La Casa, il primo passaggio per lasciare la strada

350 persone lo testimoniano grazie all’Housing First


Caterina Cortese | 20 Febbraio 2020

Per una persona senza dimora avere una casa significa iniziare una nuova vita. In questo articolo fio.PSD presenta in anteprima alcuni dati raccolti dal proprio Osservatorio su un gruppo di progetti Housing First attivi in Italia (21) che hanno dato un alloggio ad oltre 350 persone senza dimora.

 

Per chi lavora nei servizi alla homelessness e si occupa da anni di povertà, sa che uno degli approcci più sfidanti e promettenti diffusi in Italia negli ultimi cinque anni – prima grazie all’associazionismo spontaneo e oggi grazie a risorse dedicate dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali -, si chiama Housing First.

Housing First vuol dire che i “senza tetto” ricevono dai servizi sociali territoriali l’opportunità di entrare in un appartamento autonomo godendo dell’accompagnamento di una equipe di operatori sociali direttamente in casa. Già i risultati diffusi nel 2016 in Italia da un gruppo di ricercatori, e raccolti nel volume “Prima la casa” (a cura di Molinari e Zenarolla), avevano mostrato risultati interessanti che analizzavano lucidamente opportunità e limiti dell’approccio in Italia. Oggi l’osservazione di questi progetti continua e si allarga anche ad altre città che proprio grazie agli investimenti ministeriali hanno avviato almeno un progetto di Housing First oltre ai servizi tradizionali di dormitorio e mensa (Torino, Milano, Ravenna, Pisa, Ragusa, Pordenone, Udine etc, e a breve anche Roma e Napoli).

 

 

 

 

Da un campione di 21 progetti osservati con “Cassandra” (uno strumento di monitoraggio elaborato da fio.PSD che da anni è in prima linea nell’accompagnare i territori nello sviluppo Housing first insieme al lavoro della Segreteria Nazionale e del Comitato Scientifico) si osserva che al 31 luglio 2019 sono oltre 350 le persone accolte con continuità da più 3 anni in supported housing attraverso progetti portati avanti da amministrazioni comunali e organizzazioni del terzo settore.

Si tratta di progetti che accolgono in tutto più di 350 persone, in media 15 persone in appartamenti sparsi per la città.  I progetti più numerosi (oltre le 20 persone accolte) sono quelli portati avanti a Bergamo, Padova, Ravenna, Siracusa, Torino, Verona (sul sito è disponibile una mappa aggiornata).  I beneficiari sono per lo più uomini (71%), italiani (78%) e hanno un’età compresa tra i 45 e i 54 anni. Gli stranieri sono migranti extra UE nell’80% dei casi. Oltre al disagio abitativo, le problematiche più frequenti tra le persone accolte sono: la fragilità relazionale (90%), il reddito insufficiente (86%), problemi di dipendenze (81%), la disoccupazione di lunga durata e la precarietà lavorativa (76%).

Mentre tra i risultati più significativi, si osserva che Il 100% delle persone accolte in HF esercita il diritto alla residenza e insieme all’abitazione riesce a iscriversi in anagrafe. Per un terzo delle persone accolte la casa ha un impatto positivo sulla propria condizione socio-economica. Se prima di Housing First la persona era senza reddito nel 40% dei casi, dopo l’ingresso in casa anche per un terzo delle persone la pensione di invalidità o la pensione sociale diventano forme di sostegno al reddito per chi non sapeva di averne diritto. Una persona su quattro inserita in programmi Housing First, come il caso della signora V. di Torino, percepisce il Reddito di cittadinanza. Una persona su due riesce ad impegnarsi in attività lavorative (lavori e lavoretti nel settore dei servizi o dell’edilizia e dell’agricoltura) che gli consentono di “tirar su un po’ di soldi a fine mese per poter contribuire alle spese quotidiane”.

In media, a due anni dal progetto, il 20% delle persone accolte esce dal programma perché ha raggiunto una propria indipendenza e autonomia abitativa (ricongiungimenti familiari, l’assegnazione alloggio popolare, lavoro, altre sistemazioni alloggiative più consone alle proprie esigenze).

 

La casa naturalmente non risolve tutti i problemi. Ci sono diverse criticità e abbandoni del progetto legate al mancato rispetto del patto sociale tra persona ed equipe, “c’è chi non ce la fa a stare a casa”, riferisce qualche operatore. C’è chi ha una fragilità talmente alta che non gli consente di “stare dentro un progetto”. In questi casi si va

avanti tra tentativi ed errori e a volte la persona torna ai servizi tradizionali.

Eppure la maggior parte dei beneficiari riesce a trovare un equilibrio nuovo. Le persone si prendono cura di sé stessi e della casa, fanno volontariato, frequentano il quartiere, studiano una lingua oppure partecipano a laboratori di “scrittura creativa”. C’è certamente il tema dell’impegno giornaliero, del trovare un obiettivo alla propria vita dopo anni di strada. C’è il tema della solitudine e del rischio di reiterare comportamenti devianti o di non sentirsi abbastanza pronti a tornare ad una “vita normale” come la intendiamo noi. Si tratta inevitabilmente di rischi e sfide lavorative di cui diverse equipe ci raccontano e che si sta già provando ad affrontare con il lavoro di comunità e attività di inclusione sociale cuciti sulla persona.

“La strada è certamente ancora lunga”. Accanto ai dati, la raccolta di storie di vita ci aiuta a comprendere meglio il fenomeno e mostra come l’apertura di opportunità (la casa, un reddito minimo, un accompagnamento sociale) possono restituire in molti casi senso e dignità a alle persone coinvolte e allo stesso lavoro sociale. Oggi fio.PSD, promotore di Housing First Italia e partner dell’HUB Housing First Europe (FEANTSA) continua, attraverso azioni di animazione, formazione e monitoraggio ad accompagnare quei territori che si vogliono avvicinare all’approccio e ad occuparsi di povertà estrema tout court e di diritto alla casa. È tempo di sfide. Sfide al futuro.

 

La storia della Signora V. La Signora V, vive a Torino ed entra nel progetto AbiTo lo scorso febbraio 2019. Arriva su segnalazione dei servizi sociali dai quali è seguita da tempo. Situazione familiare difficile, dopo la separazione dal marito e una relazione finita male con un altro uomo, la signora inizia ad essere ospite delle strutture ricettive della città di Torino per lungo tempo. Fino a quando le propongono di entrare in Housing First con un appartamento autonomo reperito sul mercato privato, un contratto di locazione e le utenze intestate a lei. La signora V. ottiene fin da aprile il reddito di cittadinanza e da luglio integra anche la quota affitto di 280,00 euro prevista dalla misura. L’inserimento in casa ha prodotto al momento una capacità altissima di autonomia, ha ripreso le relazioni con i due figli di età adulta, ha trovato lavoro come cuoca presso una mensa di un dormitorio, sta frequentando un corso OSS online pagato interamente da Lei.

 

 

foto © fio.PSD