A che cosa servono i “Garanti dei diritti”?


A cura di Maurizio Motta | 14 Maggio 2018

Entro diverse amministrazioni operano figure di “garanti” dedicate a diverse aree tematiche come la tutela dei minori, oppure dei detenuti. Riportiamo qui quanto emerso in una intervista con la Dr.ssa Rita Turino, che dal 25 ottobre 2016 ricopre il ruolo di “Garante per l’infanzia e l’adolescenza” per la Regione Piemonte, e nella quale, oltre a dar conto delle principali attività messe in opera, si prova a riflettere sui ruoli di questo tipo di figure.

 

I garanti sono considerabili “difensori dei diritti negati”? E in che cosa il loro ruolo è diverso da quello dei Difensori Civici?

La nomina del Garante per l’infanzia e l’adolescenza si inserisce e si affianca all’esperienza dei difensori civici i cui elementi caratterizzanti sono l’indipendenza dal potere esecutivo, i poteri consultivi (consulto in vista dell’approvazione di norme di interesse) ed i poteri di indagine (estremamente limitati) su situazioni specifiche portate alla sua attenzione. In pratica il potere maggiore consiste nella moral suasion e la tecnica di intervento è l’intermediazione cui talvolta si può accompagnare una azione di mediazione.

Il ruolo dei garanti è naturalmente dipendente dalla normativa che lo regola a livello regionale. Trattandosi di leggi diverse queste hanno accentuato funzioni differenti. Tuttavia è vero che uno dei ruoli più significativi riguarda la promozione e la tutela dei diritti, ma con diversi accenti:

  • sono previste figure di garanti dedicate a particolari fasce di utenza e problemi, e questo implica per il garante preparazione e competenza non “generalista”, ma specifica relativa alle sfaccettature del tema, e non solo giuridiche. Ad esempio nella mia esperienza di “garante dei minori”, è utile la competenza su temi quali  la pesante e protratta conflittualità genitoriale, la povertà minorile, i minori stranieri non accompagnati, i minori ROM ecc;
  • non esistono indicazioni nazionali che regolamentino le attività a livello locale. Non solo ma l’istituzione dell’autorità garante nazionale è successiva a moltissime leggi regionali istitutive del Garante per l’infanzia e l’adolescenza regionali. In Piemonte la legge istitutiva è del dicembre 2009 -messa in esecuzione per la prima volta nel 2016- mentre la legge nazionale istitutiva dell’autorità garante per l’infanzia e l’adolescenza nazionale è del 2011;
  • il garante si occupa anche di casi individuali quando portati alla sua attenzione, ma dovrebbe puntare ad essere “il garante di tutti”, ossia promuovere azioni non solo rivolte al singolo. Ritengo utile che nel sistema di welfare operino organi di garanzia del cittadino nei rapporti con le amministrazioni che siano terzi rispetto a queste ultime, come appunto possono essere i garanti;
  • occorre disponibilità da parte del garante a recepire segnalazioni non solo relative ad interazioni o contenziosi tra cittadino e pubbliche amministrazioni, ma da parte di chiunque viva un problema. Ad esempio un Ente gestore dei servizi può richiedere supporti per approfondire e migliorare i rapporti tra i suoi servizi e l’Autorità Giudiziaria (ed il garante può avere un ruolo di promotore della formazione, con un avvio facilitante essendo “terzo” rispetto alle parti). Oppure ricorre al garante un genitore divorziato in conflitto con l’altro (al quale è stato affidato il figlio) perché ritiene sia leso un diritto, o perché ritiene che il figlio viva in condizioni di pregiudizio o ancora perché non accetta le decisioni assunte dai Servizi Sociali e Sanitari o dall’A.G.; ed in questo caso il ruolo del garante può essere di supporto per individuare azioni possibili e attori da coinvolgere.
Quale ruolo dei garanti rispetto alla politica, ossia ai sistemi di governo e decisione nelle pubbliche amministrazioni?

Le amministrazioni (nei loro diversi segmenti) possono richiedere formalmente al garante pareri o suggerimenti, ad esempio nella fase di costruzione degli atti, come accade per disegni di legge regionali. Ed anche avviene che le figure dei garanti siano incluse entro commissioni di lavoro e studio, più o meno stabili, od entro organismi istituzionali di monitoraggio del welfare. Accade anche che vi siano singole amministrazioni (ad esempio un Comune o un Ente gestore dei servizi sociali) che richiedono al garante di farsi promotore di azioni verso altri soggetti (ad esempio la Regione) perché si facciano meglio carico di problemi non sufficientemente affrontati, oppure di sviluppino delle politiche. Di norma le leggi istitutive delle figure dei garanti prevedono anche modalità del loro rapporto con le amministrazioni (ad esempio prevedendo periodici rapporti del garante al Consiglio Regionale).

Tuttavia a mio parere un ruolo molto importante per i garanti è di farsi “promotori di cultura” almeno in due sensi:

  • evidenziando “alla politica” e alle sue istituzioni se vi sono carenze nel sistema di welfare, oppure differenze non giustificabili di servizi e risposte tra diversi territori. Anche rispetto a temi che vengono alla ribalta nell’opinione pubblica e che non sono ben approfonditi, come (sempre per restare alla mia esperienza) quello della “violenza assistita”, ossia di minori che devono assistere alle violenze di un genitore sull’altro. Ma anche il grandissimo tema del sostegno alle famiglie vulnerabili e in situazione di fragilità, che richiedono un diverso metodo di lavoro dei servizi innanzitutto al fine di evitare l’allontanamento dei figli dalla famiglia di origine attivando interventi a sostegno della famiglia anche allargata, individuandone i punti di forza e non solo le criticità, con  una modalità multidimensionale che consideri i bisogni di sviluppo del bambini,  le risposte dei genitori a questi bisogni e i fattori ambientali e familiari. Un modello interdisciplinare che non veda impegnato solo il servizio sociale -in quanto formalmente titolare dell’attività di tutela-  ma che attui un puntuale raccordo tra le istituzioni e i relativi servizi dell’area della salute, dell’educazione, dell’istruzione e quando necessario  dell’autorità giudiziaria. Si tratta di un modello proposto dalle Linee di Indirizzo Nazionali “sull’intervento con bambini e famiglie in situazioni di vulnerabilità” e recentemente licenziato e diffuso dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali e dalle regioni. Linee guida che richiedono ai servizi di considerare i minori e i loro genitori come parte integrante dell’equipe responsabile del trattamento, non più utenti “fuori dalla porta” ma con coinvolgimento attivo nei processi decisionali e di valutazione che li riguardano, trasparenza nel linguaggio e nella condivisione delle informazioni e delle decisioni, intensità dell’intervento a favore dei bambini e dei genitori condiviso e circoscritto in  un  tempo determinato ed integrato con attività extra istituzionali rappresentate dalle molte forme espresse dalla società civile. Ed infine una valutazione dell’intervento partecipata dai diretti interessati che avranno così la possibilità di assumere un atteggiamento critico – riflessivo sul proprio agire. Attraverso questo nuovo metodo di lavoro, che mi ripropongo di diffondere il più possibile sensibilizzando tutti gli attori coinvolti e coinvolgibili, e che prevede anche interventi da attivarsi nell’ambito familiare attraverso servizi educativi che permettano  di acquisire un modello di genitorialità sufficientemente positiva e adeguata ai bisogni dei propri figli , si forniranno all‘Autorità Giudiziaria, chiamata ad intervenire sulle situazioni più gravi, tutti quegli elementi considerati indispensabili per attuare una corretta valutazione delle singole situazioni. Infatti, ciò che viene richiesto oggi  ai Servizi è l’individuazione e l’attivazione di  ogni utile sostegno ed intervento a favore della famiglia anche allargata e della genitorialità. I servizi , in quanto titolari del compito principale di protezione sociale, sono chiamati a fornire aiuto alle persone in difficoltà, agendo per recuperare le funzioni genitoriali con un ruolo proattivo e di sperimentazione; e questo richiede di accertare le competenze genitoriali con modalità concrete, e di non attribuire automaticamente il persistere delle difficoltà a scarsità o ad inappropriatezza della famiglia di origine;
  • favorendo occasioni di approfondimento su questioni che hanno conseguenze sui diritti; sempre per restare alla mia esperienza penso a temi come “che cosa sono le nuove forme di famiglia”, e come vanno considerate nelle politiche pubbliche. Oppure a “come gestire le conflittualità tra genitori separati” e quali siano gli interessi dei minori da tutelare e le comunicazioni corrette da adottare in questi casi, ad esempio da parte delle scuole di vario ordine. C’è dunque un ampio lavoro utile da fare anche solo sul tema della informazione e della “divulgazione dei diritti”, che sfoci o meno nell’immissione nell’agenda politica di iniziative o misure.

Peraltro una possibile azione dei garanti è di facilitare la messa in rete di conoscenze e risorse , ed è per questo che mi ripropongo di organizzare una “Consulta regionale ” di soggetti sociali quali sono  le associazioni che operano per la tutela dei minori e delle loro famiglie,  per far emergere proposte, socializzare esperienze, diventare soggetto consultabile in vista di decisioni pubbliche, ma anche per facilitare la comunicazione e l’informazione di esperienze su tutto il territorio regionale..

 

Non pensa che in alcune di queste attività il garante rischi di sovrapporsi o sostituire interventi che competerebbero ai servizi?

Non credo,  perché il garante si pone come soggetto terzo.

Va detto, a proposito delle funzioni dei garanti regionali per l’infanzia e l’adolescenza che la  recente legge 47/2017 “Disposizioni in materia di misure di protezione  dei minori stranieri non accompagnati” all’art. 11  ha da un lato riconosciuto formalmente per la prima volta la figura del garante per l’infanzia e l’adolescenza  e dall’altro ha assegnato agli uffici dei garanti regionali importanti compiti gestionali per l’individuazione, selezione e formazione di tutori volontari per i minori stranieri non accompagnati. In Piemonte  c’è stata un’adesione amplissima tanto che l’ufficio è stato letteralmente travolto dalla risposta (circa 600 domande)  al bando pubblico di reperimento. Tante le persone che si sono offerte per questa funzione, da selezionare e formare. Questa attività squisitamente gestionale ha nei fatti profondamente mutato la fisionomia dell’Ufficio che non è stato adeguato nella sua dotazione organica né finanziaria alle nuove esigenze.

Ma a parte specifiche funzioni anche gestionali che la legge affida al garante, è chiaro che nell’intercettare problemi (da chiunque sollevati) e nell’avviare azioni, questa figura non può evitare di occuparsi anche del singolo caso segnalato, per i problemi che pone “qui e ora”. Tuttavia l’azione del garante è tanto più utile quanto più problema e soluzioni emerse diventano opportunità per generalizzare procedure e miglioramenti anche nella rete dei servizi (di qualunque tipo). Oppure per farne tema di attenzione nell’opinione pubblica.