Minori con disabilità e contrasto alla povertà educativa

Una risposta dall’interazione tra il PEI scolastico e il progetto individuale di vita


Di solito quando si discute di non autosufficienza ci si riferisce alle persone anziane, mentre poco o nulla si dice sulla condizione dei minori con disabilità e della necessità di offrire loro, nel modo più precoce e tempestivo possibile, le straordinarie opportunità che oggi offre una consolidata esperienza ed una avanzata conoscenza scientifica nei vari ambiti di vita. L’attuale ordinamento, pur prevedendo molti strumenti per rispondere in modo adeguato ai bisogni di sostegno anche dei minori con disabilità, spesso risulta piuttosto frammentato e scoordinato. Per esempio, è di indubbia importanza che gli interventi del tempo trascorso a scuola e quello del tempo trascorso fuori dai plessi scolastici, e nello stesso contesto familiare, siano tra loro coordinati e non confliggenti, valorizzandosi gli uni con gli altri, ponendo sempre al centro del sistema il percorso di ciascun minore con disabilità.

Ed è proprio in quest’ottica che il PEI (Piano educativo individualizzato) diviene, grazie alla nuova riforma del sistema di inclusione scolastica e, precisamente, ai sensi dell’articolo 6 del Decreto legislativo n. 66/2017 parte integrante del progetto individuale di vita di ogni bambino/a, alunno/a, studente/studentessa con disabilità. Infatti, con il Dlgs n. 66/2017 [https://www.gazzettaufficiale.it/eli/id/2017/05/16/17G00074/sg], si è inteso creare un percorso di inclusione scolastica che non sia solo inerente la frequenza e gli apprendimenti scolastici, ma che prosegua in tutti i contesti di vita quotidiana. Quindi, il PEI, pensato come l’insieme coordinato degli interventi e dei supporti per favorire l’inclusione scolastica degli alunni con disabilità, deve intersecarsi, all’interno del più ampio progetto individuale di cui all’ex art. 14 della Legge n. 328/2000, con tutti gli altri contesti di vita e con tutte le altre occasioni di crescita, che possono crearsi attorno al bambino/ragazzo. Ciò al fine di favorirne lo sviluppo in chiave “olistica” della qualità di vita nelle successive fasi di sviluppo e di crescita. Ciò anche prevedendo nel progetto individuale ex art. 14 Legge n. 328/2000 interventi a sostegno e supporto, anche economico, della famiglia, considerato il suo insostituibile ruolo di soggetto che, nel superiore interesse del ragazzo, deve costituite una vera e propria “comunità educante”.

 

Legami tra condizioni di svantaggio

Questa visione integrata degli strumenti a sostegno dei minori con disabilità assume una valenza straordinariamente rilevante quando alla disabilità si aggiungono altre condizioni di svantaggio sociale che, a vario titolo, vive il nucleo familiare di provenienza.

È ormai opinione diffusa che quando all’interno di un nucleo familiare è presente una persona con disabilità, soprattutto se giovane, le difficoltà economiche aumentano, così come confermato dalla Relazione Istat “Conoscere il mondo della disabilità – Persone, relazioni e istituzioni”, presentata lo scorso 3 dicembre 20191.

Alle difficoltà economiche della famiglia è strettamente correlata anche la povertà educativa che colpisce tutti i minori interessati e, ovviamente, con maggior impatto, proprio quelli con disabilità. Infatti, vengono meno per i genitori/familiari le condizioni per garantire loro ulteriori occasioni di crescita e di esperienza, visto che le risorse e il tempo sono già assorbiti dal sostegno alla vita quotidiana del minore. Secondo la citata Relazione, offrire un’attività di cura personale genera depauperamento delle risorse familiari sia perché si acquistano servizi (lo fa il 24,4% delle famiglie con persone con disabilità) sia perché ci si dedica come caregiver familiare, sottraendo tempo ed energie al lavoro, a volte perdendo del tutto occasioni di reddito utili per la famiglia: il 9,6% delle famiglie con all’interno una persona con disabilità ha almeno un membro disoccupato, a fronte del 7,3% nel resto delle famiglie.

È indubbio, inoltre, che tali situazioni siano direttamente connesse al progressivo aggravamento delle stesse condizioni di disabilità, che rischiano di far entrare il minore ed i suoi familiari in una vera e propria spirale che ne connoterà, in negativo, l’intero arco della vita: il 28,7% delle famiglie con componente con disabilità è in condizione di deprivazione materiale, a fronte del dato medio nazionale del 18%.

È in questo preciso contesto sociale che il progetto individuale di vita ex art. 14 della legge n. 328/2000 potrebbe divenire un metodo di lavoro straordinario per poter superare una condizione di doppio svantaggio (disabilità e povertà/affanno familiare), utilizzando alcuni interventi a supporto dell’equilibrio familiare, quale precondizione per una crescita del minore che così potrà mettere a frutto tutte le potenzialità di cui dispone. In tal senso anche fornire servizi di assistenza, sostegno ed accompagnamento presso vari contesti educativi (famiglia, scuola, oratorio, manifestazioni sportive, culturali, ecc.), aumenterebbe le opportunità del minore, non più legato solo alla disponibilità (temporale, economica, ecc..) dei genitori, i quali a loro volta potrebbero dedicare tempo ed energie per attività da cui trarre ulteriore reddito a sostegno di altre esperienze formative, ad alto livello di inclusività (fare, gite, colonie e campi estivi, soggiorni climatici, ecc.).

L’intreccio tra PEI ed interventi a valere su risorse sanitarie/assistenziali/sociali può essere interessante anche per rendere efficaci le azioni sul minore sviluppate tra scuola e ambienti extra scolastici, come nel caso in cui si coordinino gli stimoli dell’educatore professionale che fornisce assistenza specialistica per l’autonomia e la comunicazione a scuola e quelli dell’educatore che, a sua volta, si occupa di educativa domiciliare. Così si potrebbe garantire quella continuità tra attività scolastica ed attività extrascolastica, coinvolgendo anche gli studenti con disabilità in percorsi di alternanza scuola/lavoro.

 

Strumenti, interventi e risorse da integrare

Occorre, quindi, pensare ad un welfare circolare che utilizzi il PEI come parte integrante del progetto individuale e sia in grado di offrire alle istituzioni scolastiche strumenti aggiuntivi per agire anche in contesti extrascolastici e, a loro volta, agli altri contesti di interagire, proattivamente con il contesto scolastico. Allo stesso tempo, occorre immaginare un progetto di vita che sappia sostenere le famiglie anche nel ruolo educativo del minore. Sarebbe opportuno, infine, prevedere una cabina di regia territoriale che eviti di perdersi nei mille rivoli della burocrazia e che sia in grado di garantire l’erogazione sistematica delle prestazioni sociali, evitando che il cittadino debba chiederle una alla volta.

Per poter costruire un welfare circolare occorre operare affinché le risorse previste dal Fondo Nazionale per la non autosufficienza, dal Fondo Nazionale per il contrasto alla povertà educativa minorile, dal Fondo Nazionale per il contrasto alla povertà, dal Fondo Sociale Nazionale ed analoghi fondi messi a disposizione dalle Regioni e dagli Enti Locali, possano integrarsi e ricomporsi attraverso un piano individuale nel budget di progetto.

L’integrazione dei fondi e degli interventi determinerebbe un migliore impatto per la vita dei minori, per le loro famiglie e per tutta la comunità. Infatti, qualora si andasse a costruire/attuare un progetto individuale, valorizzando i vari apporti e risorse, non solo economiche, si otterrebbero effetti di alto profilo. Del resto, questo è messo in evidenza nel “Piano Nazionale per la non autosufficienza e riparto del Fondo per le non autosufficienze del triennio 2012-2021” (adottato con DPCM  21 novembre 2019, pubblicato in G.U.  del 04.02.2020) laddove nel prevedere il progetto individuale si considera non solo il bisogno assistenziale cui dare risposta in maniera diretta con le risorse della non autosufficienza, ma anche altre dimensioni: sanitaria, sociale, relazionale, socio-sanitaria, ecc..

 

Per un progettazione individuale e personalizzata

Tutto il “progetto personalizzato” deve prevedere anche il “budget di progetto”, in cui indicare espressamente le risorse umane (ossia anche sostegni informali, quali caregiver familiari, ecc..), professionali (i servizi  attivati  e  da  attivare),  tecnologiche (eventuali  adattamenti  domotici,  ecc..) ed  economiche,  che  serviranno  a  dare  piena  ed efficace attuazione al progetto stesso. Nell’ambito dell’individuazione delle risorse si potrà far riferimento a quelle  per la  non  autosufficienza. Nel progetto personalizzato dovranno anche essere intese le misure volte all’attivazione della “vita indipendente”.

Anffas già da anni è in prima linea nella sperimentazione (attraverso il suo sistema di lavoro ed anche di software informatico “Matrici ecologiche e dei sostegni”) del budget di progetto che abbia le caratteristiche di cui sopra, creando un vero e proprio modello, che possa dare concrete risposte all’interno della progettazione individuale2.

Tra l’altro, nell’automatismo di una presa in carico integrata e appropriata (perché completa) si favorirebbe la ricostruzione di quella sicurezza sociale sempre più messa in discussione.

Ripartiamo dai bambini per costruire una piccola rivoluzione di presa in carico delle non autosufficienze nel nostro Paese, rendendo efficiente il sistema. Solo così si darebbe pieno senso ed attuazione ai paradigmi culturali e normativi sanciti dalla Convenzione Onu sui diritti delle persone con disabilità.

  1. Si veda il commento di Maurizio Franzini e Alessandro Solipaca pubblicato su welforum.it
  2. Si veda l’articolo di Marco Bollani sul progetto L-inc in Lombardia pubblicato su welforum.it