Attuare la legge sul Dopo di Noi: Stato e Regioni alla prova dei fatti


A cura di Claudio Castegnaro | 25 Maggio 2017

Intervista al prof. Giuseppe Arconzo: giurista, insegna diritti delle persone con disabilità all’Università Statale di Milano, delegato del rettore per la disabilità

 

Siamo ancora in alto mare?

L’iter per l’elaborazione della legge 112/2016 è stato molto lungo1. Quello attuativo si preannuncia articolato, ma non patologico, considerando che è la stessa legge a richiedere che Governo e Regioni si attivino per elaborare diversi atti necessari affinché i fondi già stanziati vengano effettivamente messi a disposizione dei progetti individuali delle persone con disabilità grave prive di sostegno familiare. Nel febbraio 2017 è stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale il decreto ministeriale adottato già il 23 novembre del 2016 che individua i criteri cui le Regioni devono attenersi e proprio in queste settimane le Regioni stanno predisponendo i documenti che, se approvati dal Governo, porteranno all’elaborazione dei progetti che saranno poi finanziati.

Si tratta di passaggi fondamentali – dai quali passa la effettiva riuscita degli obiettivi fissati dalla legge – che richiedono necessariamente una riflessione attenta, anche considerando che la legge n. 112 del 2016 si propone di dare attuazione a obiettivi particolarmente innovativi. Direi infatti che è la prima volta in cui nel nostro ordinamento si affronta in modo serio il tema del diritto alla vita indipendente per come è sancito dalla Convenzione ONU.

Certo, vi sono alcuni aspetti della legge che, come alcuni osservatori e le stesse associazioni delle persone con disabilità hanno evidenziato, vanno affrontati e analizzati in modo critico: penso in particolare all’assenza di dati e alla carente strategia comunicativa delle possibilità offerte dalla legge.

L’assenza di dati affidabili e aggiornati sulle persone con disabilità – rilevata già in sede di approvazione della legge – a più livelli di aggregazione, è un problema reale ancora insuperato che riguarda l’intero sistema dei servizi di welfare per le persone con disabilità e non solo il Dopo di Noi. Questo comporta, di fatto, l’impossibilità di fare investimenti e piani a lungo periodo.  Su questo piano si può e si deve investire maggiormente.  Qualcosa in più si deve poi certamente fare sulla comunicazione: non mi pare di avere visto quelle campagne informative che la stessa legge prevede.
Sono invece ottimista quanto al fatto che i fondi vengano utilizzati conformemente agli scopi dettati dalla legge. La legge e il decreto attuativo mettono in capo alle Regioni un compito molto importante, di programmazione e di individuazione delle modalità per selezionare i progetti da finanziare, ma anche per revocare i finanziamenti. Sono dunque le Regioni a dover prevedere forti elementi di controllo al finanziamento e agli scopi perseguiti dalla legge. In questa prospettiva decisiva mi pare la previsione del decreto ministeriale che prevede il coinvolgimento delle associazioni di rappresentanza nella definizione degli indirizzi di programmazione: un siffatto coinvolgimento potrà evitare che i fondi finiscano ad alimentare ancora processi segregativi.

Quali sono i punti forti della legge?

Il primo pilastro della legge 112 è costituito dalla previsione di un fondo per l’assistenza alle persone con disabilità grave prive del sostegno familiare. Il secondo pilastro, come vedremo fra poco, individua degli strumenti tecnici che dovrebbero promuovere la destinazione di patrimoni e risorse a sostegno dei progetti individuali per il dopo di noi.

Gli articoli 3 e 4 della legge delineano le finalità del fondo. In particolare, oltre a quantificarne la dotazione per gli anni 2016, 2017 e 2018, l’articolo 3 rimette al successivo decreto interministeriale l’individuazione dei requisiti necessari per poter accedere al fondo stesso e attribuisce alle regioni il compito di: i) adottare indirizzi di programmazione che dovranno coinvolgere necessariamente le organizzazioni di rappresentanza delle persone con disabilità; ii) definire criteri e modalità per l’erogazione dei finanziamenti, per la loro pubblicità e per la verifica rispetto alle attività svolte e per l’eventuale revoca dei finanziamenti stessi. Come anticipato, le modalità con cui le risorse stanziate verranno utilizzate si rileveranno decisive al fine di determinare il raggiungimento o meno dell’obiettivo che, pur non esplicitato dalla legge, permea l’intero intervento normativo: quello di assicurare alle persone con disabilità l’attuazione del diritto alla vita indipendente.

Da questo punto di vista, il citato decreto interministeriale presenta alcune norme particolarmente significative2. Si prenda ad esempio quanto disposto con riferimento al progetto individuale di cui all’art. 14 della legge n. 328 del 2000: la legge 112 dispone all’art. 1, comma 2, che le misure previste dalla normativa dovranno essere integrate proprio nel progetto individuale che, come noto, costituisce uno degli elementi su cui si fonda il diritto alla vita indipendente. Con molta precisione, il decreto interministeriale, all’art. 2, si sofferma sui contenuti che dovrà avere il progetto, richiedendo innanzitutto che lo stesso sia il frutto di una valutazione multidimensionale al cui esito sarà possibile individuare gli specifici sostegni di cui la persona ha bisogno. Il progetto individuale dovrà poi contenere il cosiddetto budget di progetto, definito come l’“insieme di tutte le risorse umane, economiche, strumentali, da poter utilizzare in maniera flessibile, dinamica ed integrata”. Inoltre, all’art. 3, comma 7, del decreto si evidenzia come i progetti personalizzati dovranno essere condivisi anche con i servizi per il collocamento mirato ed includere “la possibilità di inserimento in programmi di politiche attive del lavoro”. Insomma, l’idea che si ricava dalla lettura integrata della legge e del decreto è quella volta a valorizzare lo strumento del progetto individuale, che dovrebbe finalmente assurgere a elemento centrale di tutti gli interventi che ruotano intorno alla persona con disabilità. L’innovatività dell’approccio contenuto si desume in modo molto evidente dal confronto con la “Proposta di Secondo programma di azione biennale per la promozione dei diritti del’integrazione delle persone con disabilità” , ove si dedica ampio spazio sia alla necessità di riformare le modalità di accertamento della condizione di invalidità o disabilità, attualmente incentrata pressoché completamente sulla presenza di deficit fisici, sia alla necessità di elaborare e promuovere modelli allocativi di budget personalizzati che consentano l’ottimizzazione delle risorse “in una logica non prestazionale e frammentata”.

Su quali ambiti di vita delle persone con disabilità inciderà il provvedimento?

L’art. 4 della legge 112 indica le finalità cui le risorse del fondo possono essere destinate. Si tratta di quattro ambiti, descritti con una certa elasticità, e in riferimento ai quali l’art. 3 del D.M. del 23 novembre 2016 ha apportato una serie di opportune specificazioni.

  • Il primo dei quattro ambiti comprende l’attivazione e il potenziamento di interventi che favoriscano “percorsi di de-istituzionalizzazione e di supporto alla domiciliarità in abitazioni o gruppi-appartamenti che riproducano le condizioni abitative e relazionali della casa familiare, e che tengano conto anche delle migliori opportunità offerte dalle nuove tecnologie, al fine di impedire l’isolamento delle persone con disabilità grave”. Il tema della de-istituzionalizzazione è centrale nell’approccio che si riferisce ai diritti delle persone con disabilità (si veda ancora l’art.19 della Convenzione ONU). Non potranno così essere finanziate soluzioni abitative che offrano ospitalità a più di cinque persone o in cui non vi siano spazi che garantiscano la riservatezza e l’utilizzo di mobili e oggetti propri. Occorre che queste strutture abitative siano ubicate in zone residenziali o comunque in contesti territoriali non isolati, tali da permettere la “continuità affettiva e relazionale” delle persone che vi abitano.
  • Il secondo ambito concerne il finanziamento di “interventi per la permanenza temporanea in una soluzione abitativa extrafamiliare per far fronte ad eventuali situazioni di emergenza”. Il decreto ministeriale ne circoscrive ancora di più la possibilità di utilizzo, precisando che interventi di permanenza temporanea in strutture prive delle caratteristiche di residenzialità potranno essere finanziati soltanto se “si inseriscono in un percorso che identifica i tempi del rientro nella situazione familiare”.
  • La legge prevede poi che possano essere finanziati, come terza tipologia di interventi, quelli considerati “innovativi di residenzialità (…) volti alla creazione di soluzioni alloggiative di tipo familiare e di co-housing, che possono comprendere il pagamento degli oneri di acquisto, di locazione, di ristrutturazione e di messa in opera degli impianti e delle attrezzature necessari per il funzionamento degli alloggi medesimi, anche sostenendo forme di mutuo aiuto tra persone con disabilità”.
  • Minore precisione si rinviene con riferimento alla quarta tipologia di programmi finanziabili dal fondo. La lettera d) del primo comma dell’art. 4 della legge 112 ragiona di “programmi di accrescimento della consapevolezza, di abilitazione e di sviluppo delle competenze per la gestione della vita quotidiana e per il raggiungimento del maggior livello di autonomia possibile delle persone con disabilità”. Spetterà alle Regioni – nell’ambito degli indirizzi di programmazione e dei criteri e delle modalità per l’erogazione dei finanziamenti di cui si è detto – definire con maggior accuratezza in cosa consistono questi programmi.

Con quali strumenti le famiglie potranno sostenere i progetti individualizzati?

Il secondo caposaldo della legge 112 è costituito dall’art. 6 che disciplina l’istituzione di trust, di vincoli di destinazione di cui all’art. 2645 ter del Codice Civile e di fondi speciali composti di beni sottoposti a vincolo di destinazione e disciplinati con contratto di affidamento fiduciario. I primi assumono particolare importanza perché per la prima volta una legge li riconosce esplicitamente in un ambito diverso da quello fiscale. La legge non ne fornisce però alcuna definizione, né ne stabilisce gli effetti, imponendo di fatto la necessità di rinvenirne la disciplina negli approdi giurisprudenziali cui si è fino ad oggi pervenuti. I vincoli di destinazione e i fondi speciali, invece, sono istituti già utilizzati nella prassi. La legge individua comunque specifiche garanzie a favore delle persone con disabilità prevedendo, per esempio, la trascrivibilità dei vincoli e la opponibilità a terzi, realizzando così sia l’effetto di segregazione del patrimonio, sia quello di limitare il potere di disposizione del patrimonio stesso.

Sono previste delle condizioni, congiuntamente richieste, al fine di poter fruire delle agevolazioni fiscali. Innanzitutto, gli istituti di separazione patrimoniale, da costituirsi per atto pubblico, devono perseguire come finalità esclusiva l’inclusione sociale, la cura e l’assistenza delle persone con disabilità grave in favore dei quali sono istituiti. Si prescrive inoltre che gli esclusivi beneficiari degli strumenti siano le persone con disabilità grave e che tutti i beni gravati dai vincoli di destinazione ex art. 2645 c.c. e quelli che confluiscono nei trust e nei fondi speciali siano destinati esclusivamente alla realizzazione delle finalità assistenziali a favore delle stesse persone con disabilità grave. Tutte le agevolazioni trovano applicazione a far data dal 1° gennaio 2017. Ad esempio, l’art. 6, comma 9 della legge, prevede la deducibilità delle erogazioni liberali o delle donazioni disposte dai privati: si tratta dello stesso trattamento che il Decreto Legge n. 35 del 2005 assicura rispetto alle liberalità nei confronti delle Onlus. Rispetto alle agevolazioni ivi previste, la legge in esame prevede che siano deducibili, sin dal periodo di imposta 2016, somme fino al 20% del reddito dichiarato (anziché fino al 10%) e con un limite massimo di 100.000 (anziché di 70.000 euro).

Vorrei sottolineare che grazie a queste disposizioni si potrebbe valorizzare il ruolo di soggetti e figure chiave nella vita delle famiglie come le organizzazioni benefiche3, che possono gestire i beni conferiti garantendo assistenza a vita al familiare con disabilità, e l’amministratore di sostegno4 anche nel possibile ruolo di trustee. La norma dispone che il termine finale di durata del trust, dei fondi speciali e del vincolo venga a coincidere con la data della morte della persona con disabilità grave e che venga stabilita la destinazione del patrimonio residuo.

 

Cosa possiamo attendere nei prossimi mesi?

La legge 112 contiene delle prescrizioni volte a garantire la buona applicazione e il monitoraggio della normativa approvata. Come già accennato, l’art. 7 prescrive per esempio l’avvio di campagne informative a carico della Presidenza del Consiglio dei Ministri, anche se senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica (e forse qui sta l’ostacolo…), volte a diffondere la conoscenza delle misure introdotte.

Possiamo poi essere fiduciosi che le previsioni della legge 112 rientreranno – quando finalmente ne verrà effettuata l’individuazione – tra quei livelli essenziali di assistenza sociale che ancora non sono state definiti a livello nazionale. Ciò è particolarmente importante perché si eviteranno discriminazioni territoriali.

Al fine di assicurare la buona riuscita della legge e il rispetto del diritto alla vita indipendente, molto dipenderà, come già detto all’inizio, dal modo con cui le Regioni daranno seguito al compito loro attribuito, con riferimento alla definizione degli indirizzi di programmazione delle risorse e delle modalità per l’erogazione dei finanziamenti. Se in ambito regionale riusciranno a prevalere orientamenti in grado di garantire effettivamente la libertà di scelta delle persone con disabilità, la legge sul dopo di noi assicurerà quel diritto alla vita indipendente che appare indispensabile nell’ottica della loro piena inclusione. Da questo punto di vista, il coinvolgimento delle organizzazioni di rappresentanza delle persone con disabilità, richiesto dalla norma, pare una buona garanzia al fine di evitare che le risorse messe a disposizione non finiscano per finanziare misure che vanno nel senso opposto dello spirito della legge.

Rispetto alla previsione di agevolazione sul piano fiscale, infine, attendiamo il decreto interministeriale che definirà le modalità di attuazione della norma. Su questo si giocherà l’ideazione e consolidamento di molti progetti e la possibile nascita e sviluppo di organizzazioni partecipate dalle famiglie delle persone con disabilità.

 

  1. G. Arconzo, La legge sul “dopo di noi” e il diritto alla vita indipendente delle persone con disabilità, in Quaderni Costituzionali, a. XXXVI, n. 4, dicembre 2016, pagg. 787-790.
  2. Cfr. l’articolo di C. Castegnaro in questo sito Disabilità grave, Dopo di Noi e attuazione legge 112/2016
  3. E. Vivaldi, Disabilità e sussidiarietà. Il dopo di noi tra regole e buone prassi, Il Mulino, Roma, 2012.
  4. Guida “Dopo di Noi” Consiglio del Notariato e Associazioni Consumatori, maggio 2017.