‘Gender regime’ e sviluppo delle politiche di contrasto alla violenza di genere in Italia e Spagna


1Introduzione

In Italia, il 31,5% delle donne ha subito una qualche forma di violenza fisica o sessuale nel corso della propria vita e il numero di donne vittime di omicidio volontario numero di donne vittime di omicidio volontario è aumentato in maniera costante negli anni. Secondo l’ultimo rapporto di WAVE, sono state 800 le donne vittime di femminicido negli stati membri dell’Unione Europea nel 2022. In Italia e Spagna sono state uccise rispettivamente 120 e 83 donne. La lotta contro la violenza di genere è divenuta una priorità nell’agenda delle istituzioni internazionali, quali l’Unione Europea e le Nazioni Unite, così come del movimento femminista globale, già a partire dagli anni Novanta del secolo scorso, con l’introduzione di importanti norme internazionali a seguito del Convegno Mondiale sui Diritti Umani (1993) e la Piattaforma d’Azione di Pechino (1995). Ciò nonostante, il progresso nella lotta alla violenza contro le donne rimane disomogeneo tra i paesi, anche tra quelli – come la Spagna e l’Italia – geograficamene prossimi e con contesti storici, politici e modelli di welfare simili.

L’Italia e la Spagna sono spesso considerate appartenere ad un comune modello di welfare del Sud dell’Europa, caratterizzato da politiche familistiche che rafforzano le disuguaglianze di genere e i modelli familiari tradizionali. Eppure, gli ultimi decenni mostrano come i due paesi abbiano preso direzioni sempre più diverse (come mostra anche il Gender Equality Index), e ciò è vero anche in particolare nel campo dello sviluppo delle politiche di contrasto alla violenza contro le donne (Htun & Weldon, 2012).

In questo contributo analizziamo questi sviluppi e proponiamo una spiegazione delle differenze tra i due paesi che guarda all’evoluzione complessiva del gender regime – ovvero il sistema di norme, istituzioni e pratiche sociali che regolano le relazioni di genere (Walby, 2009) – dei due paesi, e in particolare all’interazione tra la sfera della società civile e dei movimenti femministi e anti-gender e quella della polity, ovvero gli attori e la politica nelle istituzioni.  

Caratteristiche e sviluppo delle politiche per porre fine alla violenza contro le donne in Italia e Spagna

In Italia, il governo ha varato la prima legge per contrastare la violenza contro le donne solo nel 1996, più di dieci anni dopo della Spagna (1983). L’analisi comparata mostra come in entrambi i paesi la violenza di genere sia divenuta un tema di interesse publico e oggetto della regolazione dello Stato, ma mentre in Spagna questa si caratterizza per la sua natura comprensiva e istituzionalizzata, in Italia rimane frammentata e il finanziamento delle misure di prevenzione e dei centri-antiviolenza limitato.

Spagna

In Spagna, la violenza di genere è un problema pubblico che viene affrontato in modo comprensivo dalle istituzioni dello Stato. Dalla fine degli anni 1970, le richieste del movimento femminista si sono concentrate sulle riforme giuridiche, portando alla modifica del codice penale nel 1989 e alla definizione della violenza contro le donne come crimine. Nel 1998, il governo spagnolo ha varato il primo piano nazionale per combattere la violenza domestica. Le misure più importanti includono una campagna di sensibilizzazione dell’opinione pubblica, l’espansione dei servizi per denunciare la violenza domestica e l’accoglienza delle vittime. Due ulteriori riforme (Legge Organica 11/1999 e 14/1999) hanno ampliato la definizione di violenza domestica, includendovi le forme psicologiche e la violenza tra partner non conviventi.

Gli anni 2000 hanno segnato una maggiore politicizzazione della violenza di genere in Spagna. Nel 2004, il neoeletto Partito Socialista (PSOE) ha introdotto una nuova legislazione complessiva sulle misure di protezione contro la violenza di genere (Legge Organica 1/2004), che è stata acclamata come una buona pratica internazionale. Questa legislazione ha riconosciuto la violenza contro le donne come un fenomeno di genere con cause strutturali nella società, che devono essere affrontate attraverso interventi sistemici. Questi comprendono le misure giudiziarie e penali, ma anche un’ampia gamma di misure educative, sanitarie e socioeconomiche. L’inclusione della violenza di genere nell’agenda istituzionale, insieme al vasto sostegno trasversale dei partiti, riflette anche i rapidi cambiamenti nell’atteggiamento pubblico nei confronti della violenza di genere.

In sintesi, in Spagna la violenza di genere viene affrontata attraverso diversi meccanismi in varie arene istituzionali (esecutive, giudiziarie) e livelli di governo, e la maggior parte dei centri antiviolenza sono gestiti dallo Stato. Ciò nonostante, l’attuazione e il coordinamento interistituzionale rimangono un punto debole del sistema, così come il finanziamento dei servizi, in particolare dopo i tagli di bilancio seguiti alla crisi di austerità del 2008.

Italia

In Italia, analogamente alla Spagna, la questione della violenza contro le donne ha iniziato ad acquisire visibilità politica negli anni 1970, grazie alle mobilitazioni femministe che chiedevano il suo riconoscimento come problema pubblico richiedente l’intervento dello Stato. Tuttavia, ci sono voluti quasi vent’anni perché venisse adottata la prima legge contro la violenza sessuale (legge 66/196). Altre leggi sono seguite nel 2001 (violenza domestica), nel 2006 (mutilazioni genitali femminili) e nel 2009 (stalking). L’adozione di queste riforme è stata il risultato della mobilitazione e del lavoro persistente dei gruppi femministi e dei loro tentativi di influenzare la legislazione in materia di violenza contro le donne. Tuttavia, le politiche istituzionali si limitavano a fornire risposte a questioni specifiche e non collegavano la violenza di genere ai diritti umani o a strutture più ampie, come nel caso della Spagna.

Il primo piano nazionale contro la violenza di genere è stato adottato solo nel 2010 ed è stato criticato dalle reti femministe per aver utilizzato un approccio di emergenza, non riconoscendo quindi la natura strutturale del problema (Di.Re, 2018). Il Piano nazionale 2017-2020 si è allontanato da questo approccio. Sviluppato con il coinvolgimento di gruppi femministi e di centri e rifugi per donne, il piano proponeva una visione più strutturale. Tuttavia, risorse limitate sono state destinate all’attuazione del piano e il finanziamento dei centri di accoglienza per le donne – in gran parte forniti da organizzazioni non-profit e gestiti da attiviste femministe – rimane un punto debole del sistema. In Italia, la gestione dei centri antiviolenza resta una prerogativa delle organizzazioni femministe autonome con scarso sostegno da parte dello Stato. Sebbene questo approccio abbia portato allo sviluppo di una metodologia di empowerment femminista nell’assistenza alle vittime di violenza, l’endemica mancanza di finanziamenti ostacola l’erogazione continuativa dei servizi continui e la loro copertura su tutto il territorio. In Italia sono mancate anche l’attenzione alla creazione di un sistema pubblico di prevenzione e campagne volte ad aumentare la consapevolezza culturale sulla violenza di genere. Queste sono alcune delle principali differenze tra l’approccio italiano e l’approccio statale della Spagna.

Come comprendere le differenze nell’approccio alla violenza di genere in Italia e Spagna?

In un recente articolo, scritto assieme ad Alba Alonso, A Southern European model? Gender regime change in Italy and Spain, sosteniamo che le cause dei maggiori progressi della Spagna nella lotta alla violenza di genere rispetto all’Italia si trovano nella configurazione del regime di genere nei due paesi e in particolare nella dinamica tra istituzioni politiche, partiti politici, forze anti-genere e movimenti femministi.

Il sistema dei partiti politici è stato più favorevole al progresso dell’uguaglianza di genere in Spagna che in Italia. I principali partiti di centrodestra al potere in Italia per lunghi periodi (Democrazia Cristiana per 40 anni, Forza Italia per 20 anni) hanno svolto un ruolo antifemminista fondamentale, mentre il sistema partitico spagnolo si è rivelato più stabile e caratterizzato dall’alternanza tra governi di destra e di sinistra. Anche il principale partito di destra spagnolo (PP) ha mostrato una posizione piu favorevole, seppure in maniera ambivalente, nei confronti delle politiche di uguaglianza di genere, poiché la sua ambizione di diventare il partito di destra egemone ha prodotto una convergenza strategica con il partito socialista (PSOE). Questa convergenza contribuisce a spiegare la posizione della Spagna come precursore nella promozione dell’uguaglianza di genere negli ultimi decenni.

L’ideologia politica del partito al governo è importante per l’uguaglianza di genere, con i partiti di sinistra che generalmente sono più proattivi dei partiti di destra nel promuovere politiche di uguaglianza di genere e nell’istituzionalizzazione delle politiche contro la violenza di genere. In Spagna, lunghi periodi (22 anni) di governo di maggioranza da parte del partito socialista (PSOE) e la forza delle femministe all’interno dei partiti di sinistra (PSOE prima, e poi Podemos) hanno assicurato un progresso continuo nel portare avanti l’agenda sull’uguaglianza di genere. Al contrario, in Italia il partito di centrosinistra PD ha goduto di minori opportunità di governo, e spesso ha governato con maggioranze instabili che hanno promosso la ricerca di consenso e ostacolato ambiziose politiche di uguaglianza (Lombardo & Del Giorgio, 2013). Al PD è mancata anche quella massa critica di femministe all’interno del partito che ha spinto per il progresso in Spagna.

I partiti tradizionali e di destra radicale hanno una storia più lunga in Italia che in Spagna. L’indagine dei comitati esperti CHES (2006-2019) mostra una presenza consistente di partiti di destra ed estrema destra in Italia che si oppongono alle politiche di uguaglianza di genere. I partiti dell’estrema destra italiana sono anche gli alleati dei movimenti anti-genere, come dimostrato dalla partecipazione di Salvini (Lega) e Meloni (FdI) al Congresso mondiale della famiglia di Verona nel 2019.

L’introduzione delle quote di genere obbligatorie in Spagna nel 2007 e la presenza di quote volontarie nei partiti di sinistra hanno consentito una presenza relativamente elevata di donne in parlamento (47% nel 2019). Al contrario, la rappresentanza delle donne è rimasta al di sotto o intorno al 10% in Italia fino alla metà degli anni 2000, e ha raggiunto livelli superiori al 30% solo a partire dalle elezioni nazionali del 2018.

La posizione politica dei partiti politici sulla violenza di genere può anche essere collegata alle forti differenze nell’opinione pubblica riguardo ai ruoli di genere e alle disuguaglianze nei due paesi. I dati Eurobarometro mostrano una maggiore prevalenza di idee conservatrici sul genere nella cultura socio-politica italiana rispetto a quella spagnola. Il livello di consapevolezza delle disuguaglianze di genere e di sostegno all’uguaglianza di genere è in Spagna vicino a quello dei paesi del Nord Europa, mentre in Italia è spesso al di sotto della media UE.

Anche l’istituzionalizzazione delle politiche di uguaglianza di genere presenta modelli dissimili nei due paesi. Mentre in Spagna sono state create varie istituzioni indipendenti sia a livello nazionale (Istituto della Donna 1983, Segretariato Generale di Stato 2004, Ministero per l’Uguaglianza 2008, tutti istituiti dal Partito Socialista) che regionale (Bustelo, 2016), in Italia la creazione di istituzioni per la promozione delle politiche di uguaglianza di genere è rimasta limitata alla Commissione Nazionale per l’Uguaglianza (1984) e al Ministero – senza portafoglio – per le Pari Opportunità (1996), istituiti rispettivamente dal Partito Socialista e da una coalizione di centrosinistra.

La tipologia del movimento femminista, come catalizzatore del cambiamento, mostra importanti differenze storiche tra i due paesi. In Spagna, la gran parte del movimento femminista era orientato allo Stato con importanti collegamenti con le femministe nei partiti politici, mentre allo stesso tempo la presenza di un forte movimento femminista autonomo esercitava pressioni dall’esterno. Prevenire la violenza di genere è stata una battaglia unificante per il movimento femminista spagnolo fin dagli anni 1970. Il movimento femminista italiano ha invece privilegiato temi legati alle differenze sessuali e alla politica extra-istituzionale. Sebbene la violenza contro le donne fosse una delle questioni centrali del movimento femminista italiano negli anni 1970, nei decenni successivi le mobilitazioni sono state meno intense. È stato solo nel 2016, con la nascita di Non-Una-di-Meno (NUDM), che una nuova ondata di mobilitazioni femministe e manifestazioni di massa contro la violenza di genere è esplosa nuovamente sulla scena pubblica.

L’influenza della religione organizzata sulle politiche di uguaglianza di genere (Walby, 2009) appare più forte in Italia che in Spagna. In Italia il Vaticano ha tradizionalmente esercitato una forte ingerenza politica sulle questioni legate alla sessualità e alla riproduzione attraverso i suoi alleati politici (come la DC durante la prima repubblica). Anche se la Chiesa cattolica si è mobilitata contro la sessualità e le questioni riproduttive anche in Spagna, non è stata in grado di produrre impatti politici significativi e nella maggior parte dei casi è riuscita solo a ritardare i progressi.

La presenza di attori anti-genere che si oppongono attivamente ai diritti umani e di uguaglianza di genere ha giocato un ruolo significativo sia in Italia che in Spagna, ma solo in Italia ha raggiunto una crescente politicizzazione delle questioni di genere, sessualità e pro-famiglia tradizionale. La nomina nel 2022 di Eugenia Roccella, portavoce apertamente anti-genere, alla guida del ribattezzato “Ministero della Famiglia, della natalità e dell’uguaglianza” è un chiaro esempio di queste connessioni politiche.

Conclusioni

La lotta contro la violenza di genere è una priorità nell’agenda delle istituzioni internazionali e del movimento femminista globale, tuttavia, i progressi restano disomogenei tra paesi mediterranei come la Spagna e l’Italia che sembrerebbero condividere modelli culturali, politici e di welfare simili. In questo contributo abbiamo mostrato che i maggiori progressi nella lotta alla violenza di genere in Spagna rispetto all’Italia sono dovuti allo sviluppo del gender regime del paese e in particolare alla configurazione delle istituzioni politiche, partiti politici, forze anti-genere e movimenti femministi. Lo studio della violenza di genere e delle politiche pubbliche necessarie alla sua eradicazione, in Italia e in prospettiva comparata, è fondamentale per realizzare una diagnosi accurata del problema e dei fattori tendenti a favorire o impedire l’introduzione di misure efficaci per il suo contrasto.