Le politiche statali per la non autosufficenza


Luigi Colombini | 25 Marzo 2020

La prima risposta statale alla non autosufficienza

Con la legge 328/2000 è stato finalmente definito il Sistema Integrato del Servizi Sociali, dopo ventitré anni dal DPR n. 616/77, che l’aveva preconizzata; nel quadro dell’offerta degli interventi e dei servizi sociali rivolti a tutti i cittadini, ha disposto in particolare all’art. 14 che nell’ambito del Fondo nazionale per le politiche sociali, venisse determinata una quota da riservare a favore delle persone anziane non autosufficienti, per favorirne l’autonomia e sostenere il nucleo familiare nell’assistenza domiciliare alle persone anziane che ne facessero richiesta. All’art. 15 sono specificate in maniera chiara le modalità per lo svolgimento del sostegno domiciliare per le persone anziane non autosufficienti, con riferimento alla ripartizione dei finanziamenti in base a criteri ponderati per quantità di popolazione, classi di età e incidenza degli anziani, valutando altresì la posizione delle regioni e delle province autonome in rapporto ad indicatori nazionali di non autosufficienza e di reddito.

 

Nella prospettiva di determinare un quadro di sistema, una quota di finanziamenti sarebbe stata destinata ad investimenti e progetti integrati tra assistenza e sanità, realizzati in rete con azioni e programmi coordinati tra soggetti pubblici e privati, volti a sostenere e a favorire l’autonomia delle persone anziane e la loro permanenza nell’ambiente familiare. Con l’obiettivo del potenziamento delle attività di assistenza domiciliare integrata.

A completamento di un’azione complessiva, volta a gettare le basi per un’adeguata politica sociosanitaria nei confronti delle persone non autosufficienti, si richiama altresì il DPR 3.5.01 – Piano nazionale degli interventi e dei servizi sociali 2001-2003 (G.U. n. 181 del 6.8.01, s.o).

In particolare, nel contesto di tale provvedimento, sono stati indicati gli obiettivi di priorità sociale, e fra questi l’obiettivo n. 4: Sostenere con servizi domiciliari le persone non autosufficienti (in particolare gli anziani e le gravi disabilità).

Le azioni da perseguire sono state individuate nelle seguenti:

  • favorire la permanenza a domicilio, o l’inserimento presso famiglie, persone o strutture comunitarie di accoglienza di tipo familiare, di persone anziane con problemi di non autosufficienza, sostenendone l’autonomia e limitando quanto più possibile il ricorso all’istituzionalizzazione;
  • sostenere nuclei familiari nelle responsabilità di cura domiciliare di persone anziani non autosufficienti, in particolare quelle gravi.

 

Il fondo per le non autosufficienze

In occasione della legge finanziaria 2007, si è determinata la costituzione di specifici Fondi aggiuntivi nazionali rispetto al Fondo Nazionale per le Politiche Sociali, avuto riguardo a specifiche aree di intervento (famiglia; persone non autosufficienti; giovani), da ripartire fra le Regioni, e da intendere quale co-finanziamento per lo svolgimento delle attività rivolte alle suddette aree di intervento.

In particolare all’articolo 1, comma 1264, della Legge 6 dicembre 2006 n. 296 “Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (Legge finanziaria 2007)”, al fine di garantire l’attuazione dei livelli essenziali delle prestazioni assistenziali su tutto il territorio nazionale, con particolare riguardo alle persone non autosufficienti, è stato istituito, presso il Ministero della Solidarietà Sociale, il fondo denominato “Fondo per le non autosufficienze”.

L’andamento della spesa, che è partita da 99 mln di euro nel 2007, è pervenuta a 299 mln di euro nel 2008, a 399 mln di euro del 2009 e a 380 mln di euro 2010.

Nel 2011 il Fondo non è stato più rifinanziato, a parte uno specifico provvedimento riferito alla realizzazione di interventi per la SLA (Sindrome Laterale Amitrofica), di 100 mln.) così pure nel 2012.

I finanziamenti sono ripresi nel 2013, con 275 mln, nel 2014 con 359 mln, nel 2015 e nel 2016 con 400 mln, nel 2017 con 463,6 mln, nel 2018 con 462; 573,2 mln 2019, 571 mln nel 2020 e 568,9 mln 2021.

 

Andamento del finanziamento del fondo per le non autosufficienze

I criteri funzionali e operativi: un andamento progrediente

Avuto riguardo alla determinazione dei criteri per l’utilizzazione del Fondo da parte delle Regioni, sottolineando per inciso che la istituzione dei vari fondi, sopra richiamati, ha portato ad una ripresa della funzione statale di indirizzo e coordinamento, nel corso degli anni si rileva un andamento della stessa da cui si riscontra una azione continua di affinamento e di definizione in progressione di ulteriori ambiti di intervento funzionali ed operativi, che portano alla costruzione di uno specifico sistema dedicato alla non autosufficienza.

Un’analisi dei vari criteri, con l’obbligo preliminare di riservare le risorse alla prestazione assistenziale, escludendo il loro utilizzo per le prestazioni sanitarie, porta alla seguente individuazione, riferita a ciascun anno:

  • Nel 2007 è stato individuato il Punto Unico di Accesso (PUA) quale primo riferimento operativo per l’accoglimento delle richieste e la definizione della risposta, agevolando e semplificando l’’informazione e l’accesso ai servizi socio-sanitari; l’attivazione di modalità di presa in carico della persona non autosufficiente attraverso un piano individualizzato di assistenza; l’attivazione o il rafforzamento di servizi socio-sanitari e socio-assistenziali con riferimento prioritario alla domiciliarità.
  • Nel 2010 vengono definite le aree prioritarie di intervento riconducibili ai livelli essenziali delle prestazioni, nelle more della determinazione del costo e del fabbisogno standard ai sensi dell’articolo 2, comma 2, lettera f), della legge 5 maggio 2009, n. 42 (peraltro non ancora definiti, anche se preannunciati dall’attuale Governo fra i punti programmatici): attivazione o rafforzamento della rete territoriale ed extra-ospedaliera di offerta di interventi e servizi per la presa in carico personalizzata delle persone non autosufficienti, favorendo la permanenza a domicilio e in ogni caso l’appropriatezza dell’intervento, e con la programmazione degli interventi sociali integrata con la programmazione sanitaria; attivazione o rafforzamento del supporto alla persona non autosufficiente e alla sua famiglia anche attraverso l’incremento delle ore di assistenza tutelare e/ o l’incremento delle persone prese in carico sul territorio regionale. Viene introdotta la possibilità di trasferimenti monetari condizionati all’acquisto di servizi di cura e assistenza o alla fornitura diretta degli stessi da parte di familiari e vicinato sulla base di un progetto personalizzato e in tal senso monitorati.
  • Nel 2013 viene introdotta l’implementazione di modalità di valutazione della non autosufficienza attraverso unità multiprofessionali UVM, in cui siano presenti le componenti clinica e sociale, utilizzando le scale già in essere presso le Regioni, tenendo anche conto, ai fini della valutazione bio-psico-sociale delle condizioni di bisogno, della situazione economica e dei supporti fornitili dalla famiglia o da chi ne fa le veci. Viene altresì individuata la previsione di un supporto alla persona non autosufficiente e alla sua famiglia eventualmente anche con interventi complementari all’assistenza domiciliare, a partire dai ricoveri di sollievo in strutture sociosanitarie, nella misura in cui gli stessi siano effettivamente complementari al percorso domiciliare, assumendo l’onere della quota sociale e di altre azioni di supporto individuate nel progetto personalizzato. Inoltre viene introdotta la definizione e il trattamento della disabilità gravissima (a cui destinare il 30% del fondo) e la organizzazione dell’integrazione socio-sanitaria negli ambiti territoriali di programmazione omogenei per il comparto sanitario e sociale, prevedendo che gli ambiti sociali intercomunali di cui all’art. 8 della legge 8 novembre 2000, n. 328, trovino coincidenza per le attività di programmazione ed erogazione integrata degli interventi con le delimitazioni territoriali dei distretti sanitari ambiti sociali.
  • Nel 2014 vengono aggiunti i Progetti sperimentali in materia di vita indipendente, finanziando per 10.000.000 di euro, azioni di natura sperimentale volte all’attuazione del Programma di azione biennale per la promozione dei diritti e l’integrazione delle persone con disabilità adottato con DPR 4 ottobre 2013, relativamente alla linea di attività n. 3, «Politiche, servizi e modelli organizzativi per la vita indipendente e l’inclusione nella società».
  • Nel 2016, nel contesto delle politiche sociali già avviate sia dalla legge 285/97, sia dalla legge n.328/2000, e a distanza di circa dieci anni dall’istituzione del Fondo per le non autosufficienze, viene ulteriormente ripresa la citata funzione di indirizzo e coordinamento che lo Stato, anche in relazione alla necessaria determinazione dei livelli essenziali per l’esercizio dei diritti civili e sociali (art 117 Co), deve garantire nell’intero territorio nazionale, con atti legislativi adeguati. In effetti sono indicate – a distanza di quindici anni dal Piano Nazionale integrato dei servizi sociali (maggio 2001) – linee guida di intervento a cui le Regioni e gli Enti competenti nella programmazione e gestione dei servizi sanitari, sociosanitari ed assistenziali debbono attenersi. In particolare viene evidenziata l’azione di empowerment e di resilienza che coinvolge sia la persona non autosufficiente, sia la sua famiglia, con la proposizione di servizi di domiciliarità, di trasferimenti monetari mirati sulla base del piano personalizzato, e dei ricoveri di sollievo. Sono altresì indicati specifici strumenti di rilevazione del bisogno, che accentuano una azione di indirizzo e coordinamento atta a superare una frammentazione di azioni in tale delicato contesto. Di assoluto rilievo gli aspetti relativi all’integrazione sociosanitaria e l’impegno a definire il Piano per la non autosufficienza.
  • Nel 2019, con il Decreto del Presidente del Consiglio di Ministri del 21 novembre 2019, viene adottato il Piano nazionale per la non autosufficienza e ripartito il Fondo per le non autosufficienze del triennio 2019-2021, così che viene strutturato l’intero complesso degli interventi e dei servizi dedicati alle persone non autosufficienti, individuato nei seguenti aspetti:
  1. il quadro di contesto e le modalità di attuazione dell’integrazione socio-sanitaria;
  2. le modalità di individuazione dei beneficiari;
  3. la descrizione degli interventi e dei servizi programmati, e, in particolare, le caratteristiche dell’assegno di cura e per l’autonomia in favore delle persone con disabilità gravissima previsto nel Piano;
  4. la programmazione delle risorse finanziarie;
  5. le modalità di monitoraggio degli interventi;
  6. le risorse e gli ambiti territoriali coinvolti nell’implementazione delle «Linee di indirizzo per Progetti di vita indipendente.

Osservazioni

Il Piano nazionale per la non autosufficienza costituisce la conclusione di un lungo processo di riflessioni sul ruolo dello Stato in ordine alla funzione propria di indirizzo e coordinamento, reso problematico dalla legge costituzionale n.3/2001, ruolo comunque ripreso in relazione alla propria potestà di erogazione dei fondi e di titolarità a definirne i criteri e le modalità di riparto, anche in relazione alla legge 328/2000.

Il Piano e il relativo finanziamento triennale costituiscono un valido impegno per inquadrare la non autosufficienza in politiche di sistema (come rilevato dalla Regione Lombardia) e quindi uscire dalla estemporaneità che ha caratterizzato in fondo per le non autosufficienze negli anni trascorsi.

Nel contesto del provvedimento si conferma pertanto l’impegno a garantire l’attuazione dei livelli essenziali delle prestazioni assistenziali da garantire su tutto il territorio nazionale con riguardo alle persone non autosufficienti, già individuato nella legge istitutiva del Fondo nazionale per le non autosufficienze.

Il Piano costituisce l’atto di programmazione nazionale delle risorse afferenti al Fondo per le non autosufficienze e individua lo sviluppo degli interventi e dei servizi che devono essere realizzati sull’intero territorio nazionale.

Vengono fatti obblighi alle Regioni di elaborare specifici Piani regionali per la non autosufficienza, secondo l’osservanza di termini perentori di elaborazione ed approvazione; viene coinvolto in tale processo il Terzo settore, e le organizzazioni di rappresentanza delle persone con disabilità; viene introdotto nel contesto della non autosufficienza, la presenza della disabilità gravissima, nonché le modalità di attuazione di progetti di vita indipendente.

Particolare rilievo è dato alla figura del care-giver ed alla formulazione del progetto personalizzato (su cui varie Regioni hanno già emanato specifiche norme (Campania, Emilia Romagna, Friuli V.G.). Va rilevata l’assoluta importanza della Conferenza unificata in sede di concertazione e definizione delle linee di indirizzo e coordinamento. Di assoluto rilievo infine la constatazione degli enormi dislivelli di trattamento fra le Regioni.

 

Come per il Piano Sociale Nazionale, l’osservanza dei tempi di attuazione del Piano pone complessi problemi di governance, che coinvolge non solo le Regioni, ma anche gli ambiti territoriali, indicati peraltro in maniera generica e non individuati come entità giuridiche, stante la inderogabilità delle autonomie comunali a scegliere la soluzione più opportuna per la loro configurazione amministrativa (convenzione, accordo di programma, unione di comuni, consorzio), per la collocazione ed il potenziamento dell’Ufficio di Piano, sede strategica per la definizione dei Piani per la non autosufficienza, inseriti nel contesto dei Piani di zona, e per l’individuazione dei punti di accesso, di accoglimento e di intercettazione del bisogno assistenziale1.

  1. Su questo tema vedi anche l’articolo pubblicato su LombardiaSociale.it il 27.02.2020