Il basic income al centro del dibattito in Europa


Chiara Crepaldi | 24 Marzo 2017

Il tema dell’istituzione di un reddito di base universale indipendente dal reddito e da qualsivoglia condizionalità è attualmente al centro del dibattito europeo. Le ragioni per un accresciuto interesse verso questo tipo di misura derivano dalla consapevolezza che le nuove tecnologie e i robot stanno portando e porteranno sempre più ad una riduzione di posti di lavoro e che, anche una accelerata della crescita del PIL, magari sostenuta da manovre economiche in tale direzione, non ci si aspetta possa portare una crescita dell’occupazione. Al World Economic Forum di Davos del 20 gennaio di quest’anno i relatori hanno sottolineato che il tema richiede di essere trattato dai policymakers con molta maggiore attenzione di quanto non si stia facendo oggi.

 

Dalla prospettiva degli economisti il tema nasce dalla riflessione connessa al rapporto tra la rivoluzione digitale e il futuro del lavoro, che sta portando ad un rapido “digital skill mismatch”, una criticità legata sia all’invecchiamento rapido delle competenze della forza lavoro per effetto dei processi di trasformazione digitale, come anche all’eccesso di occupazione sostituta via via dalla robotica. Secondo uno studio del 2013 di Frey ed Osborne dell’Università di Oxford, convalidato da un rapporto della Banca Mondiale del 2016, nell’Europa Occidentale sono a rischio il 57% dei posti di lavoro.

 

A questo si aggiunge il tema della tassazione del lavoro realizzato dai robot, provocatoriamente sollevato da Bill Gates nelle scorse settimane: “Se un lavoratore umano guadagna 50mila dollari lavorando in una fabbrica, il suo reddito è tassato. Se un robot svolge il suo stesso lavoro dovrebbe essere tassato al suo stesso livello”.  La proposta di Bill Gates è quindi quella di destinare i proventi di una nuova tassa sui robot a sostenere i lavoratori che hanno perso il lavoro, che potrebbero dedicarsi ad attività di grande rilevanza sociale, come offrire servizi per gli anziani, insegnare nelle scuole, aiutare i bambini che hanno bisogni speciali. Ritiene che i paesi oggi non siamo ancora pronti per un basic income ma che dovranno probabilmente arrivare ad introdurlo prima o poi.

La proposta di Bill Gates è stata criticata da molti ma appoggiata da altri osservatori internazionali, che l’hanno connessa al dibattito in corso da anni sul tema del Basic Income, o reddito di base incondizionato.

 

Keynes già nel 1930 aveva profetizzato che la tecnologia avrebbe portato alla disoccupazione di massa e l’emergenza del fenomeno ora viene considerata una priorità anche dalle istituzioni europee. In uno studio recente promosso dal Parlamento Europeo si sottolinea che “l’automazione, la rivoluzione digitale, la globalizzazione e la crisi economica in atto hanno portato ad un aumento della disoccupazione, ad una crescita della precarietà e ad un indebolimento della protezione sociale in molti paesi. Al fine di far fronte all’aumento delle disuguaglianze e della povertà, il tema del reddito di base incondizionato sta iniziando ad attrarre l’attenzione in Europa” (Parlamento Europeo, 2016).

 

L’idea di un reddito di base per ogni cittadino descritta nello studio prevede una forte semplificazione dei sistemi di protezione sociale, spesso costosi e complessi, che verrebbero sostituiti da una misura unica, universale ed incondizionata capace di contribuire, secondo gli estensori, ad una maggiore uguaglianza tra in cittadini europei. La proposta ovviamente solleva questioni circa i costi e la sua percorribilità effettiva, e pone importanti questioni di natura etica.

Tra gli effetti positivi la letteratura segnala la semplificazione dei sistemi di protezione sociale, che porterebbe ad una notevole riduzione di costi dell’intero sistema, legati alla riduzione degli apparati burocratico-amministrativi necessari per l’accertamento dei requisiti di accesso e di condizionalità, e all’azzeramento della duplicazione di benefici percepiti dai medesimi beneficiari, oltre a garantire un abbattimento del non take up rate delle attuali misure, molto elevato nella maggior parte dei paesi europei. La mancanza di condizionalità favorirebbe anche una uscita dalla trappola della povertà che tende ad imbrigliare in un circolo vizioso coloro che, beneficiando di una misura di sostegno al reddito condizionata ad una determinata soglia di reddito da lavoro, possono essere portati a rinunciare ad accettare lavori saltuari (mal-) retribuiti che metterebbero a rischio la permanenza nella misura.

Altri aspetti positivi ampiamente richiamati sono legati all’effetto positivo di una misura non stigmatizzante rispetto ad una erogata a soggetti definiti come poveri assoluti, e ad un notevole effetto sul rilancio della domanda di beni e servizi.

 

Tra le principali critiche vi è ovviamente quella legata al costo dell’introduzione di una misura di questo tipo, che andrebbe finanziata con un aumento della tassazione ed una profonda revisione del sistema fiscale nel suo complesso. Da un punto di vista etico si sostiene inoltre che un reddito di base incondizionato potrebbe portare ad un ‘impigrimento’ della popolazione, ad una riduzione dell’autonomia individuale e della motivazione allo sforzo e all’impegno individuale: secondo gli scettici una misura di questo tipo ridurrebbe in maniera consistente la disponibilità a cercare, trovare e conservare l’occupazione.

 

Per valutarne concretamente gli effetti alcuni paesi, quali l’Olanda e la Finlandia, stanno già testando misure di questo tipo, per valutarne l’impatto sociale ed economico, oltre che sulla possibile passivizzazione che può generare sui beneficiari.

La Finlandia, che sta attraversando anni di profonda difficoltà occupazionale legata alla crisi della Nokia, con una crescita della disoccupazione al 9.4% rispetto ad un minimo storico del 4.1%, ha appena avviato la sperimentazione di un reddito di base volto a riformare il sistema di welfare nel suo complesso, allo stesso tempo garantendo, auspicabilmente, un taglio della spesa sociale. L’ambizioso esperimento dovrebbe condurre il paese nordico a semplificare il suo complesso sistema di sussidi statali per la disoccupazione, l’alloggio, lo studio o il congedo parentale a favore di una unica misura su base individuale. A tal fine il governo di centro-destra ha dato avvio ad una sperimentazione che ha preso avvio a inizio 2017, nell’ambito della quale mettere a confronto differenti scenari, modelli ed ipotesi diversificate di importi da erogare per garantire una vita dignitosa, e valutare gli effetti sulla tassazione e sulla propensione a intraprendere o conservare una attività lavorativa. Si tratta di un esperimento regionale che prevede di coinvolgere a regime tra 5.000 e 10.000 cittadini, in questa prima fase solo se disoccupati, a cui viene erogato un reddito di base tra i 500 a i 700 euro al mese – circa un quarto del reddito medio del paese. Oltre al gruppo sperimentale, che in questi primi mesi sarà limitato a 2.000 persone, la sperimentazione prevede il coinvolgimento di un gruppo di controllo di 175.000 finlandesi: al termine della sperimentazione si valuterà la condizione dei primi rispetto ai secondi. Se l’esperimento dovesse funzionare la misura verrà estesa a studenti, casalinghe e persone con redditi sotto una certa soglia. La proposta iniziale di garantirlo a tutti i maggiorenni, salvo i pensionati, è stata per il momento accantonata perché sarebbe costata troppo, ovvero 15 miliardi di euro per una popolazione che è un decimo di quella italiana.

Anche l’Olanda ha avviato nel 2017 una sperimentazione in tal senso. Ad Utrecht la sperimentazione ha avuto inizio il 1º gennaio 2017, con il coinvolgimento di cinque gruppi di cittadini che vengono sottoposti a modalità differenti di sostegno al reddito: un primo gruppo è composto da attuali beneficiari di sussidi che rimangono utenti del tradizionale regime definito di ‘workfare’, in base al quale le persone che vivono da sole ricevono circa 970 euro mensili e le coppie circa 1.390. Un secondo gruppo riceve gli stessi benefici del primo ma senza condizioni, sanzioni o obblighi di accettare una occupazione. Un terzo gruppo riceverà gli stessi benefici incondizionati del secondo gruppo e in più, a coloro che scelgono di fare attività di volontariato, verrà erogato un extra bonus mensile di 125 euro. Il quarto gruppo per ricevere i benefit del secondo gruppo dovrà obbligatoriamente svolgere una attività di volontariato, in assenza della quale perderà il bonus di 125 euro. Un quinto gruppo riceverà benefici incondizionati, senza l’extra-bonus, e potrà guadagnare un reddito supplementare derivante da altri lavori. Esperimenti simili saranno condotti in altre città olandesi come Wageningen, Tilburg, Groningen e Nijmegen.

La Svizzera nel giugno del 2016 ha tenuto un referendum sul tema e gli elettori hanno respinto la proposta di introdurre un reddito incondizionato fissato a circa 2.300 euro mensili.

 

La proposta di un reddito di base incondizionato è stata anche portata al voto al Parlamento Europeo: il 16 febbraio il Parlamento Europeo ha rigettato, con 328 voti contrari e 286 a favore, una proposta di risoluzione avanzata dalla Commissione giuridica di istituire un reddito di base (o di cittadinanza) come ammortizzatore sociale per la perdita di milioni di posti di lavoro dovuti all’automazione. È stata bocciata anche l’idea di tassare la produzione di robot per avere i fondi necessari per il finanziamento della misura.