Pensioni di vecchiaia e anzianità

Italia e altri Paesi europei


Roberto Artoni | 20 Aprile 2023

In queste note ci soffermiamo sulle pensioni di vecchiaia e di anzianità. Le erogazioni a questo titolo sono la struttura portante di tutti i sistemi di protezione sociale sia per le dimensioni macroeconomiche, sia per la rilevanza del patto intergenerazionale alla base dei sistemi pensionistici.1

Analizzeremo le caratteristiche delle pensioni vigenti in Italia sotto tre profili: in una dimensione comparata, in questo scritto, paragoneremo il nostro sistema pensionistico con quello vigente in alcuni significativi paesi europei. Esamineremo in un secondo articolo la distribuzione dei benefici per classi di reddito. Infine, utilizzando le proiezioni elaborate a livello governativo, delineeremo le prospettive per i prossimi anni.

Le dimensioni macroeconomiche delle pensioni di vecchiaia e di anzianità

Pensioni al lordo delle imposte

Nelle stime di Eurostat le pensioni di vecchiaia e anzianità nel 2019 (ultimo anno per cui sono disponibili dati comparati) sono state in Italia pari al 12,8% del PIL, un livello assimilabile a quello della Francia, ma sensibilmente superiore a quello registrato in Germania, Spagna e Svezia, dove le erogazioni non raggiungono il 10%. (Tutti i dati commentati in questo paragrafo sono esposti nelle tabb. 1-3).

Tab. 1: Spese per  vecchiaia, invalidità, superstiti nel 2019 – 8% PIL
Fonte: Eurostat
  Italia Germania Francia Spagna Svezia
Benefici sociali lordi 28,3 28,9 31,3 23,7 27,2
Vecchiaia 13,9 9,4 12,6 9,9 12
Superstiti 2,6 1,7 1,6 2,2 0,3
Invalidità 1,6 2,5 2 1,6 2,6
Ivs 18,1 13,6 16,2 13,7 14,9
Altre funzioni 10,2 15,3 15,1 10 12,3
 
Benefici sociali netti 24,5 26,1 29,4 22,2 24,0
Vecchiaia 11,0 7,8 11,2 8,9 9,9
Superstiti 2,1 1,5 1,5 2,2 0,2
Invalidità 1,6 2,4 2 1,6 2,4
Ivs 14,7 11,7 14,7 12,7 12,5
Altre funzioni 9,8 14,4 14,7 9,5 11,5
 
Pensioni  lordo          
Vecchiaia 12,8 9,4 12,1 9,2 9,7
Superstiti 2,5 1,7 1,5 2,3 0,2
Invalidità 0,6 0,8 1,1 1,3 0,8
Ivs 15,9 11,9 14,7 12,8 10,7
Correzione vecchiaia -0,6        
 
Pensioni netto          
Vecchiaia 9,9 7,8 10,7 8,2 7,6
Superstiti 2,0 1,5 1,4 2,3 0,1
Invalidità 0,6 0,7 1,1 1,3 0,6
Ivs 12,5 10,0 13,2 11,8 8,3
Correzione vecchiaia -0,6        
 
Differenza lordo/netto          
Vecchiaia 2,9 1,6 1,4 1 2,1
Superstiti 0,5 0,2 0,1 0 0,1
Invalidità 0 0,1 0 0 0,2
Ivs 0,4 0,9 0,4 0,5 0,8
Tab. 2: Dati demografici del 2019
Fonte: Eurostat
% Popolazione >65 22,9 21,5 20 19,4 19,9
A rischio povertà 65 +, totale uomini 13 16 10 14 11
donne 19 20 9 15 19
Tab. 3: Spese per la protezione sociale al netto di IVS nel 2019 (% PIL)
Fonte: Eurosat
Disoccupazione 1,6 0,9 1,9 1,7 0,8
Famiglia 1,1 3,3 2,3 1,3 2,9
Casa 0,1 0,5 0,7 0,1 0,4
Malattia 6,4 10,3 9 6,5 7,5
Esclusione sociale 1,0 0,2 1,2 0,2 0,7
Totale 10,2 15,2 15,1 9,8 12,3

I dati cui abbiamo fatto riferimento, anche se ampiamente utilizzati nei confronti internazionali, devono essere interpretati al fine di valutarne la comparabilità.

Pensioni al netto delle imposte

Le pensioni sono in generale assoggettate ad imposizione personale secondo modalità non omogenee nei diversi paesi. Eurostat fornisce sia le stime dell’incidenza del prelevo fiscale ripartito fra le diverse funzioni della protezione sociale, sia l’ammontare della spesa pensionistica in senso stretto al lordo delle imposte.

Per la funzione old age, all’interno della quali le pensioni di vecchiaia e anzianità costituiscono la componente dominante, il prelievo fiscale è particolarmente elevato in Italia, Germania e Svezia, mentre è più contenuto in Francia e Spagna. In Italia la spesa old age al netto delle imposte è pari all’11% del pil (contro il 13,9 al lordo): il prelievo fiscale corrisponde dunque al 2,9% del PIL.

Se attribuiamo, come appare ragionevole, tutto il prelievo fiscale afferente a questa funzione alle erogazioni pensionistiche (ipotizzando non tassate le prestazioni in natura o quelle strettamente assistenziali rientranti in questa funzione), la spesa netta per pensioni ammonta al 9,9%, contro il 12,8 al lordo. Se ripetiamo lo stesso esercizio per gli altri paesi qui considerati, i divari di spesa si attenuano, pur permanendo. La Francia è il paese con la spesa più elevata, vicina all’11%, mentre sono intorno all’8% negli altri tre paesi.

A integrazione delle stime di Eurostat da noi elaborate, la RGS individua nella Pension Expenditure, cui abbiamo fatto riferimento, alcune voci che non dovrebbero essere inserite nel calcolo delle pensioni di vecchiaia e anzianità erogate, trattandosi di prestazioni assistenziali.  Queste voci ammontano a 0,6 del PIL portano le pensioni nette di vecchiaia e anzianità erogate in Italia al 9,3%2.

Il passaggio dai benefici lordi a quelli netti è un primo elemento, che in sede di comparazione, dovrebbe permettere di giudicare della funzionalità a livello macroeconomico di un sistema pensionistico. In termini comparati, ad una prima valutazione, la spesa per pensioni dovrebbe essere allineata a quello vigente in paesi assimilabili per struttura economica e sociale. Si deve comunque sottolineare che la comparazione deve essere condotta in termini di benefici netti, data la funzione dei sistemi di pensionistici di garantire un tenore di vita adeguato, prima di ogni valutazione della distribuzione dei benefici, a chi ha cessato l’attività lavorativa. 

La struttura demografica

L’analisi comparata deve essere integrata da altre considerazioni attinenti in particolare alla struttura demografica del paese considerato e alle regole di accesso al pensionamento. Nel 2019 la quota d popolazione di età superiore ai 65 anni era pari al 22,9% in Italia, al 22% in Germania e intorno al 20% negli altri paesi qui considerati. Si tratta evidentemente di un fattore che influisce sul livello relativo delle prestazioni, gonfiando il dato italiano.  Se si tiene presente che per una spesa pensionistica netta intorno al 10% del PIL e una quota di popolazione ultra sessantacinquenne al 20%, un aumento di un punto percentuale degli anziani implica un incremento della spesa pensionistica di mezzo punto percentuale di PIL, possiamo dare ragione di buona parte della differenza di spesa fra l’Italia e gli altri paesi, ad esclusione della Francia.

L’età di pensionamento è un ulteriore fattore che influenza le dimensioni della spesa per le pensioni di vecchiaia. In quasi tutti i paesi sono state adottate politiche che hanno spostato, con effetti non ancora pienamente manifestati, in avanti la cessazione dell’attività lavorativa. Per valutare la situazione esistente prima dell’esplosione della pandemia, è utile fare riferimento a un indicatore elaborato dall’OECD. For a full time career starting at the age of 22 di sesso maschile il normal retirement age era intorno a 64 anni in Italia, Germania e Svezia nel biennio 2019-2020 e a meno di 63 anni in Francia con dati peraltro fermi al 2015.

Da questa prima sommaria analisi emerge che la Francia è il paese ad elevata spesa netta in termini comparati, seguita dall’Italia. Tre paesi (Germania, Svezia e Spagna) si collocano al livello più basso, circa due punti meno del nostro Paese. Se si tiene conto della diversa struttura demografica, le differenze fra l’Italia e i tre paesi si riducono a meno di un punto di PIL.

Torneremo sull’interpretazione di questi risultati, aggiungendo solo ulteriori note di cautela. I rapporti al PIL riflettono sia gli assetti normativi che governano il sistema di protezione sociale, sia l’evoluzione macroeconomica. Da questo punto di vista l’Italia è stata caratterizzata negli ultimi trent’anni da tassi di crescita sensibilmente inferiori a quelli medi dell’Unione Europea. Per gli effetti inerziali impliciti nei sistemi di protezione sociale, riconducibili alla definizione delle prestazioni anche sulla base di contesti economici lontani nel tempo, si può manifestare una crescita relativa delle erogazioni nei paesi che hanno attraversato periodi di declino.

Un’ulteriore osservazione riguarda l’universalità del sistema pensionistico. Nei paesi europei qui considerati, si può ritenere che, con un’eccezione, il sistema pensionistico obbligatorio copra tutti i lavoratori, pubblici e privati, dipendenti e autonomi. L’eccezione riguarda la Germania, dove come abbiamo visto il livello relativo delle erogazioni pensionistiche è particolarmente contenuto. Come si legge nelle Pension Policy Notes dell’OECD riferite alla Germania, in questo paese solo il 10% dei lavoratori autonomi deve aderire al sistema pubblico, cui si aggiunge un ulteriore 25 % di iscritti a fondi occupazionali. Se si tiene presente che in Germania i self-employed erano nel 2020 3 milioni (contro i 4,2 dell’Italia) si ha una prima indicazione dell’esigenza di effettuare con la dovuta cautela i confronti internazionali.

Superstiti e invalidità

In genere, le pensioni di vecchiaia sono associate a quelle destinate ai superstiti e a quelle d’invalidità. Per questa via si definisce l’ammontare complessivo delle prestazioni in denaro sotto forma di pensioni e rendite (escludendo solo le prestazioni assistenziali e le rendite indennitarie).

Le pensioni per superstiti sono in Italia pari al 2,5 e al 2,0 del PIL, al lordo e al netto delle imposte). Sono all’1,5% al lordo in Francia e Germania, con prelievi fiscali molto limitati. Sono invece sostanzialmente inesistenti in Svezia (0,3% del pil), facendo sorgere qualche dubbio sull’omogeneità dei criteri di classificazione.

Le pensioni d’invalidità, a loro volta, sono al livello minino in Italia, 0,6% del pil, e in media all’1% negli altri paesi.

Con l’eccezione della Svezia, pensioni ai superstiti e d’invalidità si collocano, al netto delle imposte, fra il 2,6 di Italia, Francia e Spagna e il 2,2 della Germania. Al netto delle imposte le spese per IVS vanno fra il 13 delle Francia, il 12,5 dell’Italia e il 10 della Germania, mentre la Svezia sempre limitare all’8% le erogazioni a questo titolo. Le considerazioni appena fatte sull’estensione della copertura pensionistica obbligatoria e sulla diversa struttura demografica attenuano significativamente le differenze fra i diversi paesi; in particolare, l’anomalia italiana, cui spesso si fa riferimento, è in larga misura ridimensionata dai dati riferiti al 2019.

L’adeguatezza del sistema pensionistico

La pubblicazione di Eurostat, Adequacy of the Pension System, permette d’integrare i dati macroeconomici cui abbiamo fatto fin qui riferimento con altri indicatori che dovrebbero permettere di valutare la funzionalità distributiva ed equitativa di un sistema pensionistico.

Una prima indicazione riguarda la capacità del sistema pensionistico di proteggere dalla povertà la popolazione anziana. I dati tratti dal rapporto di Eurostat dimostrano che il rischio di povertà (dove la soglia è posta al 60% del reddito medio equivalente dell’intera popolazione), è più bassa per gli uomini che per le donne. Per gli uomini si colloca fra il 9% della Francia e il 13% dell’Italia, con la Svezia e in una posizione intermedia: è al contrario relativamente elevata in Germania e Spagna, al 16%. L’indice riferito alle donne, con l’eccezione della Francia al 10%, è vicino al 20% in tutti gli altri paesi. La differenza è particolarmente elevata in Svezia, dove, come abbiamo visto, le pensioni destinate ai superstiti sono quasi inesistenti.  Tutto ciò fa pensare che in questo paese il sostegno alle donne anziane vedove sia classificato in altra funzione della protezione sociale.

Germania e Svezia si segnalano poi per l’introduzione di importanti meccanismi, su base occupazionale o volontaria, di pensioni esterne al perimetro pubblico, anche se fiscalmente agevolate. Il sistema privatistico a capitalizzazione ha raggiunto una certa maturità in Svezia, dove queste erogazioni sono state pari nel 2019 al 28% del reddito pensionistico complessivo.

I piani di accumulazione sono ancora in fase di maturazione in Germania; nei dati da noi esaminati non sono infatti compresi le erogazioni di queste natura. Il sistema pensionistico tedesco è comunque oggetto di un’analisi critica nelle Policy Notes dell’OECD. Il basso livello di erogazioni, rispetto alla media dei paesi europei, pur tenendo presente che il sistema pubblico copre parzialmente i lavoratori autonomi, è anche il frutto di scelte politiche che nel corso degli anni hanno ridotto la portata del sistema pubblico. Per limitare gli effetti dell’invecchiamento della popolazione sulla spesa pensionistica sono stati introdotti in particolare meccanismi automatici che abbassano la pensione quando diminuisce il rapporto fra lavoratori attivi e pensionati.

A compensazione sono stati varati i piani volontari di accumulazione attualmente poco attraenti, come si legge nel documento dell’OECD, per il basso livello dei rendimenti finanziari. Inoltre i lavoratori a basso reddito, o precari o part time, hanno ovvie difficoltà nel contribuire al finanziamento dei piani.

Nella vicenda tedesca si manifesta uno dei corni del dilemma che tocca tutti i sistemi pensionistici. Da un lato, le pensioni possono assorbire una quota eccessiva delle risorse prodotte; dall’altro, i provvedimenti di raffreddamento della dinamica delle erogazioni possono comportare nel giro di pochi anni problemi sociali rilevanti. Negli ultimi anni in tutti i paesi gli interventi legislativi sono stati indirizzati al controllo dell’espansione della spesa pensionistica; nel periodo più recente l’attenzione sembra essersi spostata sui problemi che nel medio o lungo periodo potranno essere creati da politiche eccessivamente restrittive.

Infine, si deve ricordare fatto che in tutti i paesi esistono meccanismi di calcolo delle pensioni che privilegiano alcune categorie, con effetti non sempre giustificati sul disegno equitativo complessivo del sistema pensionistico. Nelle elaborazioni di Eurostat il rapporto fra la pensione media destinata ai beneficiari appartenenti al quintile più elevato e quella percepita dal quintile più basso si colloca fra quattro e cinque nei paesi da noi considerati.  È evidente che il controllo della spesa pensionistica può passare sia da interventi indiscriminati di riduzione delle prestazioni, sia da interventi mirati alla riduzione delle disuguaglianze fra i trattamenti. Sotto questo aspetto si deve sottolineare che, come l’esperienza dei paesi anglosassoni insegna, i meccanismi di finanziamento delle pensioni integrative di quelle pubbliche, o occupazionali o individuali, fondato su agevolazioni fiscali privilegiano di fatto i redditi da lavoro più elevati- Si ripropongono i problemi equitativi, in termini di distribuzione delle prestazioni, delle pensioni pubbliche attualmente esistenti nei paesi europei.

La spesa per la protezione sociale

Possiamo completare questo excursus comparativo considerando la spesa per la protezione sociale nel suo complesso, includendo quindi le altre funzioni (malattia, disoccupazione, famiglia, abitazione e esclusione sociale) [tab.2].

Al lordo delle imposte la spesa più elevata è in Francia (il 31%), seguita da Germania, Italia   e Svezia con livelli di spesa compresi fra il 29 e ii 27%. In Spagna gli interventi sono limitati al 24%. Al netto delle imposte continua ad essere relativamente elevata la spesa francese (29%), con la Germania al 26, Italia e Svezia al 24 e Spagna al 22.

Ne segue che per le funzioni diverse da invalidità, vecchiaia e superstiti gli interventi in Germania e Francia superano il 15%; in Svezia sono all’11%, mentre in Spagna e Italia non si raggiunge il 10%. Il differenziale di spesa dell’Italia per l’insieme di queste funzioni deve essere ricondotto alle dimensioni molto ridotte (6,4%) della spesa sanitaria pubblica nel nostro paese rispetto, ad esempio, alla Germania, dove si supera il 10%.

Conclusioni

È certamente utile analizzare i dati riferiti a diversi paesi nel tentativo di evidenziare i fattori che determinano gli specifici livelli di erogazione in comparti importanti del sistema di protezione sociale.

Con riferimento alle pensioni di vecchiaia, in Italia l’incidenza della popolazione anziana sul totale permette a mio giudizio di dar ragione del livello relativamente elevato della spesa pensionistica al netto delle imposte.

Se elementi strutturali permettono di interpretare i differenziali di spesa, a compensazione di questi elementi è ineludibile l’esigenza di garantire un ragionevole equilibrio del bilancio pubblico attraverso o aumenti di imposte o riduzione di spesa in altri comparti. In Italia il livello di spesa complessiva per la protezione sociale si è collocato nel 2019 nella fascia bassa dei paesi qui considerati con una compressione, probabilmente non sostenibile nel lungo periodo, della spesa sanitaria. Tutto questo vale se consideriamo isolatamente la spesa sociale, non essendo esclusa la possibilità di ricorrere a entrate addizionali o a una diversa modulazione della spesa in altri settori.

Non si devono comunque ignorare i limiti di analisi comparate dove si operano confronti fra sistemi istituzionali con caratteristiche non facilmente sintetizzabili.  Esistono evidenti problemi di omogeneità nella classificazione dei dati.3 È poi fondamentale il riferimento a criteri appropriati: l’analisi delle spese per le spese di vecchiaia al netto delle imposte non è particolarmente diffusa, come non è sistematica l’integrazione delle tax expenditures nella stima degli interventi complessivi di spesa sociale.

Le analisi comparate inoltre utilizzano come criterio di valutazione sostanzialmente unico dei sistemi di protezione sociale il rapporto al prodotto interno lordo.  Accanto ai fattori strutturali che influenzano i livelli di spesa, esiste anche una componente ciclica legata all’andamento macroeconomico dei singoli paesi. Come abbiamo già accennato, lo sfasamento ciclico dell’economia italiana rispetto alla media dei paesi europei è stato assai forte negli ultimi decenni: dal 2003 al 2019 il tasso medio di crescita dell’economia italiana è stato pari a 0,55 contro l’1,5 e l’1,8, rispettivamente, di Germania e Francia. Ciò influisce certamente su tutti gli interventi che hanno al loro interno una rilevante componente inerziale o sono incomprimibili al di sotto di un certo livello.

  1. Sono numerose le pubblicazioni di organismi ufficiali che analizzano in termini comparati i sistemi di protezione sociale. Eurostat, oltre ad alimentare il database con dati nazionali opportunamente riclassificati, pubblica sia Ageing Report, sia Adequacy of the Pension System.  OECD gestisce la base dati sulla spesa sociale da cui trae rapporti periodici su vari temi. A livello nazionale, fonti di informazioni e dati è il volume a cadenza annuale Tendenze di medio-lungo periodo del sistema pensionistico e sociosanitario a cura della Ragioneria Generale dello Stato (RGS in seguito). Sono ricchi di informazioni il Rendiconto Generale e il Rapporto Annuale dell’Inps, oltre ai Conti della protezione sociale dell’Istat.
  2. RGS, Tendenze Rapporto 2022, p.332
  3. Da ultimo Dangé M. et al., “Rèforme des retraites: pourquoi il est peu pertinent de comparer les systèmes européens”, Le Monde, 27 février 2023.