Per mano – contrastare la povertà nei primi mille giorni di vita


Il contesto

C’è una frase che si sente dire spesso tra gli addetti ai lavori che si occupano del benessere dei bambini e delle bambine tra zero e tre anni: “se cambi l’inizio della storia cambi tutta la storia”. Dietro questa espressione c’è la convinzione che intervenire nella storia delle bambine e dei bambini prima della nascita o dai primi giorni significhi contribuire a migliorare la qualità e l’aspettativa delle loro vite, garantire l’accesso ai diritti fondamentali per il loro sviluppo e ridurre il rischio di disuguaglianze.

 

La comunità scientifica insiste da tempo sull’importanza dei cosiddetti primi mille giorni di vita e di come influiscano in maniera decisiva sullo sviluppo di una persona. Partendo da questa consapevolezza, Save the Children promuove l’intervento precoce e integrato nelle vite delle bambine e dei bambini più vulnerabili e, rifacendosi all’approccio del Nurturing Care Framework for Early Childhood Development, realizza azioni che mirano ad assicurare l’esposizione precoce ad esperienze educative, la protezione dai rischi di maltrattamento, il benessere fisico, un’alimentazione adeguata e il supporto di relazioni affettuose e rassicuranti.

È all’interno di questo framework che nel 2019, in occasione del suo centenario, Save the Children ha promosso Per Mano, un progetto sperimentale di contrasto alla povertà mirato al sostegno della primissima infanzia.

Il progetto si proponeva di raggiungere 1000 bambine e bambini nei primi mille giorni di vita e di accompagnarli in un percorso personalizzato di presa in carico integrata, allo scopo di costituire intorno a loro una rete di supporto, rafforzare la relazione di cura e promuovere una migliore inclusione delle famiglie nella comunità territoriale di riferimento.

Il momento più critico per la costruzione della relazione genitoriale, quello dei primi 1000 giorni, è anche il momento in cui le famiglie si ritrovano più isolate, chiamate a gestire con urgenza un cambiamento radicale di status, che ha ricadute significative sulla situazione socioeconomica ed emotiva dei nuclei. Anche le statistiche confermano che, per esempio, l‘incidenza della povertà assoluta è più elevata tra le famiglie con figli piccoli, soprattutto se monogenitoriali.

Eppure, la fase che va dall’inizio della gravidanza ai primi tre anni di vita delle bambine e dei bambini risente fortemente di un’organizzazione molto discontinua e frammentata dei servizi di welfare pubblico, che varia da territorio a territorio, penalizzando, in particolare, quelle fasce della popolazione con capitale sociale, economico e relazionale più debole. In quei primi mille giorni la leva sociale del supporto e dell’accompagnamento è spesso assente o limitata al solo versante sanitario – diagnostica, parto ospedaliero, pediatra e in rari casi corsi di accompagnamento alla nascita – con tutti i limiti di una disomogeneità dell’offerta, sia in termini quantitativi che qualitativi.

 

L’obiettivo di Per Mano è stato, quindi, quello di contrastare la povertà educativa e materiale dei nuclei familiari vulnerabili e/o a rischio di marginalità attraverso la creazione di un ponte solido e duraturo con le comunità e i servizi che li circondano.

Nelle 5 città dove ha operato – Torino, Milano, Roma, Napoli e Bari – il progetto ha raggiunto un totale di 1.0091 bambine, bambini e le loro famiglie, di cui 919 direttamente supportate da Per Mano e 90 inviate ad altri programmi di presa in carico precoce di Save the Children, come Fiocchi in Ospedale.

Le famiglie sono state inviate a Save the Children prevalentemente dai servizi sociosanitari e del Terzo settore, e sebbene provenissero da realtà anche molto differenti tra loro – Per Mano ha lavorato con persone appartenenti ad oltre 50 diverse nazionalità – tutte erano accomunate da condizioni di incertezza, isolamento rispetto alla rete dei servizi e precarietà organizzativa ed economica.

 

La pandemia

Se il biennio pandemico ci ha insegnato qualcosa, è che le conseguenze dell’emergenza sanitaria, socioeconomica ed educativa degli ultimi due anni hanno colpito – e continuano a colpire – in misura maggiore le famiglie che già partivano svantaggiate. La pandemia non ha fatto che aumentare le diseguaglianze e ha reso il divario tra chi ha i mezzi e chi non ne ha ancora più difficile da colmare.

Questo è stato piuttosto evidente durante la realizzazione del progetto, che a partire da marzo 2020 fino a dicembre 2021 ha coperto quasi tutto il periodo di emergenza legato alla pandemia. E in questo caso, come si può immaginare, l’emergenza non ha solamente attraversato il progetto, ma in qualche modo lo ha trasformato. Molte delle famiglie accompagnate vivevano situazioni di multiproblematicità, come le famiglie monogenitoriali composte dalle sole madri, circa il 15% dei nuclei accompagnati, che nella grande maggioranza dei casi (l’80%) risultavano anche disoccupate.

Con l’arrivo del lockdown si è notevolmente modificata la mappa dei bisogni rilevati dal progetto: nella maggior parte dei casi, le famiglie non solo hanno avuto gravi difficoltà nell’accesso ai servizi necessari per la tutela dei diritti fondamentali dei propri figli – come i servizi anagrafici, i servizi educativi o il pediatra di libera scelta – ma hanno anche subito la perdita o la riduzione del lavoro e in molte hanno denunciato la mancanza di un alloggio adeguato e la necessità di occupare alloggi abbandonati o di condividere spazi ristretti con amici e famigliari. La pandemia ha inoltre peggiorato la condizione di isolamento e stress delle neomamme, ha aggravato il loro senso di inadeguatezza, ha impedito a chi viveva in contesti abusanti di poter uscire dalle mura domestiche, ha isolato le cittadine e i cittadini stranieri e ha reso più difficile per loro lo svolgimento di pratiche fondamentali per veder regolarizzata la propria identità e quindi riconosciuti i propri diritti.

Di fronte al fabbisogno diversificato e complesso dei nuclei, Per Mano ha contribuito a offrire risposte personalizzate in base alle opportunità offerte dal territorio di residenza, ai servizi attivi, alle risorse accessibili e/o messe a disposizione dal progetto stesso. Ma soprattutto ha offerto la possibilità di un punto di riferimento unico, disponibile e facilmente raggiungibile: la tutor territoriale.

 

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La metodologia

Nei quartieri di Torino, Milano, Roma, Napoli e Bari dove è stato realizzato Per Mano, i percorsi di accompagnamento delle famiglie sono stati coordinati da una figura “ponte” introdotta dal progetto, quella della tutor territoriale (se ne parla al femminile perché le operatrici del progetto erano tutte donne, ndr), che ha promosso e condiviso con le famiglie progetti personalizzati per favorire il superamento di situazioni di emergenza, di marginalità e isolamento, valorizzando un’ampia rete di relazioni con i servizi e i progetti del territorio.

La metodologia sviluppata dal progetto si è fondata su tre pilastri:

  • Azione territoriale diffusa – garantita dalle tutor che hanno facilitato il percorso di presa in carico, accompagnando le persone e le loro storie tra un servizio e un altro, superando le rigidità di burocrazie, linguaggi e governance che rallentano e ostacolano la comunicazione e la collaborazione. Tra i loro compiti, spesso c’è stato anche quello di tenere insieme i pezzi della comunità di servizi disegnata nei territori dove ha agito il progetto: il lavoro di “cura delle reti” ha permesso di sensibilizzare le associazioni e i servizi a prestare una differente attenzione alle neomamme in difficoltà, accendendo una luce diversa sui primi mille giorni.
  • Accompagnamento personalizzato e di intensità variabile in base alla situazione delle persone coinvolte. Delle famiglie seguite, più di 700 hanno beneficiato di un accompagnamento di “bassa – media intensità”, ovvero un supporto progettuale dai 3 ai 9 mesi. In casi di estrema vulnerabilità sono stati, invece, sviluppati interventi più prolungati e più impegnativi, con oltre 200 bambini e le loro famiglie sostenuti fino a 18-20 mesi in percorsi ad “alta intensità”. Con ciascuna famiglia, le tutor hanno definito obiettivi volti a mitigare le condizioni di bisogno e a rafforzare la capacità di organizzare autonomamente una relazione stabile ed efficace con il territorio: consultori familiari e altri servizi sanitari, servizi sociali, servizi educativi, servizi di pronta accoglienza e supporto abitativo, servizi di supporto linguistico e legale, servizi offerti dai progetti della rete di Save the Children, come Fiocchi in Ospedale e Spazio Mamme, o da altri progetti realizzati da organizzazioni civiche del territorio. Entrambe le tipologie di percorsi sono state monitorate con strumenti costruiti ad hoc per rilevare risultati e criticità.
  • Doti di cura – il progetto è stato dotato di un budget destinato alle famiglie accompagnate, un sostegno economico e pratico, flessibile e facilmente attivabile dalla tutor, per ridurre la pressione economica nei momenti più critici. Le famiglie seguite con percorsi a bassa-media intensità sono state supportate con doti tra i 200 e i 400 euro, mentre quelle seguite con intensità maggiore hanno beneficiato di doti economiche più consistenti, fino a 2000 euro per ciascuna bambina o bambino. Le doti sono state utilizzate in maggior misura per fornire beni di prima necessità, ma anche per coprire spese legate al disagio abitativo, spese legali e mediche e azioni di empowerment genitoriale.

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I risultati

Il supporto realizzato con i percorsi individualizzati di presa in carico integrata e supportato dalle doti di cura ha permesso al 94% delle famiglie di uscire da situazioni di emergenza.

Per quel che riguarda l’accompagnamento e l’orientamento ai servizi, l’83% del totale dei nuclei presi in carico ad alta intensità hanno avviato una relazione con il servizio sociale e di questi, il 22,6% ha avviato una presa in carico strutturata con il servizio.

Le stesse famiglie accompagnate al servizio sociale pubblico sono anche state messe in contatto con i servizi del privato sociale, soprattutto per bisogni inerenti alla formazione linguistica, l’educazione delle bambine e dei bambini, il supporto legale. Molto intenso è stato anche il lavoro di rete con gli altri servizi territoriali pubblici (consultori, ASL, servizi educativi) che ha riguardato il 73% dei nuclei totali. Il lavoro di costruzione o rafforzamento di una rete di cura intorno alle famiglie è stato quello più efficace nel promuoverne l’autonomia.

Di fondamentale importanza sono stati anche l’orientamento e accompagnamento ai servizi educativi per le bambine e i bambini. Ciò nonostante, dai dati di monitoraggio, alla fine del progetto il 37% dei minori presi in carico risultava iscritto al nido. Questa percentuale, al di sotto delle aspettative, ha risentito sia del contesto pandemico che della difficoltà di molte famiglie di riuscire a rientrare nelle graduatorie per il servizio pubblico, che spesso privilegia le famiglie con i genitori occupati.

Considerando la totalità dei nuclei presi in carico, oltre 64% di essi ha visto rafforzata la propria rete di relazioni con i servizi sociali, sanitari e/o educativi.

 

Molti interventi messi in atto dalle tutor hanno riguardato il supporto alla genitorialità. Questi interventi hanno spaziato dal sostegno psico-pedagogico, al sostegno alla relazione tra genitori e figli, fino all’accoglienza in spazi di socializzazione sicuri, anche online, laboratori di formazione per i genitori e momenti di scambio e condivisione.

Attraverso questa pluralità di azioni, il progetto ha supportato quasi il 90% dei nuclei che avevano manifestato segni di affaticamento genitoriale, aiutandoli a superare questa condizione e a ridurre l’insicurezza e l’isolamento. Nell’86% delle famiglie è stato riscontrato un miglioramento delle capacità genitoriali.

Il progetto ha, inoltre, evidenziato che la rete intorno alle famiglie non può essere solo di servizi. Per la salute mentale delle mamme e dei papà, e quindi per il benessere delle bambine e dei bambini, è necessario che ci siano anche reti amicali, di supporto reciproco, per un’interpretazione più ampia del concetto di una comunità di riferimento, che passi anche dalla creazione di habitat solidali, dove le persone con problematiche comuni possono supportarsi a vicenda.

 

Il progetto dopo il progetto

L’approccio sperimentato da Per Mano è diventato un punto di riferimento a livello locale in tre delle città coinvolte nel progetto. La stessa metodologia è stata ripresa a Milano, dove grazie al supporto della Fondazione Cariplo e del programma “QuBì – Ricetta contro la povertà infantile”, è stato realizzato il progetto Per Mano QuBì, oggi alla sua seconda edizione. Nella città di Torino, attraverso un’iniziativa congiunta con il Comune e alcune realtà territoriali locali, il progetto Per Mano in Piazza ha attivato uno sportello di tutoring territoriale collocato nella popolare zona di Porta Palazzo. A Roma, la figura della tutor territoriale è stata inserita in un nuovo progetto che si rivolge a nuclei monogenitoriali vulnerabili e, in particolare, a madri fuoriuscite da percorsi di sfruttamento e tratta.

 

Per Mano, ma anche gli altri interventi di Save the Children a favore di bambini e bambine e dei loro genitori, mostrano quanto sia fondamentale investire sulle comunità di cura con interventi pubblici strutturati. Per questo chiediamo alle istituzioni di:

  • assicurare alle bambine e ai bambini che nascono nel nostro paese la tutela integrata offerta dal sistema pubblico;
  • migliorare non solo la quantità ma anche l’accessibilità e l’inclusività degli asili nido su tutto il territorio nazionale;
  • riconoscere e supportare le buone pratiche territoriali e promuovere azioni di co-progettazione con le istituzioni locali;
  • investire sulle azioni di collegamento dei sistemi territoriali di tutela;
  • ripensare il sistema di finanziamento e gestione dei progetti di presa in carico sociale;
  • dare priorità a tre gravi emergenze nazionali: casa, occupazione e occupazione femminile.

Per approfondire il progetto Per mano, è possibile scaricare qui il report finale.

  1. Il progetto sin dall’inizio ha avuto come obiettivo quello di raggiungere 1000 bambini e bambine nei primi 1000 giorni di vita. Inizialmente si immaginava una divisione tra 200 nuclei famigliari da seguire con percorsi di lungo periodo (anche detti ad alta intensità) e 800 con percorsi di breve periodo (o a bassa-media intensità), ma le circostanze hanno richiesto un maggior investimento nelle prese in carico ad alta intensità – che sono divenute 217 – con una conseguente riduzione del budget disponibile per le basse intensità – che si sono attestate a 702, per un totale di 919, che sono le famiglie direttamente monitorate in questo progetto. A questo numero vanno però aggiunti 90 bambini e i loro nuclei famigliari incontrati con Per Mano ma inviati al programma Fiocchi in Ospedale, che hanno permesso di raggiungere un totale complessivo di 1009 bambine e bambini.