Quali risorse per i LEA sociosanitari?


Laura Pelliccia | 20 Ottobre 2017

Lo scenario di riferimento: le politiche nazionali per il finanziamento dell’assistenza sociosanitaria

Si discute spesso dell’entità della nostra spesa sanitaria, con l’attenzione rivolta soprattutto alle sue componenti tradizionali (ospedali, farmaci, prestazioni ambulatoriali). Più raramente ci si sofferma sul comparto sociosanitario e sul fabbisogno finanziario per rispondere alle esigenze di assistenza continuativa di anziani, disabili etc. Come noto questo settore ha conosciuto un ritardo nello sviluppo rispetto alle altre forme di assistenza sanitaria e le risposte da regione a regione sono fortemente differenziate, con aree del Paese ancora oggi particolarmente carenti.

Su questo quadro alcune recenti politiche di finanziamento della sanità hanno offerto opportunità di crescita per il settore, in altri casi, invece, il sostegno è mancato.

Ad esempio, la cosiddetta spending review (L. 135/2012) nel rafforzare i tetti alla spesa farmaceutica, introdurre tetti di spesa per i dispositivi medici e nel richiedere alle regioni tagli sugli acquisti di prestazioni ambulatoriali e di ricovero dagli erogatori privati accreditati, ha limitato la crescita di assorbimento di risorse per le acuzie, lasciando maggiori margini di libertà e potenziale crescita ai servizi sociosanitari, immuni da queste specifiche limitazioni.

Del resto, trattandosi di servizi fortemente labour intensive, sarebbe stato irrealistico aspettarsi miglioramenti di efficienza nella produzione attraverso strategie che in altri ambiti della sanità promettevano riduzioni dei costi (es. gare di acquisto centralizzate per beni e servizi).

È tuttavia mancata un’esplicita programmazione tesa a rafforzare l’assistenza sociosanitaria (permane la storica assenza di standard nazionali di riferimento per tali servizi) e, oltretutto, il generale rigore finanziario, specialmente nelle regioni sottoposte ai piani di rientro (PDR), non ha certo favorito nuovi investimenti in questo settore.

Occorre infine ricordare che per la maggior parte dei servizi sociosanitari sono previste compartecipazioni e che la possibilità di sviluppo di questi servizi è legata alla sostenibilità degli oneri a carico di Comuni e famiglie. In epoca di forti tensioni finanziarie per questi soggetti – ci si riferisce in particolar modo alle generali difficoltà dei Comuni a mantenere i livelli di spesa sociale – è mancata, a livello nazionale, un sostegno alla “quota sociale”. Oltretutto le Regioni hanno ricevuto forti pressioni al rispetto della normativa sul riparto degli oneri tra sanità e sociale, ossia sono state spinte a ridurre il contributo del SSN qualora superiore a quanto previsto dai Dpcm 14/02/2001 e 29/11/2001.

Negli anni più recenti le politiche di finanziamento della sanità hanno riconosciuto centralità ad alcune questioni quali i nuovi vaccini, i farmaci innovativi, la PMA. È questa la direzione intrapresa dai nuovi LEA e dalla più recente legge di bilancio (oltretutto una parte della previsione di crescita del FSN è stata finalizzata ai rinnovi contrattuali del personale del settore).

L’incremento del bisogno di servizi sociosanitari da parte della popolazione anziana, ad esempio, non ha trovato alcun riconoscimento finanziario nei nuovi LEA: nonostante sia stata rafforzato l’investimento per alcune componenti accessorie al bisogno della disabilità (esempio ausili personalizzati), il provvedimento ha  totalmente negato qualsiasi fabbisogno di risorse aggiuntive per il Capo IV (assistenza sociosanitaria tramite servizi) e non ha sostanzialmente modificato la normativa sul riparto degli oneri tra sanità e sociale.

Insomma, un quadro nazionale fatto di luci e ombre, nel quale le risposte ai bisogni sociosanitari sembrano restare affidate alla sensibilità e al livello di attenzione delle singole Regioni.

 

 

Rispetto a questo scenario, cosa emerge dai dati?

Per osservare l’effettivo andamento delle risorse per i servizi sociosanitari sono necessarie fonti informativo-statistiche che ricostruiscano la spesa in funzione delle diverse funzioni assistenziali. Recentemente sono state diffusi alcune utili lavori di ricognizione che adottano questa prospettiva funzionale della spesa, permettendo di isolare le risorse per la LTC, in particolare:

  • a luglio l’Istat ha pubblicato il report sul sistema dei conti della sanità, costruito secondo la metodologia SHA (System of Health Accounts, un sistema che assume regole di rilevazione condivise a livello europeo);
  • a settembre la Ragioneria Generale dello Stato (RGS) ha diffuso l’aggiornamento delle proprie previsioni sul sistema pensionistico e socio-sanitario, con utili fotografie della situazione della spesa sociosanitaria nazionale.

Occorre premettere che non c’è piena corrispondenza tra la spesa per i servizi classificati nel capo IV dei Lea (servizi sociosanitari veri e propri) e gli aggregati della LTC ricostruiti nelle suddette statistiche1. Pur con queste cautele (cercheremo, di volta in volta, di esplicitare il riferimento a questi diversi aggregati) le informazioni sulla spesa per LTC si rivelano particolarmente utili per fare il punto, a livello nazionale, sul mondo del sociosanitario e verificarne le trasformazioni.

 

 

Come si distribuisce oggi la spesa per LTC tra i diversi regimi e tra le varie categorie di beneficiari?

Innanzi tutto, è utile evidenziare il peso dei diversi regimi assistenziali: secondo la metodologia SHA (pubblicata in RGS), rispetto al totale della spesa pubblica di circa 9,8 miliardi tipicamente associata alla funzione LTC, il 12% delle risorse è assorbito dall’ADI il 26% dai servizi ambulatoriali (si pensi ai centri/sportelli dedicati alla salute mentale, ai Sert, ecc), il 9% dai centri diurni, con una prevalenza assoluta della spesa per la residenzialità (53%).

 

 

 

Tav. 1 Spesa sanitaria tipicamente associata alla funzione LTC (SHA) per regime, 2015

 

 

Tav. 2 Spesa sanitaria tipicamente associata alla funzione LTC (SHA) per tipologia di utenza, 2015

 

 

 

 

La distribuzione della spesa rispetto alle diverse tipologie di bisogno2 evidenzia che gli utenti che assorbono più risorse sono gli anziani (43%), ma che anche l’assistenza psichiatrica territoriale ha un ruolo determinante (27%). A confronto, gli interventi per la disabilità assumono una dimensione abbastanza contenuta (15%).

Oltre a queste voci tipicamente associate alla funzione LTC, nella definizione europea di tale aggregato viene aggiunta un’altra componente che è quella della lungodegenza ospedaliera (circa 0,5 miliardi) e circa un miliardo per una quota attribuibile alla LTC dell’assistenza protesica e integrativa (si pensi ad esempio ai presidi per l’incontinenza) e farmaceutica.

 

 

Quanto incide la LTC sulla spesa sanitaria? Come sta cambiando l’importanza di questo comparto?

I dati Istat sulla spesa sanitaria per funzione evidenziano che, rispetto al totale della spesa sanitaria finanziata dalla pubblica amministrazione, nel 2016 la LTC (inclusa la lungodegenza ospedaliera) ha pesato per il 10,3%. La funzione che assorbe più risorse è quella dell’assistenza per cura e riabilitazione (59,1% di cui il 41,2% in setting di ricovero e il 17,9% in setting ambulatoriale e domiciliare), seguita dai prodotti farmaceutici e dagli apparecchi terapeutici (15,8%), mentre la prevenzione ha un peso del 4,8%. Rispetto alla situazione di qualche anno fa (2012), il peso della LTC (lungodegenza inclusa) è rimasto invariato.

Per evidenziare l’andamento della spesa sociosanitaria per LTC vera e propria, sono stati ripetuti i confronti al netto della spesa per lungodegenza ospedaliera: ne emerge, nel medio periodo, un aumento dell’importanza del sociosanitario (dal 9,6% del 2012 al 9,8% del 2016, nonostante nell’ultimo biennio siano state perse posizioni). Ciò testimonia che era in atto uno spostamento di risorse dalle altre funzioni assistenziali alla LTC, che negli anni più recenti tende ad arrestarsi.

 

 

 

Tav. 3 Incidenza della spesa sanitaria per LTC (SHA) sulla spesa sanitaria finanziata P.A. 2012-2016

 

 

 

Quanto incide il sociosanitario rispetto al PIL?

È noto lo storico sottodimensionamento, nel panorama europeo, della nostra spesa sanitaria sul Pil. Le tendenze di medio periodo sono peraltro quelle di una sostanziale diminuzione delle risorse pubbliche per la sanità (dal 7% del 2010 al 6,7% del 2015, fonte RGS, 2017). È interessante osservare il peso della sola componente sociosanitaria (intesa come LTC) e il suo andamento nel tempo (la RGS distingue la spesa sanitaria tra componente LTC e acute care).

La RGS ha stimato un peso sul PIL della componente sanitaria della spesa pubblica per LTC nel 2015 pari a circa lo 0,8% del PIL, un valore stabile rispetto al 2010. Nonostante l’invecchiamento della popolazione sia considerato in questo studio un driver cruciale per la dinamica della spesa sanitaria, specialmente per la LTC3, la quota di risorse nazionali assorbite dalla LTC sanitaria è rimasta stabile nell’ultimo quinquennio. Nello stesso periodo la spesa per le acuzie ha perso importanza sul Pil (dal 6,3 al 5,9%), dunque la componente sociosanitaria sembra essere leggermente cresciuta in termini di importanza relativa.

Secondo l’altra definizione di LTC (quella SHA), la spesa sanitaria pubblica per la l’assistenza continuativa ha assorbito nel 2015 lo 0,69% del Pil.

 

 

Un confronto con l’Europa

Il report dell’Istat (2017) consente alcuni confronti tra la spesa sanitaria per funzione dei vari paesi europei, con risultati relativi al complesso delle fonti di finanziamento (risorse pubbliche e private).

L’Italia risulta abbastanza allineata ai maggiori paesi europei quanto a incidenza sulla spesa sanitaria delle funzioni “cura e riabilitazione” e “prodotti farmaceutici e altri apparecchi terapeutici”. Invece, per la LTC, si registra un’incidenza piuttosto contenuta (10,3%) rispetto a Regno Unito (18%), Germania (13,8%) e Francia (12%), ma superiore a quella della Spagna (9,2%). Nel panorama europeo la spesa per LTC assume un peso decisamente rilevante rispetto alla spesa sanitaria nelle zone più settentrionali, con un massimo assoluto in Olanda (27,2%).

 

 

Come sta cambiando il riparto degli oneri tra sistema pubblico e spesa delle famiglie?

La ricostruzione dell’Istat permette di confrontare l’andamento delle varie fonti di finanziamento della spesa sanitaria per LTC (inclusa la lungodegenza, per la quale si considera solo il finanziamento con risorse pubbliche)4. Tra il 2012 e il 2016, a fronte di una crescita della spesa pubblica di 2,1 punti, le compartecipazioni out of pocket5 delle famiglie alla spesa sanitaria per l’assistenza continuativa (“servizi di assistenza medica e personale prestati con l’obiettivo principale di alleviare il dolore e le sofferenze e di ridurre o gestire il deterioramento del quadro clinico nei pazienti con un grado di dipendenza a lungo termine”) sono aumentate ad una velocità più elevata (8,5 punti). Se nel 2012 le famiglie contribuivano alla spesa sanitaria per LTC per il 21,9%, nel quinquennio la quota di oneri a loro carico ha raggiunto il 22,9%.

 

 

 

Tav. 4 Spesa sanitaria per LTC per regime di finanziamento, 2012-2016 (numero indice 2012=100)

 

 

Come sta cambiando l’assistenza sanitaria per la LTC?

Osserviamo, infine, l’evoluzione del tempo della spesa per LTC6 per regime assistenziale:  ne risulta un orientamento del SSN a privilegiare il potenziamento delle risposte per la LTC attraverso servizi domiciliari (+4,7% tra il 2012 e il 2016), a confronto dei quali quelli residenziali sperimentano una dinamica meno pronunciata.

Si registra invece un considerevole arretramento della spesa per i centri diurni, una modalità che notoriamente stenta a decollare, spesso proprio a causa delle compartecipazioni.

 

 

 

 Tav. 5 Spesa per LTC (SHA) per setting assistenziale, 2012-2016

 

 

 

 

 

Alcuni confronti tra le regioni

A fronte di questi dati nazionali, osserviamo il comportamento delle singole regioni. Bisogna premettere che, per ricostruire la spesa sociosanitaria locale, sarebbe stato necessario disporre di dati – attualmente non pubblicati – sull’evoluzione della spesa regionale per i singoli livelli di assistenza. Per ovviare, si può fare ricorso ad alcune proxy, in particolare, si può sopperire con alcuni voci dei bilanci delle aziende sanitarie regionali, ovvero gli “acquisti di prestazioni socio-sanitarie a rilevanza sanitaria”: sebbene tale voce non possa essere considerata come esaustiva dei costi per l’assistenza sociosanitaria (non sono inclusi gli oneri per produrre i servizi direttamente gestiti dalle Asl), l’andamento nel tempo degli acquisti del SSN di prestazioni da altri erogatori può essere indicativo di quanto, nella specifica Regione, il comparto si allarghi o si restringa.

Rispetto alla situazione del 2011 in generale gli acquisti delle generiche prestazioni sociosanitarie sono discretamente aumentati (nelle RSO, al 2015, +14,6%), anche se con ritmi di crescita molto differenziati (da una sostanziale stabilità della Toscana alla Puglia che ha triplicato la spesa). In alcune realtà, tuttavia, si riscontra un sostanziale arretramento di tale voce, in particolare in Piemonte e Calabria (di quasi 6 punti percentuali), probabilmente influenzato dal coinvolgimento delle due regioni nei piani di rientro. Questo fenomeno non si può generalizzare a tutte le regioni coinvolte nei suddetti piani7, ossia non sempre tale percorso sembra aver rappresentato un ostacolo al potenziamento della spesa sociosanitaria. Del resto si riscontrano tagli anche in realtà, come il Veneto, estranee ai piani di rientro.

Oltre ai generici acquisti di prestazioni sociosanitarie (quelli per i servizi per anziani, disabili, per le dipendenze) la tavolariporta anche l’andamento degli acquisti per altre due voci affini all’area sociosanitaria ovvero:

  • l’assistenza psichiatrica residenziale e semiresidenziale;
  • l’assistenza riabilitativa extraospedaliera (si pensi agli Istituti di riabilitazione ex art. 26 L. 833/78 che spesso offrono servizi ai disabili che potrebbero essere classificati in questa voce).

In generale gli acquisti di psichiatria territoriale hanno mantenuto i loro livelli (con poche eccezioni ad esempio, tra le RSO, quelle di Veneto, Toscana e Calabria), mentre la riabilitazione ha subito un generale ridimensionamento.

 

 

 

Tav. 6 Spesa dei SSR per acquisti di alcune tipologie di prestazioni (numero indice: 2011=100)
  Acquisto prestazioni Socio-Sanitarie a rilevanza sanitaria Acquisto prestazioni di psichiatria residenziale e semiresidenziale Acquisti servizi sanitari per assistenza riabilitativa
2011 2013 2015 2011 2013 2015 2011 2013 2015
Piemonte 100 93,0 94,2 100 99,9 104,5 100 95,6 99,0
Valle d’Aosta nd nd nd 100 87,4 73,9 100 108,2 91,6
Lombardia 100 104,5 112,3 100 109,1 113,2 100 100,0 73,0
PA Trento 100 119,0 117,3 100 91,9 74,1 100 2,8 2,8
PA Bolzano 100 105,9 120,0 nd nd nd 100 96,8 95,9
Veneto 100 98,1 98,5 100 102,5 96,4 100 100,5 99,5
Friuli V.G. 100 106,1 375,0 100 110,5 111,5 100 99,7 20,5
Liguria 100 98,1 99,3 100 94,9 101,3 100 94,8 95,4
Emilia R. 100 126,8 134,0 100 126,6 130,0 100 87,7 85,3
Toscana 100 99,8 100,7 100 101,4 93,2 100 96,9 99,2
Umbria 100 107,1 111,0 100 109,6 118,7 100 94,7 107,3
Marche 100 129,9 192,0 100 101,2 105,8 100 97,0 96,9
Lazio 100 128,1 137,0 100 98,9 102,4 100 96,5 98,6
Abruzzo 100 101,1 103,8 100 99,0 103,4 100 97,7 91,6
Molise 100 127,5 120,8 100 104,1 104,7 100 105,9 113,4
Campania 100 110,4 137,9 100 114,9 117,1 100 106,2 103,1
Puglia 100 263,3 313,7 100 102,9 109,2 100 66,4 64,6
Basilicata 100 105,9 99,6 100 99,6 105,5 100 96,2 92,3
Calabria 100 94,3 94,3 100 92,9 91,5 100 106,9 110,4
Sicilia 100 140,8 167,9 100 112,4 122,2 100 100,1 104,9
Sardegna 100 111,7 133,5 100 128,4 130,6 100 107,0 94,8
Totale 100 109,1 117,6 100 105,7 109,7 100 89,0 95,0
RSO 100 108,1 114,6 100 105,0 107,8
  1. Ad esempio, tra i servizi sociosanitari del capo IV ce ne sono alcuni, come i consultori, che rispondono a esigenze diverse da quelle della LTC. Inoltre la definizione europea di LTC tende ad includere la componente della lungodegenza, da noi tipicamente associata all’ambito ospedaliero. Nella metodologia SHA, non tutta la spesa per i servizi per sociosanitari è considerata per LTC ma, a seconda delle tipologie, si utilizzano diversi coefficienti di attribuzione (ad esempio l’assistenza residenziale agli anziani è considerata al 100% LTC, mentre l’assistenza riabilitativa ai disabili lo è solo al 60%); per di più, SHA considera tra i costi della LTC anche ulteriori voci (farmaci, integrativa, protesica) rispetto a quelle tradizionalmente associate alla LTC. Per i dettagli e per i confronti tra il metodo RGS e quello SHA si veda RGS, 2017 pag. 130.
  2. I costi dell’ADI sono rilevati in maniera indistinta, senza possibilità di suddivisione per categoria di utenza. Tenuto conto dell’incidenza della casistica degli anziani che emerge dai sistemi informativi del Ministero della Salute per l’ADI (l’Annuario del SSN 2013 riporta un valore pari all’83,1%), i costi complessivi sono stati attribuiti proporzionalmente a questa categoria di utenza e, per la parte residuale (ADI e altro) alle altre categorie in modo indistinto.
  3. “La variazione della struttura demografica, infatti, contribuisce alla dinamica della spesa sanitaria nella misura del 44% per la componente LTC e del 18% per la componente acute” RGS (2017), pag 120.
  4. Viene considerata anche una terza fonte di finanziamento, ovvero i regimi di finanziamento volontari. Non sono riportati i relativi dati perché per la LTC hanno un ruolo trascurabile.
  5. La spesa diretta delle famiglie è stimata dall’Istat sulla base della spesa per consumi finali in sanità prodotta dalla Contabilità Nazionale (si vedano note metodologiche al rapporto Istat). Non è scontato che ciò corrisponda al totale delle compartecipazioni pagate dai cittadini per accedere ai servizi sociosanitari. Quest’ultima informazione oggi non risulta altrimenti reperibile in altri sistemi statistico-informativi.
  6. Pubblica amministrazione e assicurazioni sanitarie a contribuzione obbligatoria.
  7. Sono state coinvolte dai Pdr le seguenti regioni: dal 2007 Lazio, Campania, Liguria, Molise, Abruzzo, Sicilia, Sardegna; dal 2009 la Calabria; dal 2010 il Piemonte e la Puglia. Liguria e Sardegna hanno concluso il Piano nel 2009.

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