Crescono povertà e diseguaglianze


Daniela MesiniEleonora Gnan | 25 Marzo 2024

Il lungo strascico della pandemia, i precari equilibri geopolitici connessi alle guerre in corso ed il crescere esponenziale dell’inflazione stanno mettendo a dura prova le capacità di ‘galleggiamento’ delle famiglie e acuendone le disuguaglianze.

Secondo l’ultimo Rapporto Oxfam, in Italia, a fine 2022, l’1% più ricco era titolare di un patrimonio 84 volte superiore a quello detenuto dal 20% più povero della popolazione, la cui quota di ricchezza nazionale si è dimezzata in un anno. ISTAT, nelle ultime statistiche sulla povertà,1 stima quasi 2,2 milioni di famiglie italiane in condizioni di povertà assoluta nel 2022,2 per un totale di oltre 5,6 milioni di individui. I dati registrano un’ulteriore crescita rispetto al 2021: l’incidenza della povertà assoluta a livello familiare passa dal 7,7% all’8,3%, mentre quella individuale sale dal 9,1% al 9,7%. Tale aumento è in larga parte imputabile alla forte accelerazione dell’inflazione che, nell’ultimo anno, ha visto un’impennata dell’indice armonizzato dei prezzi al consumo pari a +8,7%, dato che sale a +12,1% per le famiglie meno abbienti.

Come noto, l’incidenza della povertà assoluta continua ad essere più elevata nel Mezzogiorno, sia a livello familiare (10,7%) che individuale (12,7%), colpisce maggiormente i nuclei la cui persona di riferimento presenta un basso titolo di studio (12,5% se con licenza di scuola media) ed una situazione occupazionale precaria (22,4% se in cerca di occupazione). A tal proposito, il Rapporto SDGs 2023 evidenzia come il fenomeno dei working poor risulti particolarmente significativo nel nostro Paese: nel 2022, 2,7 milioni di persone, pari all’11,5% degli occupati (contro una media europea dell’8,9%), malgrado lavorino, sono a rischio di povertà, dato che sale al 20,3% nel Sud e al 21,9% nelle Isole. Si tratta soprattutto di cittadini stranieri (24,7%), di giovani nella fascia di età 25-34 anni (12,5%) e 35-44 anni (13,7%). A tale fenomeno di sotto-occupazione caratterizzato da salari troppo bassi e inadeguati, il recente Rapporto su povertà ed esclusione sociale in Italia 2023 di Caritas Italiana ha dedicato uno specifico approfondimento3.

La povertà assoluta, ci dice sempre ISTAT, continua a colpire i minori e le famiglie numerose: l’incidenza raggiunge il 22,5% tra i nuclei con più di cinque componenti ed il 22,3% tra le famiglie con tre o più figli minori. Nel nostro Paese i minori in condizioni di povertà assoluta sono 1 milione e 269 mila, con una certa stabilità rispetto al 2021, seppur le classi di età che registrano un più marcato peggioramento sono quelle dei bambini fino ai 3 anni (dal 13,6% al 14,7%) e nella fascia di età 4-6 anni (dal 12,6% al 14,3%). Il fenomeno è particolarmente significativo tra le famiglie monogenitore (13,3%), per i nuclei con persona di riferimento in cerca di occupazione (28,1%) e per quelli composti unicamente da stranieri (36,1%).

Sono proprio gli stranieri ad essere i più colpiti dalla povertà: si trovano in tale condizione oltre 1,7 milioni di individui, con un’incidenza del 34%, quasi cinque volte superiore a quella degli italiani (7,4%). Le famiglie con stranieri, pur essendo solo l’8,7% del totale delle famiglie residenti in Italia, rappresentano il 30% dei nuclei familiari in povertà assoluta, pari a circa 661 mila unità. Infine, anche nel 2022 la povertà assoluta si conferma più diffusa tra le famiglie in affitto, pari a oltre 983 mila unità, per un’incidenza del 21,2% contro il 4,8% di quelle che vivono in abitazioni di proprietà. Si tratta di dati in leggero peggioramento rispetto al 2021, quando l’incidenza era rispettivamente del 19,1% e del 4,3%. Mostrano segnali di peggioramento le famiglie in affitto composte esclusivamente da membri italiani, che salgono dal 12,7% al 15,2%, mentre l’incidenza è sostanzialmente stabile per i nuclei affittuari di soli stranieri (dal 34,7% al 34,4%).

Ma la povertà non è solo economica

Come già più volte abbiamo ricordato4, la povertà non si traduce solo in deprivazione economica ma rappresenta l’esito di una complessa e multipla interazione di fattori, che genera disparità relative alla capacità delle famiglie di far fronte ai bisogni primari, quali quelli sanitari, alimentari e abitativi.

Povertà sanitaria. L’XI Rapporto del Banco Farmaceutico sulla povertà sanitaria in Italia stima, nel 2022, un aumento del 10,6% della povertà sanitaria5 nel nostro Paese rispetto al 2021, corrispondente a oltre 427 mila persone. Inoltre, per il quinto anno consecutivo, si registra un notevole aumento (+6,5% rispetto al 2021) della spesa farmaceutica a carico delle famiglie, sia povere che benestanti. Ma la differenza tra le due categorie sta nella diversa capacità di spesa per la salute: se una persona indigente ha mediamente a disposizione un budget mensile per le spese sanitarie pari a 9,9 euro, una persona non povera ne ha 66,8, circa sei volte tanto. La stessa dinamica si registra anche rispetto all’acquisto di farmaci: 5,8 euro medi mensili dei poveri contro i 26 euro dei non poveri.

Quadri sanitari compromessi rendono difficile lo svolgimento di un’attività lavorativa ed il conseguente guadagno di un reddito soddisfacente; d’altra parte, situazioni di deprivazione economica rendono più problematico il prendersi cura della propria salute sia a livello preventivo sia nelle fasi acute, generando così una relazione circolare tra povertà di reddito e povertà di salute. Sempre secondo Banco Farmaceutico, nel 2022 gli italiani che dichiarano di sentirsi economicamente vulnerabili sono quasi 19 milioni, tra questi circa 1,2 milioni di persone avvertono anche seri problemi di salute. Inoltre, la qualità della vita legata a gravi problemi di salute è peggiore per chi ha meno risorse rispetto a chi ha un reddito medio-alto (25,2% vs 21,7%). Nella compromissione dello stato di salute di chi è economicamente vulnerabile, un ruolo importante viene giocato dalla rinuncia a effettuare visite specialistiche, che è cinque volte superiore al resto della popolazione (6,1% vs 1,6%).

Precarietà alimentare. Secondo il World Food Summit del 1996, la sicurezza alimentare è la condizione in cui tutte le persone, in ogni momento, hanno accesso a cibo sufficiente, sicuro e nutriente, che soddisfi le esigenze dietetiche e le preferenze alimentari per condurre una vita sana e attiva. Negli ultimi anni, anche nel nostro Paese, l’insicurezza alimentare sta rappresentando un fenomeno in forte crescita, che si manifesta non solo in termini di deprivazione alimentare o denutrizione, ma anche di malnutrizione. Il report L’evoluzione e lo stato della povertà alimentare a Roma nel contesto italiano 2023, recentemente presentato dall’Osservatorio Insicurezza e Povertà Alimentare, sostiene che nel 2022 circa 3,4 milioni di persone nel nostro Paese abbiano sofferto di insicurezza alimentare severa o moderata, e circa la metà della popolazione adulta risulti essere in sovrappeso (32,5%) od obesa (19,9%). Problemi, questi ultimi, che interessano anche i più giovani, collocando l’Italia al quarto posto in Europa per prevalenza di sovrappeso e obesità infantile.

Il IV Rapporto sulla povertà alimentare in Italia, pubblicato da ActionAid in collaborazione con Percorsi di Secondo Welfare, presenta un’analisi combinata dei microdati di tre indagini campionarie condotte da ISTAT6 con l’intendo di ricostruire diffusione ed intensità del fenomeno della deprivazione alimentare materiale, definita come l’impossibilità, per ragioni economiche, di fare un pasto completo almeno una volta ogni due giorni. Nel 2021 risultano in tali condizioni il 7,9% della popolazione residente in Italia, pari a 4,6 milioni di persone. Particolarmente colpiti i minori di 15 anni: oltre 200 mila, con un’incidenza pari al 2,5%. Si trovano, invece, in condizioni di deprivazione alimentare sociale, ossia l’impossibilità di riunirsi con amici e parenti per mangiare o bere qualcosa almeno una volta al mese, circa 3,3 milioni di individui, pari al 6,5% della popolazione con più di 15 anni. Si tratta di indicatori che presentano un lieve miglioramento negli anni, ma che rilevano comunque una forte preoccupazione, specie per le fasce di età giovanile ed una significativa disomogeneità tra Nord e Sud: le incidenze più alte si registrano in Campania, pari rispettivamente al 20,2% e al 15,2%, mentre quelle più basse in Emilia-Romagna e Trentino Alto Adige, dove non superano il 4%.

Infine, il fenomeno della povertà alimentare può essere letto anche tenendo in considerazione i comportamenti di spesa delle famiglie: nel 2021, i nuclei che hanno dovuto ridurre l’acquisto di beni alimentari sono ben 2,3 milioni di persone, pari al 9%, con valori molto elevati specie nel Mezzogiorno. In media, l’incidenza della spesa alimentare sulla spesa totale delle famiglie è pari al 19,3%, ma il suo peso è nettamente maggiore tra le famiglie in povertà assoluta (23,9%), quelle composte da soli stranieri (23,3%), numerose (22,8%) e in affitto (22,3%).

Disagio abitativo. Il tema della casa7 rappresenta oggi un ambito di forte criticità soprattutto per quella fetta di popolazione che, per via di condizioni di deprivazione economica o presenza di particolari vulnerabilità, vive in situazioni di precarietà abitativa e incontra difficoltà nel mantenimento del proprio alloggio. Un indicatore volto a misurare il benessere abitativo della popolazione, e in particolare a valutare l’adeguatezza delle condizioni abitative, è rappresentato dalla grave deprivazione abitativa8: nel 2021 si trova in tale condizione il 5,9% degli italiani. Il dato più elevato si registra nel Mezzogiorno, dove si trova in condizioni di grave deprivazione abitativa il 6,5% della popolazione. ISTAT sottolinea, inoltre, elevati livelli della componente relativa all’affollamento abitativo9 (28%, +1,9% in più rispetto al 2020) e peggioramenti nel segnale di deprivazione legato alla presenza di arretrati nel pagamento di mutuo, affitto e bollette.

Strettamente interconnesso al disagio abitativo, il fenomeno della povertà energetica – che trova definizione nell’impossibilità di poter scaldare o rinfrescare adeguatamente la propria casa, poterla illuminare e avere accesso all’acqua calda – presenta una tendenza di continuo aumento, generando conseguenze importanti soprattutto su minori, anziani e persone affette da patologie. Caritas sottolinea come nel 2022 la povertà energetica abbia colpito il 9,9% degli italiani, concentrandosi soprattutto al Sud (16%) e nelle periferie delle aree metropolitane e nei Comuni con meno di 50 mila abitanti (11,3%). Il dato statistico si correla a quello rilevato dalla rete Caritas, che evidenzia come il 53,8% dei sussidi economici erogati, ed in aumento rispetto al 2021, sia stato a supporto di “bisogni energetici”.

Minori e stranieri sempre più disuguali

Sappiamo ormai bene – e il Covid-19 ne ha dato ampia dimostrazione10 – che la povertà in tutte le sue sfaccettature, e le diseguaglianze ad essa correlate, colpiscono in maniera più forte quei gruppi di popolazione maggiormente vulnerabili, come in una sorta di circolo vizioso. Tra questi i minori e gli stranieri.  

Il focus di ISTAT Le condizioni di vita dei minori sottolinea come, nel 2022, il 28,8% dei minori italiani sotto i 16 anni sia a rischio di povertà o esclusione sociale, con un’incidenza che sale al 46,6% nel Mezzogiorno, e il 13,5% si trovi in condizione di deprivazione materiale e sociale. Inoltre, un interessante approfondimento è fornito dall’ultimo rapporto di Save the Children Fare spazio alla crescita, realizzato in collaborazione con Openpolis, che mette in evidenza le importanti disparità che riguardano le possibilità di accesso a spazi abitativi, scolastici e pubblici adeguati da parte di bambini e ragazzi nelle 14 Città metropolitane del nostro Paese. Nel 2021, i minori senza casa o fissa dimora in Italia sono quasi 13 mila: due su tre si concentrano nelle Città metropolitane, dove si registra anche il 45% degli sfratti. A questo dato si aggiunge quello relativo all’abitazione in case che non presentano spazi adeguati al gioco, allo studio, alla socializzazione e alla riservatezza dei minori, in quanto affollate, insicure, insalubri o con servizi essenziali carenti. Il 39,1% dei minori vive in abitazioni sovraffollate rispetto alle dimensioni della propria famiglia, percentuale che cresce all’aumentare dell’età dei minori. Il disagio abitativo si manifesta poi anche nell’ammontare della spesa che le famiglie dedicano alla casa, che tende ad aumentare al crescere del numero di figli minori. Si segnala come il 5,5% dei minori vive in famiglie in cui i costi per l’abitazione rappresentano un carico troppo elevato (oltre il 40% del reddito familiare), dato che sale al 17,4% in quelle famiglie con un reddito mensile inferiore al 60% del reddito mediano. Vien da sé che quando le famiglie impiegano gran parte del loro reddito nella manutenzione della casa minore è la possibilità di investire in beni essenziali per la crescita dei figli, a partire dall’educazione.

Un altro tema rilevante riguarda le diseguaglianze di salute dei bambini, specie se stranieri, per effetto di barriere linguistiche, condizioni sociali ed economiche, ostacoli burocratici e amministrativi. È quanto sottolinea un comunicato stampa della Società Italiana di Pediatria che mette in luce la particolare condizione di fragilità dei circa 1,3 milioni di minori stranieri, definendoli “disuguali tra disuguali”. Le difficoltà di accesso ai servizi da parte dei cittadini stranieri si traduce in maggiori rischi sanitari e sociali per i minori, che talvolta si manifestano ancor prima della loro nascita. Dal punto di vista sanitario, la mortalità neonatale nei nati da madri straniere è pari al 2,5 per mille contro l’1,6 da madri italiane, mentre quella infantile è del 3,7 per mille contro il 2,3. Dal punto di vista sociale, il numero di minori stranieri in carico ai servizi per maltrattamento è tre volte maggiore rispetto a quello dei loro coetanei italiani e rappresenta un rischio soprattutto per bambine e ragazze, maggiormente esposte alla violenza diretta o assistita.

Infine, il recente XXXII Rapporto Immigrazione di Caritas-Migrantes e il Dossier Statistico Immigrazione 2023 a cura del Centro Studi e Ricerche IDOS ben sottolineano lo svantaggio e le diseguaglianze che colpiscono i cittadini stranieri rispetto all’accesso al mercato del lavoro e all’occupazione qualificata, all’abitazione e all’istruzione. Nel 2022 in Italia l’occupazione è cresciuta, tornando ai livelli del 2019, ma in modo differenziato per cittadinanza: più forte per gli stranieri (+5,2%) che per gli italiani (+2,1%). Tuttavia, non è cambiata la rigida divisione del lavoro in quanto gli stranieri continuano ad essere occupati in lavori manuali e a bassa qualifica (il 61,9% svolge professioni operaie e non qualificate), da cui derivano retribuzioni inferiori e minori capacità di risparmio (dal 38% del reddito nel 2017 al 27% nel 2022). Minori disponibilità economiche, canoni rialzati e proposte di locazione in nero sono alcuni degli ostacoli che rendono, per gli immigrati, difficoltoso l’accesso all’abitazione, costringendoli a ripiegare su case dagli standard qualitativi e quantitativi spesso inadeguati e collocate nelle periferie dei capoluoghi di provincia o nell’hinterland, alimentando così ghettizzazione e disagio abitativo. Povertà e isolamento condizionano poi anche i percorsi scolastici degli oltre 872 mila alunni stranieri, dando vita a abbandoni, dispersione e ritardi.

La carrellata di dati e statistiche recenti ci restituisce un quadro preoccupante e complesso. Le forme di deprivazione cumulata sono in aumento ed alcuni gruppi sociali sono a maggior rischio di scivolamento di altri. Di fronte a tale complessità non si può più improvvisare, occorrono risposte integrate e decise che mettano al centro la persona nella sua globalità, al di là delle categorie, delle differenze geografiche e di etnia. Servono risposte coraggiose, che vadano oltre la logica imperante dello spreco e dello scarto, non solo economico, o alimentare, ma soprattutto sociale. 

  1. I dati sono stati elaborati sulla base dell’aggiornamento della metodologia di stima definito nell’ambito di una apposita Commissione nazionale di studio e confrontati con le stime della povertà relative al 2021, ricostruite tenendo conto dell’aggiornamento metodologico.
  2. Sono classificate come assolutamente povere le famiglie con una spesa mensile pari o inferiore al valore della soglia di povertà assoluta, che si differenzia per dimensione e composizione per età della famiglia, per Regione e per tipo di Comune di residenza.
  3. Sul totale, i lavoratori poveri che si rivolgono alla rete Caritas rappresentano il 22,8% e sono per la maggior parte stranieri (64,9%), con figli (75,9%), in affitto (76,7%) e occupati in professioni poco qualificate (colf e badanti, addetti alle pulizie, operai e manovali, addetti alla ristorazione e impiegati nel commercio).
  4. Si vedano: E. Gnan, D. Mesini, Ancora più disuguali?, pubblicato su Welforum il 5 aprile 2023; E. Gnan, La lenta marcia della ripresa, pubblicato su Welforum il 25 luglio 2023.
  5. Termine con il quale si identificano le conseguenze della scarsità di reddito sull’accesso a quella parte delle cure sanitarie che restano a carico degli indigenti a causa del mancato intervento del Servizio Sanitario Nazionale, come tipicamente accade per l’acquisto dei farmaci da banco e per la compartecipazione alla spesa sanitaria mediante il pagamento dei ticket.
  6. L’Indagine sul reddito e le condizioni di vita delle famiglie, l’Indagine sulle spese delle famiglie e l’Indagine sugli aspetti della vita quotidiana.
  7. Si veda: A. Boni, F. di Ciò, Lo stato della disuguaglianza abitativa in Italia, pubblicato su Welforum l’8 novembre 2022.
  8. Percentuale di persone che vivono in abitazioni sovraffollate e che presentano almeno uno tra i seguenti problemi: problemi strutturali dell’abitazione (soffitti, infissi, etc.); assenza di bagno/doccia con acqua corrente; problemi di luminosità.
  9. Un’abitazione viene considerata sovraffollata quando non ha a disposizione un numero minimo di stanze pari a: una stanza per la famiglia; una stanza per ogni coppia; una stanza per ogni componente di 18 anni e oltre; una stanza ogni due componenti dello stesso sesso di età compresa tra i 12 e i 17 anni di età; una stanza ogni due componenti fino a 11 anni di età, indipendentemente dal sesso.
  10. Si veda il Punto di Welforum, L’aumento delle disuguaglianze in tempo di pandemia, curato da D. Mesini, pubblicato il 9 febbraio 2021.