Manifesto per le scuole delle periferie urbane


Milena Piscozzo | 3 Gennaio 2023

L’interesse per le tematiche relative alle periferie delle città italiane è estremamente attuale. Diversi sono stati gli approfondimenti sui temi dell’inclusione da parte di enti e soggetti istituzionali e non. Il Ministero dell’Istruzione ad esempio, in collaborazione con gli Enti Locali e le Università, ha organizzato convegni e seminari: Torino nel 2016, Milano nel 2017, Napoli nel 2018, Genova nel 2020 e Roma nel 2021.

La situazione emergenziale da Covid-19 ha riportato all’attenzione il rischio di una maggiore esclusione degli studenti delle scuole di periferia, soprattutto stranieri o con disagio socio-culturale. La mancata frequenza di ambienti educativi strutturalmente organizzati ha avuto un impatto negativo sugli apprendimenti e sull’inclusione, anche a causa del mancato possesso di strumentazioni informatiche e di connettività e per l’assenza della necessaria immersione nel mondo scolastico. Va inoltre sottolineato che a volte la situazione abitativa, intesa come rapporto tra ampiezza degli spazi e numero dei componenti del nucleo familiare, ha impedito nei fatti di avere un luogo adeguato per lo studio e per ogni altra esigenza espressiva o di rafforzamento culturale.

È opportuno, anche a seguito di quello che è accaduto con l’isolamento per il Covid-19, ripensare a interventi che cerchino di riportare gli studenti al centro della relazione educativa, altrimenti il rischio è l’aumento di forme di marginalità difficilmente gestibili.

Gli studenti delle scuole di periferia hanno bisogno di un aumento delle situazioni di educazione/apprendimento in presenza; per questo va implementata la collaborazione con l’ente locale e con il terzo settore, per ampliare i momenti formativi anche fuori dalla scuola.

Va dunque rinforzato l’investimento per costruire una rete orizzontale cooperativa tra scuole e enti del partenariato, tra docenti-educatori-famiglie e alunni, per raggiungere tutte e tutti e, in primo luogo, quelli che già prima rischiavano di disperdersi. Occorre attivare una comunità resiliente, in grado di socializzare il territorio, di rivedere i parametri del suo fare alleanza, anche con il rafforzamento dei legami e della co-progettazione con altri segmenti dell’agire istituzionale, che impattano in modo diretto e indiretto sull’accessibilità della scuola e dei suoi spazi (trasporti, manutenzione aree verdi e edilizia scolastica, ecc.).

 

Il gruppo scuole e periferie dell’Osservatorio nazionale per l’integrazione degli alunni stranieri e l’intercultura, organismo del Ministero dell’Istruzione, ha elaborato nel 2021 un documento “Per un manifesto delle scuole delle periferie urbane”, con spunti decisamente interessanti per chi si occupa di periferie e di inclusione scolastica.

Il documento parte da alcuni dati: nelle 14 città metropolitane italiane più di 14 milioni di persone abitano in aree periferiche; se si considerano anche le aree vicine alle periferie sono quasi 30 milioni di persone. Di questi più di 3,5 milioni sono bambine, bambini e adolescenti. Nelle periferie abbiamo quindi una popolazione più giovane rispetto ai quartieri centrali, con una maggior complessitàmulticulturale, con la presenza di particolari gruppi etnici e di insediamenti rom. Queste caratteristiche portano ad avere un’immagine che considera la periferia urbana come un contesto di disagio, di fragilità, di degrado, di povertà. Prendendo in considerazione questi dati e questo immaginario, il Manifesto si concentra su alcune domande:

La scuola a forte presenza di alunni stranieri, in contesti di periferia urbana, è quindi inevitabilmente più fragile, più povera, più difficile? E se la realtà, o la percezione, sono queste, come si può intervenire? Con quale organizzazione scolastica, con quali idee e strumenti, con quale didattica? È possibile capovolgere, o capovolgere in parte, il senso comune? Ovvero: la scuola multiculturale della periferia urbana, proprio in virtù della sua complessità, può essere più dinamica, più interessante, più attraente?  Come si può dare visibilità e riconoscimento alle tante esperienze, nate dalle e con le scuole, che producono vivacità civica e forme di rigenerazione partecipata di luoghi e spazi di confine?”

 

Per rispondere a queste domande il manifesto rilancia alcune proposte, ricavate dalle esperienze delle scuole e dai seminari nazionali promossi dal Ministero dell’Istruzione.

 

 

1) Scuole aperte e spazi di opportunità

Le scuole devono essere aperte, non solo come ampliamento dell’orario scolastico, ma come idea di spazio comune, di luogo cerniera nel quartiere, che offre opportunità educative, sportive e di incontro, dall’infanzia all’adolescenza all’età adulta, mettendo a disposizione della cittadinanza i cortili, le palestre, le sale teatro, la biblioteca/mediateca.

 

2) Alleanze

Di fronte alla complessità multiculturale della periferia, la scuola ha bisogno di molti “alleati”: l’Ente Locale, il comitato di quartiere, le associazioni culturali, sociali e commerciali, il civismo attivo ed educativo, le associazioni religiose, le associazioni di volontariato, le imprese sociali, ma anche il piccolo negozio. Alleanze, e non semplici reti, dove il fare insieme diventa condivisione di un metodo e di una prospettiva comune.

 

3) Narrazione

Spesso la periferia subisce il racconto, prevalentemente negativo, fatto dai media e dalla stampa, o il passaparola dei luoghi comuni. È importante che la scuola costruisca il suo racconto, in modo autonomo, con la partecipazione delle studentesse e degli studenti e degli “alleati” del quartiere, per dare voce anche alle esperienze positive e per proporre un altro sguardo. Una forma di contronarrazione, che può avvenire anche attraverso un giornale scolastico, una radio o presentazioni pubbliche di attività della scuola.

 

4) Insegnanti e Dirigenti scolastici

Gli insegnanti e i dirigenti scolastici devono essere incentivati a scegliere scuole in contesti di grande complessità come le periferie urbane, che possono rappresentare una sfida sul piano educativo e un modo per mettere alla prova le proprie idee e capacità. Un impegno che potrebbe essere riconosciuto economicamente o a livello di carriera, come avviene in altri Paesi. Anche la formazione del personale scolastico deve essere commisurata alla complessità sociale della scuola e non può essere affidata a progetti temporanei e saltuari. È importante infine avere un maggior numero di insegnanti nelle scuole periferiche per affrontare con efficacia problematiche relative alla segregazione scolastica e all’emarginazione educativa e sociale.

 

5) Famiglie

Risulta particolarmente importante coinvolgere i genitori o i nonni nelle attività e nella vita della scuola, incoraggiare l’associazionismo e la gestione di alcuni spazi e iniziative da parte loro, facendo attenzione ai genitori stranieri, in particolare alle mamme che vivono più frequentemente condizioni di isolamento. A tal proposito sono efficaci tutte le occasioni che favoriscono l’apprendimento della lingua italiana e valorizzano altresì le lingue d’origine, all’interno di un processo di reciproca conoscenza.

Fondamentale è anche ascoltare i genitori italiani, preoccupati per la presenza di “troppi alunni stranieri, e ragionare con loro sui possibili vantaggi di una scuola con tante diversità; una scuola che assomiglia al mondo di oggi.

 

6) Plurilinguismo

Nelle scuole multiculturali e nei quartieri multietnici ci sono molte lingue: nelle voci delle persone, nelle scritte e nelle insegne dei negozi, nelle musiche e nelle funzioni religiose. Nel paesaggio povero” delle periferie c’è anche un paesaggio ricco”, sonoro e linguistico, vivace, plurale, che diventa utile e interessante per la scuola e per l’apprendimento.

 

7) Internazionale

La scuola con tanti alunni di origine straniera, provenienti da contesti familiari linguistici e religiosi diversi, può essere considerata una scuola “internazionale”.

Per l’Università e per l’Alta formazione artistica e musicale (AFAM) la presenza di studenti stranieri è un elemento di qualità. Potrebbe essere un elemento di qualità anche per una scuola primaria, o per un istituto tecnico o professionale con tanti studenti di diverse provenienze? Quali sono le condizioni? Che cosa ci vuole per diventare scuola internazionale?

Il tema delle periferie e della riflessione sugli equilibri sociali e culturali è internazionale” perché coinvolge altri Stati europei. Si veda il caso del Regno Unito, dove si stanno acuendo le distanze fra la prospera area suburbana di Londra e le aree del Nord e del Galles; ma anche in Francia stanno diventando sempre più marcate le distanze fra le aree dei centri urbani, le aree delle banlieues e le aree rurali.

È necessario uno sguardo europeo, in una prospettiva di consapevolezza comune, che può avvenire anche attraverso uno scambio e un confronto con le scuole delle periferie urbane di altre città d’Europa.

 

8) Bellezza

Nei quartieri centrali delle città (i centri storici”) ci sono i monumenti, le collezioni d’arte, le piazze più belle. Ci vuole una redistribuzione di bellezza nei quartieri e nelle scuole di periferia. È vero che i piani urbanistici dipendono dai Comuni, ma la scuola può fare la sua parte, attraverso i tanti linguaggi dell’arte e della musica, la cura degli edifici e degli spazi scolastici, degli orti e dei giardini, la cura delle relazioni, anche intergenerazionali. Se il curriculo scolastico deve essere adattato ai contesti sociali e locali, in quello delle scuole di periferia va previsto un piano dell’offerta formativa con una quota maggiore dedicata alla bellezza”, sapendo che può essere d’aiuto nel valorizzare talenti, sostenere la partecipazione, far crescere il senso di cittadinanza.

 

9) Ente locale

Le scuole, gli enti e le famiglie si raccordano con l’Ente locale, al quale fanno capo aspetti decisivi per la qualità delle scuole delle periferie urbane: l’offerta educativa integrativa, l’accessibilità della scuola e dei suoi spazi, il tema dei trasporti, la manutenzione e la creazione di aree verdi, il tema delle mense scolastiche.

Occorre promuovere e valorizzare, a livello locale, forme di governance integrata tra l’Ente Locale e i vari soggetti istituzionali e non.

 

10) Rete nazionale delle scuole delle periferie urbane

È auspicabile la creazione di una rete nazionale di scuole di periferia che può permettere il raggiungimento dei seguenti obiettivi:

  • il superamento dell’isolamento in cui si trovano, a volte, le scuole in contesti sociali difficili;
  • la messa in comune di competenze e di possibili soluzioni, perfino di “modelli” efficaci di risposta a temi comuni;
  • la co-progettazione, tra scuole di città diverse, di percorsi trasversali di musica d’insieme e coro, di attività artistiche e sportive;
  • il contrasto del fenomeno crescente della “fuga” dei genitori italiani dalle scuole delle periferie multiculturali;
  • lo scambio di studi e ricerche, di letture e materiali, anche autoprodotti a livello locale;
  • un miglior uso delle risorse;
  • un investimento sulla qualità educativa, rendendo le scuole periferiche attraenti, attraverso programmi pedagogici qualificati e sperimentali e investimenti negli spazi e negli edifici;
  • l’organizzazione di eventi pubblici con le scuole della città o di città diverse;
  • la costruzione di patti territoriali tra scuole della periferia, e non, per coordinare insieme le attività e alcuni aspetti importanti quali la distribuzione degli allievi tra i diversi plessi, in direzione dell’equità e della lotta contro la segregazione scolastica.

 

La rete, in sintesi, permette la messa in comune di competenze per rispondere alle esigenze formative, l’ottimizzazione delle risorse, la condivisione di idee e strumenti con i quali intervenire per rendere la scuola multiculturale della periferia urbana più dinamica, più interessante e più attraente. La rete può dare la necessaria visibilità e l’adeguato riconoscimento alle tante esperienze, nate dalle e con le scuole, che producono vivacità civica e forme di rigenerazione partecipata di luoghi e spazi di confine.

In conclusione, il Manifesto intende modificare, capovolgere il pregiudizio che vede nelle scuole di periferia “scuole difficili, di serie B”: la progettualità diversificata e la realizzazione di attività motivanti, la ricerca di soluzioni alternative e l’uso molteplice di diversi linguaggi, la cooperazione con figure di esperti, la collaborazione tra scuola-famiglia-territorio, ma soprattutto la creazione di reti di scuole, lo studio di modalità di accesso più equilibrate, una politica di assegnazione del personale mirata, l’allocazione di risorse finanziarie certe e continuative negli anni possono costituire una premessa di cambiamento e di innovazione a carattere sempre più inclusivo.

Le scuole periferiche, proprio perché rispondono a bisogni educativi diversi, possono essere molto “effervescenti” … e spesso, come già discusso in passato su Welforum qui, lo sono!