazione delle performance dei Servizi che si compone di una griglia di 5 obiettivi strategici e di 29 obiettivi strutturali articolati in 6 linee (orientamento, formazione, opportunità di impiego, pari opportunità, autoimprenditorialità, adeguamento del quadro istituzionale del Sistema Nazionale per l’impiego). Per ciascun obiettivo sono stati stabiliti indicatori caratterizzati da un forte orientamento al risultato ovvero il risultato ottenuto in termini di inserimento lavorativo o di miglioramento nell’occupabilità. Annualmente ogni Comunità Autonoma viene valutata relativamente al raggiungimento degli obiettivi e rispetto ai programmi implementati, e sulla base dei risultati ottenuti a ciascuna regione viene assegnato il budget per le politiche attive dell’anno successivo.

 

Infine un accenno alle riforme introdotte nel Regno Unito5 negli ultimi anni, che hanno riguardato in particolare l’introduzione nel 2013 dello Universal Credit, quale strumento di sostegno al reddito in sostituzione di un complesso sistema di benefit e prestazioni sociali (rivolto a persone in età lavorativa disoccupate o a basso reddito) che sono stati accorpati in un unico sussidio. L’obiettivo della riforma è stato quello di incentivare il ritorno al lavoro o l’aumento delle ore di lavoro da parte delle persone a carico dell’assistenza sociale (secondo la strategia del making work pay) attraverso una maggiore responsabilizzazione dei beneficiari e l’introduzione di un sistema sanzionatorio più severo. Per raggiungere l’obiettivo del reinserimento lavorativo il ruolo chiave è giocato dal Work Coach, la figura che all’interno del centro per l’impiego chiamato Jobcentre Plus, afferente alla rete dei servizi pubblici per l’impiego, che accompagna il disoccupato dall’inizio della richiesta della prestazione fino all’inserimento lavorativo, con un supporto personalizzato che integra coaching e condizionalità, dato che può gestire in autonomia una gamma di sussidi e strumenti volti all’avvicinamento al mercato del lavoro.

Questo modello è possibile perché nel sistema inglese l’ente governativo responsabile del welfare, della gestione del sistema pensionistico e delle politiche del lavoro è unico: il Department for Work and Pensions (DWP), di cui i Jobcentre Plus sono parte integrante. Il DWP, gestisce quindi la rete dei servizi pubblici per l’impiego composta da 700 jobcentres, responsabili della presa in carico, del supporto alla ricerca di lavoro e del controllo dei requisiti per la riscossione delle prestazioni passive di sostegno al reddito degli utenti. I Jobcentre svolgono una funzione di screening dell’utenza e di prima assistenza ai lavoratori disoccupati, mentre agli operatori privati specializzati è affidata la funzione di intermediazione delle categorie di disoccupati di lungo periodo e delle persone maggiormente “distanti dal mercato del lavoro”, finanziando tali attività con risorse pubbliche.

Poiché attualmente il tasso di disoccupazione nel Regno Unito è estremamente basso (il più basso dal 1975 ad oggi), la metà di quello del 2011 e con la metà di beneficiari di sussidi di disoccupazione rispetto al 2011, il governo ha deciso di riorientare gli obiettivi del programma di promozione dell’occupazione nella direzione del sostegno alle persone maggiormente distanti dal mercato del lavoro. L’attenzione è quindi stata focalizzata sui disoccupati da oltre due anni e sul supporto ai disabili e alle persone con precarie condizioni di salute per promuoverne il rientro nel mercato del lavoro. A novembre 2017 è stata dunque avviata una nuova azione di welfare-to-work denominata Work and Health Programme. Il nuovo intervento prevede una forte integrazione tra i servizi di Jobcentre Plus con i servizi sanitari e quelli erogati dagli enti locali, che grazie al processo di attivazione delle comunità locali, stanno iniziando a promuovere politiche autonome volte alla valorizzazione delle specificità territoriali. I provider privati coinvolti, vista la complessità del target, sono stati individuati tra soggetti particolarmente specializzati capaci di garantire un approccio olistico che possa favorire il superamento delle barriere all’occupazione.

Anche in questo caso la valutazione delle performance riveste un ruolo fondamentale: oltre al monitoraggio dei risultati dei provider il sistema garantisce la misurazione dell’impatto della politica nel suo complesso. Il DWP monitora che i risultati dei provider non scendano sotto il livello minimo di performance richiesto, e nel caso ciò avvenga i contratti coi provider vengono rescissi e gli utenti riassegnati ad altri provider con performance migliori.

 

Il sistema nel suo complesso ad oggi sembra aver avuto esiti molto incoraggianti: come emerge dal lavoro svolto dai ricercatori di ANPAL Servizi, a settembre 2017 il sistema ha favorito un più ampio e duraturo reinserimento nel mercato del lavoro dei circa due milioni di persone coinvolte nel programma, con un risultato di reinserimento doppio rispetto a quello precedente la riforma, e superiore al valore atteso. Per quanto riguarda la misura dello Universal Credit, gli studi controfattuali realizzati mostrano risultati positivi in termini di impatto sul mercato del lavoro, con i beneficiari che, rispetto al gruppo di confronto costituito da percettori di Jobseeker Allowance con caratteristiche simili, hanno più probabilità (+4 punti percentuali) di lavorare nei sei mesi successivi alla richiesta.

Nel complesso dunque l’interessante studio realizzato da ANPAL Servizi pone in evidenza alcuni elementi di particolare interesse per il contesto italiano. I sistemi esteri innanzitutto sono dotati di maggiori risorse e, a parte la Spagna, di molti più operatori, che vengono specificamente formati alle attività di coaching e tutoring oltre che alla gestione integrata e specializzata di casi complessi. Rispetto al modello italiano i sistemi analizzati hanno investito molto di più sul tema della personalizzazione delle prestazioni, dell’innovazione tecnologica, dell’adattamento sui singoli territori delle politiche nazionali, nel rafforzamento del coordinamento tra operatori pubblici e privati, ma soprattutto nella diffusione della cultura del monitoraggio e della valutazione, la vera lacuna del sistema italiano. Molto interessante infine anche l’esito dell’accorpamento nel Regno Unito dei diversi sussidi e della gestione da parte di un unico soggetto incaricato del sostegno al reddito e delle politiche attive, capace di agire combinando le diverse risorse ed opportunità in maniera flessibile per adattarle al contesto e alle caratteristiche dell’individuo e del nucleo.

 

Una seria riforma dei centri per l’impiego richiede tempi e risorse importanti, come emerge chiaramente dalle esperienze estere, ma richiede soprattutto, per poter promuovere un’azione di sistema come quella osservata negli altri paesi, la creazione di una strategia di rete tra le diverse e molteplici amministrazioni nazionali, regionali e locali che gestiscono il sistema dei sussidi e degli interventi sulla persona e sul nucleo, perché l’inserimento lavorativo creato possa essere una vera e propria uscita dalla condizione di povertà e non una ulteriore azione sporadica che rischia di apparire più come punitiva che non come vera e propria risorsa ed opportunità di cambiamento.

  1. Osservatorio consulenti del lavoro Dal Welfare al Workfare
  2. Le attività di ricerca e analisi sono state condotte dalla Direzione Benchmarking e Relazioni Internazionali di ANPAL Servizi nell’ambito del Piano integrato ANPAL – ANPAL Servizi 2017-2020 finanziato dal PON SPAO.
  3. Fonte: ANPAL Servizi, scheda paese Francia 29/12/2017
  4. Fonte: ANPAL Servizi, scheda paese Spagna 13/12/2017
  5. Fonte: ANPAL Servizi, scheda paese Regno Unito  14/12/2017