L’attuale panorama degli istituti penali per minorenni

I numeri


Francesca Stanizzi | 26 Marzo 2024

Il Rapporto pubblicato da Antigone lo scorso 20 febbraio sulla giustizia minorile in Italia porta con sé una profonda preoccupazione. Il nostro Paese ha sempre costituito, a livello europeo, un modello da seguire in tale campo ma adesso si notano dei passi indietro. I ragazzi e le ragazze coinvolti nel sistema della giustizia si trovano ad affrontare nuove difficoltà con sempre meno prospettive rispetto al loro futuro.

Un primo sintomo di quanto rilevato attiene alle presenze negli Istituti Penali per Minorenni (IPM) che, al febbraio 2022, non raggiungevano le 350 unità. Al 29 febbraio 2024, invece, i ragazzi, minori e giovani adulti detenuti nei 17 IPM del nostro Paese erano 523, le donne 18 (il 3,4% dei presenti) e gli stranieri 267 (il 51% dei presenti), più della metà. Si registra, quindi, un preoccupante ricorso al collocamento massiccio in IPM nonostante, nel tempo, si volesse rendere il ruolo di questi ultimi sempre più marginale, anche attraverso la riforma del processo minorile.

Se è vero che nel 2022 tale aumento andava attribuito all’uscita dalla pandemia da Covid-19 – che aveva portato con sé un significativo calo delle presenze – l’incremento registrato nel corso del 2023, che sembra in corso anche nel 2024, risulta maggiore anche delle presenze medie di cui al periodo compreso tra il 2016 e il 2018. Numeri di questo tipo si erano registrati tra il 2009 e il 2012, ma da allora si era riscontrato un trend al ribasso, tanto che si riuscì ad estendere la permanenza in IPM ai giovani adulti che non avessero ancora compiuto 25 anni (anziché 21 come previsto antecedentemente alla riforma del 2014). Nonostante in tal modo la platea dei potenziali ragazzi detenuti in IPM sarebbe potuta aumentare considerevolmente, di fatto le presenze, pur crescendo, non hanno mai raggiunto dei numeri così elevati.

Questi effetti sono anche riscontrati a seguito dell’entrata in vigore nel settembre 2023 del c.d. Decreto Caivano. Non bisogna poi dimenticare che le presenze nelle carceri minorili sarebbero ancora più elevate se non fosse costante la prassi di trasferire in maniera consistente giovani appena maggiorenni negli istituti penitenziari per adulti, indicativa del fallimento del tentativo di garantire anche ai giovani fino ai 25 anni le opportunità e le risorse che sono a disposizione del sistema della giustizia minorile. Nel 2022 sono stati 95 i ragazzi e le ragazze trasferiti, per il 58,9% italiani e per il 41,1% stranieri. Nel 2023 sono stati 122, per il 63,9% italiani e per il 36,1% stranieri. Nella prospettiva del Decreto Caivano questa tendenza al trasferimento verso gli istituti per adulti risponde ad un’esigenza di sicurezza interna agli IPM. Sembra, invece, che si prediliga un’idea di allontanamento del problema come strada più semplice da percorrere.

Anche il dato relativo agli ingressi in IPM consente di comprendere in maniera più chiara il fenomeno. Nel periodo compreso tra il 2007 e il 2020 il numero dei ragazzi in ingresso è andato calando; con la fine della pandemia si è avvertita una tendenza contraria registrandosi un tasso di crescita particolarmente repentino, ancor prima che entrasse in vigore il Decreto Caivano, che ha poi sostanzialmente aggravato questo trend. Fino al 15 settembre 2023 sono stati registrati 1.231 ingressi, una media di 4,8 al giorno. Dal 15 settembre, giorno dell’entrata in vigore del Decreto Caivano, fino al 31 dicembre, si sono registrati 576 ingressi in 108 giorni, con una media dunque di 5,25 ingressi al giorno. Non si può negare la notevole incidenza delle nuove misure su tale tasso di crescita.

Per quanto riguarda le caratteristiche dei ragazzi reclusi in IPM, principalmente si tratta di ragazzi stranieri, la maggior parte dei quali proviene da Tunisia (12,3%), Marocco (10,6%) ed Egitto (10,4%). Le provenienze dei ragazzi reclusi rappresentano un dato piuttosto costante nel corso del tempo. Guardando ad altri profili, invece, si riscontrano oggi delle discrepanze rispetto al passato. Al 15 gennaio 2024, guardando all’età dei ragazzi detenuti, i minorenni sono la maggioranza, in particolare il 57,7% dei presenti, soprattutto tra le ragazze (61,5%) e tra gli stranieri (64,2%). Proprio questa maggiore presenza di minori rappresenta una novità di non poco conto poiché in passato erano i ragazzi e le ragazze maggiorenni a rappresentare la maggioranza (il 58,5% al 15 gennaio 2022 e il 57,6% al 15 gennaio 2020).

Quanto alla loro posizione giuridica, i ragazzi detenuti in IPM senza una sentenza definitiva sono la maggioranza, il 68,5% del totale dei presenti e, addirittura, l’88,8% tra i minorenni e il 75,6% tra gli stranieri. In prima battuta, il dato si presenta come particolarmente allarmante, anche guardando al medesimo dato negli istituti penitenziari per adulti (ove le persone senza una condanna definitiva sono circa il 30%). In verità gli IPM dovrebbero rappresentare una tappa di passaggio dell’intero percorso dei ragazzi all’interno del circuito penale che si auspica venga svolto principalmente sul territorio e nelle comunità. Proprio in considerazione della circostanza che è altamente probabile che non si termini di scontare la propria pena in IPM, è più frequente che all’interno di tali istituti si trovino ragazzi all’inizio del percorso anziché già nella fase esecutiva.

Passiamo ora ad analizzare i delitti a carico delle persone entrate in IPM. I reati più frequenti sono quelli contro il patrimonio, pari al 55,2% del totale dei reati a carico di coloro che sono entrati in IPM nel corso del 2023, il 63,9% guardando ai soli stranieri e il 70,2% se si guarda alle sole donne. Nell’ambito di tale categoria di reati, il più frequente è la rapina, pari al 30,5% del totale dei reati, seguito dal furto, con un peso pari al 15,1%. Interessante rilevare come, al netto di un confronto tra i delitti a carico delle persone entrate in IPM nel corso del 2022 e del 2023, la crescita maggiore si registra per le violazioni della legge sugli stupefacenti, che sono aumentate del 37,4%.

Tirando le fila di quanto sino ad ora rilevato, si evince facilmente come l’aumento significativo delle presenze riscontrato nell’ultimo anno è legato, da un lato, all’aumento di ragazzi in custodia cautelare e, dall’altro, a un incremento di violazioni legate al testo unico sugli stupefacenti. Il Decreto Caivano facilita l’ingresso in carcere proprio di minori e giovani adulti a seguito di applicazione della misura della custodia cautelare e prevede, altresì, un innalzamento di pena per lo spaccio di lieve entità. In tale prospettiva, le presenze in IPM sono destinate ad aumentare ancora.

Restando sempre nell’ambito degli ingressi in IPM, se è vero che il 79,3% del totale avviene in misura cautelare, è altresì vero che tale percentuale aumenta ancora se si guarda ai soli stranieri (82,9%). La maggior parte di coloro che arrivano in IPM in custodia cautelare (35%) proviene dalle comunità a seguito di aggravamento della misura (dato che sale al 44% se si guarda ai soli italiani). Gli stranieri, invece, provengono prevalentemente dai Centri di Prima Accoglienza (41%), vale a dire quelle strutture ove si trovano i minori fermati, accompagnati o arrestati in flagranza di reato in attesa dell’udienza di convalida per un tempo massimo di novantasei ore. In applicazione di una misura cautelare per chi proviene dalla libertà, infine, vi sono il 25% delle persone che entrano in IPM. Ciò che emerge da questa analisi è come anche la nazionalità rappresenti un criterio selettivo rispetto all’accesso in IPM quando ci si trovi nella fase cautelare. In linea generale, il percorso di accesso, vale a dire l’ingresso in CPA a seguito di fermo o arresto, la convalida di questo e l’applicazione di una misura cautelare, è più comune per gli stranieri, mentre gli italiani entrano più spesso in IPM dalle comunità per aggravamento della misura.

Guardando a coloro che escono dagli IPM mentre stanno scontando una pena, solo il 31% è rappresentato da chi ha terminato di scontarla, il che conferma la circostanza che si tende a non concludere il proprio percorso all’interno degli IPM. Più elevata la percentuale di coloro che escono per scontare la propria pena fuori dal carcere, soprattutto in detenzione domiciliare (38%) e in affidamento in prova al servizio sociale (27%). Anche qui, tuttavia, non può non rilevarsi un aspetto preoccupante. Nel corso del 2022 i ragazzi e le ragazze usciti dagli IPM a fine pena erano il 25,5% mentre le persone in detenzione domiciliare il 29,9%, così come 29,9% era la percentuale registrata per i ragazzi usciti in affidamento. Raffrontando tali dati con quelli del 2023 si evince come, seppur l’uscita dagli IPM per fine pena resta un dato residuale, indicatore positivo del nostro impianto di giustizia minorile, al contempo è un dato in aumento che denota un restringimento nell’accesso alle misure alternative alla detenzione.

L’Osservatorio di Antigone sulle condizioni di detenzione ha, inoltre, rilevato un progressivo peggioramento delle condizioni di vita all’interno degli IPM. Sotto tale profilo, di particolare interesse una prassi che coinvolge soprattutto i giovani stranieri, molti dei quali minori non accompagnati. Spesso, configurandosi come ragazzi che presentano un difficile vissuto, arrivano in istituto con un passato di dipendenze da alcool o sostanze ovvero con presenza di disturbi mentali. Sotto tale profilo, si rileva un massiccio ricorso agli psicofarmaci per cercare di gestire il problema, invece di immaginare dei percorsi che consentano di sostenere in maniera adeguata questi ragazzi. In aggiunta a questo, si nota una frequente rotazione tra istituti, tendenzialmente da Nord a Sud, secondo un meccanismo che prevede il costante spostamento dei ragazzi problematici in modo da eliminare il problema alla radice. I ragazzi stranieri rappresentano circa la metà dei presenti in carcere, che si spiega con la maggiore difficoltà di accesso alle alternative previste dalla legge, con conseguente maggiore difficoltà di adattamento e diffusione di malessere e malcontento. Proprio la condizione di profonda consapevolezza che sembra sussistere verso il vissuto problematico dei ragazzi dovrebbe, invece, spingere verso modelli di sostegno più efficaci reprimendo le tentazioni punitive. In questo senso, prezioso l’eccellente lavoro svolto dagli operatori – direttori, educatori, poliziotti, medici, mediatori, cappellani – che vivono il loro ruolo cercando di fare il possibile con i mezzi a loro disposizione.

Preme rilevare, infine, un ulteriore elemento che desta non poca preoccupazione. Nella Relazione che ha accompagnato l’inaugurazione dell’anno giudiziario lo scorso 25 gennaio, si citano le notevoli difficoltà legate all’inserimento in comunità dei ragazzi minorenni affetti da problemi di tipo psichico o tossicodipendenti. L’amministrazione afferma che si andranno a sperimentare – in Campania, Lazio e Lombardia – delle nuove tipologie di strutture residenziali di tipo terapeutico ad alta intensità il cui fine sarà quello di accogliere i giovani portatori di grave disagio “psico-sociale”. Il timore è che si possano ricomprendere in tale categoria un’ampia tipologia di ragazzi portatori di varie tipologie di disagio che richiederebbero un trattamento di tipo specializzato. Anche il disagio di natura strettamente sociale potrebbe essere così trattato attraverso il ricorso ai canali sanitari e farmacologici. Allo stesso modo, l’allontanamento dalla collettività dei portatori di un disagio di tipo psichico potrebbe essere maggiormente lesivo in quanto i soggetti affetti da diverse patologie si troverebbero ad essere ancora più marginalizzati. Occorre porre grande attenzione a queste nuove sperimentazioni al fine di non vedere del tutto azzerate le conquiste raggiunte negli anni.