Verso un Codice in materia di disabilità: prime considerazioni


A cura di Claudio Castegnaro | 3 Giugno 2019

Il disegno di legge approvato dal Consiglio dei Ministri il 28 febbraio 2019 prevede una delega molto ampia al Governo di “semplificazione e codificazione in materia di disabilità”. Il provvedimento risponde alle attese delle persone con disabilità? Ne parliamo con Roberto Speziale, presidente di Anffas nazionale e coordinatore della Consulta Disabilità in seno al Forum del Terzo Settore.

 

Il disegno di legge elaborato dal Governo a oltre due anni dalla Conferenza nazionale di Firenze è un provvedimento nel solco del Secondo Programma di Azione Biennale – anche se non viene citato espressamente – oppure fa riferimento al cosiddetto “Contratto per il Governo del cambiamento”?

Al momento in cui parliamo lo schema di legge delega non si sa a che punto sia. Sembra che sia ancora alla Ragioneria per la ‘bollinatura’; non ci risulta, infatti, ancora presentato in Parlamento. Ne parliamo, quindi, con beneficio di inventario in attesa che il provvedimento sia ufficializzato e si conoscano maggiormente motivazioni e lavori preparatori.

D’altro canto, proprio nelle ultime settimane, l’Osservatorio nazionale sulla condizione delle persone con disabilità è stato riconvocato a seguito del trasferimento delle competenze dal Ministero delle Politiche Sociali al nuovo Ministero per la Famiglia e le Disabilità, e quindi vi è la speranza che finalmente, dopo oltre un anno e mezzo dal suo insediamento, questo possa ripartire per i suoi lavori. Al momento, però non è chiaro se l’Osservatorio sarà parte attiva nella costruzione del c.d. Codice in Materia di disabilità”, la cui idea promana proprio dal Ministero a cui oggi fa capo tale organo

Intanto, il Ministro Fontana ha innanzitutto presentato la nuova figura del coordinatore del Comitato Tecnico Scientifico dell’Osservatorio nella persona di Giampiero Griffo che ha poi già elaborato una traccia di lavoro per l’Osservatorio. Vi è altresì la necessità di incardinare significativi rapporti con la Struttura di Missione, istituita con atto del Presidente del Consiglio e deputata proprio a curare le attività istruttorie connesse all’adozione degli atti, anche normativi, in materia disabilità, per la quale è stata recentemente incaricata la coordinatrice, tessendo rapporti con nuovi interlocutori tecnici.

Quali saranno i primi passi operativi del Governo ovvero su cosa, secondo lei, si intende incidere con priorità?

Il disegno di legge delega per la codificazione sembra essere più la conseguenza di quanto previsto nel Contratto di Governo piuttosto che di un confronto con l’Osservatorio. Ci saremmo aspettati che il Governo volesse dare attuazione al Secondo Programma di Azione Biennale promulgato dal Presidente della Repubblica. Tanto più che il Secondo Programma è stato prodotto in continuità con il primo, [nato a cavallo della ratifica della Convenzione ONU], frutto quindi di ben due Conferenze Nazionali.

D’altro canto non si sa, fino a questo momento, quali possano essere le priorità politiche. Il “Codice unico” di cui si è parla non è stato finora sostanziato, come pure immaginati gli elementi di innovazione che si vogliono introdurre. Lo strumento è stato solo presentato come una “panacea”.

Invece nelle otto linee del Programma di Azione Biennale le azioni e le relative priorità sono chiaramente delineate. In primis la necessità di rivedere il sistema di valutazione multidimensionale secondo il modello bio-psico-sociale che occorre collegare a un progetto individuale di vita, ricercando coerenza dei passi prefigurati.

Sul punto, invece, circola voce di un possibile rilancio dei controlli sulle prestazioni erogate, a seguito degli accertamenti della condizione di disabilità. Non vorremmo che alla fine si pensi di cominciare da un recupero di risorse che, sebbene dovuto, non potrebbe che produrre un risultato assai limitato oltre che generare molti contenziosi: si noti che sono solo 13,5 milioni di euro le risorse che risultano essere state risparmiate nell’ultimo anno per le prestazioni Inps ed attribuite al Fondo Nazionale Non Autosufficienza (FNNA).

Nessuno ha illustrato il disegno di legge delega e nemmeno la ratio. Il provvedimento del quale stiamo parlando è uscito dopo una serie di annunci amplificati sui mass media.

 

Quali sono i possibili punti di forza del provvedimento? Per esempio, al punto 1.3.h1, si parla di livelli essenziali di prestazione con riferimento all’integrazione dell’offerta. Quali potrebbero essere degli obiettivi emblematici?

Alcune previsioni possano far pensare a innovazioni interessanti, però il linguaggio utilizzato non è [tuttavia] quello della Convenzione ONU e Il modello di intervento non è chiaro; sembra piuttosto un taglia e incolla di alcuni concetti. Occorre altro per far si che le persone non siano emarginate e siano rimosse le barriere per una loro effettiva partecipazione alla vita sociale, creando occasioni concrete di vera inclusione sociale. Invece non c’è neppure alcun riferimento all’integrazione sociosanitaria, che è un tema per iniziare a creare delle prime politiche di sostegno efficace ed integrato. Parlare di livelli essenziali delle prestazioni (LEP) vuol dire che siano garantite con un idoneo fondo nazionale costituito dalla fiscalità generale, delle prestazioni minime per tutto il territorio nazionale, quindi immediatamente esigibili per tutti, e che poi le Regioni possono implementare con prestazioni aggiuntive rispetto a quanto previsto dallo Stato. Ma l’unico fondo attualmente idoneo a ciò, così come sostiene la Corte dei Conti, è il Fondo per la Non Autosufficienza, data la sua struttura, ma ancora del tutto privo di sufficienti risorse. Anffas ha stimato un fabbisogno che si posiziona su complessivi 6 miliari di euro (di cui circa 2 miliari ricavabili da una ricomposizione della spesa).

 

Cosa manca nel provvedimento? Nei settori di intervento, ad esempio, non c’è un riferimento al Progetto di vita e al Durante e Dopo di Noi.

A dir la verità il tema della Vita indipendente per le persone con disabilità è considerato. Però nel provvedimento si propone tuttavia un approccio alla disabilità come condizione personale, non con uno sguardo rivolto alla relazione tra persona e ambiente, come portato dalla Convenzione ONU. Gli interventi, se non correttamente intesi, rischiano di essere inefficaci.

Occorre rivolgere l’attenzione allo sviluppo demografico e ai cambiamenti sociali, all’insorgenza di livelli di bisogno che il sistema di servizi non riusciranno a fronteggiare. Il sistema deve essere sostenibile e offrire prestazioni appropriate rivolte al benessere delle persone con disabilità.

L’attesa è che l’Osservatorio sia luogo di confronto aperto e plurale per elaborare gli atti attuativi di tale delega e coordinare l’azione complessiva in coerenza con Convenzione ONU. Diversamente, è difficile che nei due anni per attuare la delega e con un vincolo stretto sulle risorse impiegabili si riesca a fare la differenza in campi così complessi. Il rischio è che di fronte alla cogenza portata da oltre 4 milioni di persone con disabilità, il carico assistenziale gravi ancora in gran parte sulle famiglie che vivono problematiche importanti e che non possono attendere la completa attuazione di provvedimenti complessi. Ci vorranno 10 anni per vedere dei primi risultati dal Codice prefigurato dal Governo.

 

Quali sono le priorità dal punto di vista delle persone con disabilità? Sono state portate all’attenzione del Governo e del Parlamento?

Sì, ma con scarso successo. L’episodio emblematico è l’emanazione delle norme relative al Reddito di Cittadinanza e alle pensioni per le persone con disabilità. Nonostante l’interlocuzione aperta con il Governo e le Commissioni parlamentari, e le segnalazioni di penalizzazione di nuclei con all’interno persone con disabilità, il decreto legge convertito con la legge 26/2019 risulta incoerente con quanto declamato a livello politico e, tra l’altro, previsto dal disegno di legge sul Codice unico. Le sostanziali proposte di modifica all’impianto del provvedimento non sono passate né al Senato né alla Camera, con ogni probabilità a causa della copertura finanziaria necessaria. Fino a quando le persone con disabilità saranno tra le ultime priorità nell’agenda politica, non ci saranno risultati tangibili, almeno a breve termine.

Si parla di riordino nel settore “disciplina dei benefici” – in termini di prestazioni economiche e assistenziali ed erogazioni di servizi. E’ verosimile che si considereranno misure importanti erogate dall’Inps. Sarà un’azione complessiva iso-risorse?

L’invarianza di spesa, ovvero la copertura prevista con leggi ad hoc, prevista all’articolo 2 del disegno di legge porterebbe il Governo a non investire fondi aggiuntivi. Si presuppone che i fondi attualmente disponibili siano sufficienti. Il pensiero da adottare è riordinare l’esistente. Ma occorre ricordare che i LEP non si sono finora realizzati a causa della mancanza di risorse, non per la mancanza di idee su come realizzarli. Ad esempio, i progetti di vita indipendente sono tuttora finanziati con un fondo per azioni sperimentali pari a 15 milioni di euro.

Cosa ne pensa dell’ipotesi di istituire un’Autorità Garante nazionale dei diritti delle persone con disabilità (punto 1.3.i2 del disegno di legge)?

Un Garante ha ragion d’essere se è indipendente, ha autonomia di funzioni e può incidere sulle politiche. L’atto costitutivo dell’Osservatorio nazionale indica nel Comitato Tecnico Scientifico un organo a cui poter indirizzare segnalazioni dal singolo cittadino. Questa funzione non è mai stata sfruttata. Un organo garante dovrebbe essere in grado anche di sanzionare comportamenti scorretti. Secondo Anffas è importante dare forza a organismi già esistenti e collaborare con la componente sociale che riceve giornalmente segnalazioni delle persone e risponde tempestivamente. Un Garante nazionale ben difficilmente potrebbe rispondere in modo puntuale a una moltitudine di comunicazioni con singole persone.

Occorre valorizzare il ruolo delle associazioni che è capillare sul territorio. L’Osservatorio può rappresentare e analizzare le problematiche in modo trasversale e cercare di risolvere problemi, non singoli casi.

 

Quali sono i probabili collegamenti con la Struttura di Missione istituita dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri, che risponde direttamente al Ministro Fontana?

Le associazioni avrebbero preferito che si ripartisse dal Programma Biennale di Azione. Il problema è che il Ministero per la Famiglia e le Disabilità è senza portafoglio. L’Osservatorio e il CTS non sanno ancora esattamente con chi rapportarsi. Manca l’indicazione completa delle nomine e degli incarichi. Non è possibile, ad oggi, immaginare i tempi necessari a far ripartire a regime dei lavori nell’Osservatorio che siano in profonda relazione con gli altri Organi dello Stato. Auspico che il disegno di legge delega e i decreti attuativi possano dare accelerazione per completare la Struttura di Missione.

Cercando di riassumere quanto detto, è necessario evitare il rischio che il futuro Codice diventi uno strumento di consenso per affascinare famiglie semplici e con problemi assistenziali importanti. L’approccio sotteso al provvedimento sembra ancorato al passato, a un concetto della disabilità superato. Si intravvedono risultati insoddisfacenti e conseguenze diseconomiche. L’approccio corretto è quello riferito ai diritti. Al momento l’impianto non sembra andare in questa direzione.


Commenti

L’intervista molto ampia e articolata rappresenta in modo corretto la complessità del problema trattato.Le priorità inderogabili sono sempre le stesse:il finanziamento dei servizi essenziali,il sostegno alle famiglie che sopportano il peso maggiore,la conoscenza reale della disabilità,la presa in carico della persona con disabilità grave/ gravissima,il diritto di voto anche per il disabile intellettivo tramite l’amministratore di sostegno ecc,