Se vince la logica dei bonus


Sergio Pasquinelli | 19 Dicembre 2019

Nella galleria dei bonus una tantum, l’ultimo arrivato è stato quello per il latte artificiale, 400 euro alle mamme che non possono allattare al seno. Una misura discutibile (scoraggiante nei confronti dell’allattamento naturale) rientrata nella infinita gestazione della legge di Bilancio 2020, ormai arrivata in porto.

E così, al posto di ricomporre e semplificare, si protrae anche nel sociale il cumulo disordinato dei contributi, delle elargizioni riservate a una certa condizione (es. bonus mamma domani) o all’uso di certi servizi (es. bonus nidi).

 

La proposta di un assegno unico per le famiglie con figli, che attraverso un Fondo dedicato dovrebbe riassorbire molta di questa frammentazione, si lega a un disegno di legge necessario ma dai tempi (e dai costi) piuttosto incerti, mentre si configura un “super” bonus nido, potenziato rispetto al passato. Sulla proposta di legge e su questo bonus sono state già dette cose più che condivisibili sia nel documento presentato dall'”Alleanza per la famiglia“, sia da Pavolini, Rosina e Saraceno e da Baldini e Barigazzi.

 

Chissà se dalle paludi dei bonus riusciremo davvero a uscire, o se continueremo più comodamente ad aggiungere qualcosa qui, qualcos’altro là, senza rivedere l’esistente, tutto l’esistente, migliorandolo. Siamo sempre lì: decidiamo senza scegliere, per riprendere il titolo di un pezzo che diversi anni fa scrissi con Stefania Stea (Prospettive Sociali e Sanitarie, n. 16, 2008), un concetto che Sabino Cassese e Antonio Polito hanno bene argomentato sul Corriere della Sera (16 e 20 novembre scorsi).

 

Nel welfare dei servizi

E così nel nostro campo, il welfare dei servizi, scommettiamo sui progetti innovativi, sulle sperimentazioni, buone prassi che ci preoccupiamo di analizzare nei minimi particolari, di valutare con tutti i crismi della scientificità. Salvo poi accorgerci che quando finiscono lasciano (non sempre, ma spesso) piuttosto poco, si passa rapidamente alla nuova possibilità, al nuovo bando. Con buona pace dell’impatto auspicato e generato. Quante promesse di sostenibilità sono poi svanite come neve al sole? L’innovazione non si metabolizza senza una catena di trasmissione tra il nuovo e l’insieme delle possibilità e risorse già presenti.

Una catena assente, o che funziona molto poco.

I bonus, se partecipano a un sistema di misure più generali e se vengono resi strutturali, possono svolgere un’utile funzione di copertura di bisogni specifici. Purtroppo, per come sono costruiti e gestiti, essi rivelano due grandi limiti:

  • Una risposta poco equa e poco efficace. Poco equa quando per beneficiare delle varie misure bisogna rientrate in una trama spesso complicata e ai più incomprensibile di requisiti di accesso, requisiti su cui la disinformazione regna sovrana e che premia le famiglie più informate e meno fragili. Poco efficace quando parliamo di misure una tantum, di benefici mutevoli nel tempo, incerti per consistenza e durata, nonché limitati per la platea a cui si rivolgono.
  • L’assenza di una prospettiva, di una visione, quando parliamo di interventi isolati, di corto respiro. Un paese che vive il dramma della denatalità, ma anche quello di una popolazione che invecchiando vedrà calare drasticamente il valore delle sue pensioni insieme alla riduzione del numero dei caregiver che accudiranno i non autosufficienti, ha un bisogno disperato di scelte che guardino avanti: di programmare gli interventi negli anni, di coordinare settori diversi della pubblica amministrazione. Di stabilità. Diventa così condivisibile la direzione del Family Act della ministra Elena Bonetti, ancorché la proposta risenta ancora, almeno per l’anno che viene, dell’ingombrante presenza dei vecchi e diversi bonus una tantum. Mentre sulla non autosufficienza vige, per dirla con Cristiano Gori, un sostanziale immobilismo.

 

E allora ben vengano le iniziative dal basso, dalla società civile, l’iniziativa dei singoli cittadini, del terzo settore, delle parti sociali, del secondo welfare e del mercato socialmente sensibile, dei centri di ricerca indipendenti. Spinte che possono produrre cambiamenti, possono cambiare l’agenda politica.

 

È lo sforzo in cui anche noi di Welforum ci sentiamo impegnati e che certamente ci vedrà coinvolti nell’anno che viene, incoraggiati dal numero sempre crescente dei fruitori del portale, e dei suoi diversi contenuti.