Il salario minimo: Italia, Europa?


A cura di Matteo Jessoula | 9 Febbraio 2023

Proseguendo la serie di articoli già pubblicati da Welforum1, questo nuovo Punto di Welforum raccoglie cinque contributi originali sul salario minimo. Oggetto di intenso dibattito pubblico nell’ultimo quinquennio, nonché di diverse proposte di legge e, da ultimo, della commissione di esperti istituita dal ministro del lavoro Orlando, il salario minimo è oggi ai margini della discussione politica e non appare nell’agenda dell’esecutivo guidato da Giorgia Meloni.

Il primo contributo di questa nuova raccolta, a cura di Jessoula, Novelli e Varieschi mostra infatti come la retribuzione minima e più in generale le politiche del lavoro rappresentino, di fatto, la principale linea di divisione e competizione tra i partiti del governo di centro-destra e le formazioni politiche che – pur con posizioni differenziate sul tema – si collocano alla sinistra di questo. Ciò emerge chiaramente nell’analisi tanto delle proposte di legge sull’istituzione di un salario minimo nazionale quanto dei programmi elettorali alle elezioni del 2022.

Tuttavia, se le probabilità di introdurre una retribuzione minima fissata per legge a livello nazionale sono oggi ridotte al minimo, è lecito aspettarsi che la questione del giusto minimo salariale non scompaia del tutto, nei prossimi anni, dalla discussione pubblica e politica.

In primo luogo, perché, argomenta Razzolini nel secondo contributo, “in Italia esiste una questione salariale”, o più precisamente una “crisi della contrattazione collettiva come autorità salariale. La contrattazione collettiva nazionale non è più in grado di svolgere una delle sue principali funzioni: sottrarre i salari al gioco della concorrenza al ribasso tra imprese e tra lavoratori e determinare livelli retributivi conformi ai parametri della sufficienza e della proporzionalità stabiliti dall’art. 36 della Costituzione”.

In secondo luogo perché la recente direttiva UE  sui “salari minimi adeguati” nei paesi dell’Unione – sostengono Natili e Ronchi nel terzo articolo della serie – delinea una serie di criteri e procedure che, se efficacemente recepiti nella legislazione nazionale, potrebbero consentire di rafforzare le retribuzioni minime previste dai contratti collettivi nazionali. È dunque plausibile che almeno attorno al dispositivo di recepimento della direttiva si riattivi un dibattito con il coinvolgimento non soltanto del governo e delle principali forze politiche, ma anche di sindacati e organizzazioni datoriali 

Più in generale, il continuo incremento dell’in-work poverty in Italia lascia immaginare che la discussione attorno alle misure per contrastare il lavoro povero possa continuare, specialmente mettendo a fuoco – come mostra efficacemente Struffolino – che sono diverse le leve di policy che dovrebbero essere azionate per costruire una efficace “strategia di lotta alla povertà da lavoro”. Accanto a “politiche macroeconomiche e misure che incidano su struttura produttiva e partecipazione al mercato del lavoro”, sono infatti necessari interventi volti a sostenere i redditi individuali e familiari che aggrediscano uno o più degli anelli della catena di creazione di povertà e disuguaglianza: tra questi, non soltanto la garanzia dei minimi salariali ma anche l’introduzione di uno strumento di integrazione al reddito per i lavoratori poveri (in-work benefit).

L’ultimo contributo di questa raccolta sollecita, infine, la riflessione sul caso italiano collocandolo in una prospettiva comparata sud europea. In Spagna, infatti, gli incrementi del salario minimo nazionale sono rimasti ben al di sotto dell’inflazione fino al termine della Grande Recessione, con un impatto significativo sul potere d’acquisto dei lavoratori a basso reddito. Tuttavia, nell’ultimo decennio – come illustrano Bustinduy e Jessoula – il salario minimo ha acquisito una centralità inedita sulla scena politica spagnola, e i provvedimenti di governi di diverso colore hanno registrato una chiara inversione di tendenza fino alla decisa azione del governo di coalizione PSOE-Unidàs Podemos che ha consentito di raggiungere al salario minimo legale i 1000€/mese, con un incremento del 45% rispetto al 2017.

  1. Segnaliamo in particolare il precedente Punto di Welforum dedicato al tema del salario minimo, pubblicato nel 2019, e l’articolo di Beini Cai e Paolo Naticchioni del 2021