Non autosufficienza: si volta pagina


Sergio Pasquinelli | 22 Marzo 2023

Il 21 marzo il Parlamento ha approvato definitivamente il Disegno di Legge Delega sulla non autosufficienza (qui il testo). Un grande traguardo. Nella storia del nostro Paese questa è la prima riforma del settore ed è attesa dagli anni ’90, quando si cominciò a discuterne in sede tecnica e politica. Nel frattempo, analoghe riforme si sono avute in numerosi Stati, ovunque con il medesimo scopo: modificare strutturalmente i sistemi di welfare, ideati quando gli anziani non autosufficienti erano ben pochi, per metterli in condizione di rispondere alla loro sempre più diffusa presenza.

Il cammino della riforma

La prima versione del PNRR (Gennaio 2021) non prevedeva la riforma dell’assistenza agli anziani. Le organizzazioni del “Patto per un Nuovo Welfare sulla Non Autosufficienza”, oggi quasi 60, prepararono allora una dettagliata proposta per la sua introduzione. L’intensa attività di pressione compiuta indusse il Governo a includere la riforma nella versione definitiva del PNRR (Aprile 2021). Le organizzazioni del Patto elaborarono successivamente un progetto molto articolato per la riforma. Ad inizio 2022 il Governo Draghi avviò la predisposizione del Disegno di Legge Delega e – nel prepararlo – interagì continuativamente con il Patto. A ottobre quel Governo approvò un Disegno di Legge Delega che recepì ampiamente le proposte della società civile rappresentata dal Patto.

A gennaio 2023 il Governo Meloni ha approvato a sua volta il Disegno di Legge Delega, confermando sostanzialmente quello della legislatura precedente. Si è poi svolto il dibattito parlamentare, durante il quale ulteriori contenuti del Patto sono entrati oggi a far parte della Legge Delega.

Nel dicembre 2023 verrà licenziata la Legge di Bilancio per il 2024: lì il Governo sarà chiamato a decidere se e quante risorse economiche dedicare alla riforma, che al momento non ne è dotata. La Legge Delega contiene l’impianto complessivo della riforma. La traduzione in indicazioni puntuali dovrà essere realizzata dal Governo nei Decreti Legislativi, da promulgare entro gennaio 2024.

BOX 1 – La comunità italiana della non autosufficienza

Il “Patto per un Nuovo Welfare sulla Non Autosufficienza” raggruppa 57 organizzazioni, che costituiscono la gran parte della società civile coinvolta nell’assistenza e nella tutela degli anziani non autosufficienti nel nostro Paese: rappresentano gli anziani, i loro familiari, i pensionati, gli ordini professionali e i soggetti che offrono servizi (www.pattononautosufficienza.it). È la comunità italiana della non autosufficienza, che – per la prima volta – ha deciso di superare confini, appartenenze e specificità per unirsi.

Il Patto ha sinora cercato di ricorrere a due strumenti. Da una parte, la pressione politica: utilizzare intensamente la forza insita nella vastità della coalizione per spingere il decisore a occuparsi di non autosufficienza. Dall’altra, la competenza tecnica: predisporre proposte dettagliate e sostenibili, intrecciando il sapere concreto di cui sono portatrici le realtà del Patto con le competenze scientifiche di una rete di studiosi della materia.

L’unione di numerose forze diverse, espressione di tutti i mondi della non autosufficienza, permette di ricondurre i singoli punti di vista a una visione d’insieme. Pertanto, coalizioni così ampie, rappresentative e insieme composite, offrono al decisore un punto di vista tecnico che è già la sintesi delle differenti posizioni in campo.

Direzioni di cambiamento

La Delega persegue due macro obiettivi che – considerati congiuntamente – intendono affrontare le criticità di fondo di questo ambito del welfare. Si tratta di:

  1. costruire un settore unitario e specifico del welfare, al fine di superare l’attuale caotica frammentazione delle misure e di riconoscere l’importanza di questo ambito per la società italiana;
  2. definire nuovi modelli d’intervento, progettati a partire dalle condizioni di anziani e famiglie e, quindi, in grado di rispondere opportunamente alle loro complesse e mutevoli esigenze.

Gli obiettivi sono importanti per l’intero Paese, mentre il loro rilievo cambia tra le diverse realtà locali. Per ognuno degli interventi previsti, di conseguenza, lo Stato indica solo pochi elementi qualificanti e ogni territorio compie i passi necessari per adeguarsi. In tal modo non vengono chiesti inutili cambiamenti ai contesti che, in tutto o in parte, già possiedono i requisiti richiesti.

Vediamo dunque in sintesi i principali contenuti verso cui la Legge Delega si muove.

Costruzione di un settore unitario

L’unitarietà del settore viene perseguita agendo su due piani, tra loro coerenti. A livello complessivo, grazie all’introduzione del Sistema Nazionale Assistenza Anziani, che prevede un’azione condivisa dei diversi enti di governo coinvolti – Stato, Regioni, Comuni – nel rispetto delle diverse competenze. A livello di anziani e famiglie, semplificando il quadro delle valutazioni da compiere per ricevere le risposte pubbliche e rendendo il percorso da svolgere continuo e non spezzettato come oggi.

L’introduzione del Sistema nazionale assistenza anziani (SNAA) consentirà di costruire un sistema. Tutte le misure a titolarità pubblica per l’assistenza degli anziani non autosufficienti vengono governate e attuate in modo congiunto dai diversi enti responsabili. Oggi invece prevale la frammentazione. Stato, Regioni e Comuni programmano e gestiscono unitariamente gli interventi ma mantengono le rispettive titolarità. Prevedere la modifica delle competenze sarebbe irrealistico e conflittuale. A livello centrale, regionale e locale l’insieme dei diversi servizi e degli interventi rivolti alla popolazione anziana non autosufficiente è programmato in modo integrato.

Per anziani e famiglie ciò consentirà di toccare con mano alcuni cambiamenti significativi:

  • Semplificazione dell’accesso. Passaggio dalle attuali 5-6 valutazioni delle condizioni dell’anziano – richieste per definire gli interventi da erogare – a due, una statale e una regionale.
  • Continuità del percorso. Le due valutazioni previste sono collegate tra loro, contrariamente a quanto avviene oggi.
  • Migliori strumenti. Previsione di un nuovo strumento nazionale di valutazione, assai più completo e preciso di quelli attuali. Si migliora così la capacità di comprendere la situazione dell’anziano e, quindi, di determinare le risposte opportune.
Come cambiano i servizi domiciliari

Vengono introdotti servizi domiciliari pubblici appositamente ideati per gli anziani non autosufficienti. Oggi quelli esistenti in Italia non sono progettati per loro. Per questo risulta opportuno puntare ad almeno due elementi:

Primo, un’assistenza per il tempo necessario. Servizi di durata adeguata alla condizione di non autosufficienza, che può estendersi per anni. Attualmente vengono erogati perlopiù per 2-3 mesi.

Secondo, un mix di interventi appropriato. Per rispondere alle molteplici esigenze della non autosufficienza, possibilità di fruire di una pluralità di interventi medico-infermieristico-riabilitativi, di sostegno nelle attività fondamentali della vita quotidiana dell’anziano e di affiancamento ai familiari. Adesso se ne riceve perlopiù solo una tipologia.

Come cambia l’indennità di accompagnamento

L’indennità viene trasformata nella Prestazione Universale per la Non Autosufficienza. La possibilità di riceverla continua a dipendere esclusivamente dal bisogno di assistenza dell’anziano, indipendentemente dalle sue condizioni economiche.

Verranno dati importi maggiori a chi sta peggio. Oggi tutti i percettori dell’indennità ricevono la stessa cifra (527 euro mensili) che rappresenterà il livello minimo della Prestazione. Il suo ammontare, infatti, sarà graduato in modo da risultare superiore per chi ha maggior bisogno di assistenza.

Ma soprattutto, la nuova Prestazione promuoverà maggiore appropriatezza delle risposte. I beneficiari potranno infatti scegliere tra due opzioni: a) un contributo economico senza vincoli d’uso, come è oggi per l’indennità; b) la fruizione di servizi alla persona (forniti da gestori privati, enti pubblici o da badanti regolarmente assunte). Per premiare l’appropriatezza della scelta, l’opzione b) comporta una maggiorazione dell’importo.

Come cambiano i servizi residenziali

Sui servizi residenziali, ma non solo su di loro, la Legge Delega sconta una certa genericità di intenti e sfiora appena un tema cruciale: lo sforzo di “perequare” la dotazione delle strutture a livello territoriale, che oggi vede differenze abissali tra una regione e l’altra.

In ogni caso, la norma prefigura anzitutto una adeguata dotazione di personaleSi prevede una dotazione commisurata alle esigenze degli anziani residenti: oggi, al contrario, nelle strutture residenziali italiane è piuttosto comune un insufficiente numero di operatori. Affronta inoltre il tema delle competenze, ossia la presenza professionalità con competenze adatte ai profili degli anziani ospitati. La popolazione residente, infatti, è sempre più problematica, sia per la compromissione funzionale, sia (in particolare) per l’elevato numero di ospiti con demenza.

Infine, si punta alla garanzia della qualità degli ambienti di vita, grazie a strutture con ambienti amichevoli, familiari, sicuri, che facilitino le normali relazioni di vita e garantiscano la privacy e la continuità delle relazioni dei residenti con la comunità locale.

Famiglie e badanti non più sole

Finalmente una norma nazionale che affronta il tema e ne considera alcuni aspetti cruciali. Intanto il riferimento ritorna alla Prestazione Universale di cui sopra, poiché a fronte di una spesa per una badante regolarmente assunta, l’importo aumenta rispetto al valore base della Prestazione, a titolo di riconoscimento dell’appropriatezza dell’impiego del trasferimento monetario ricevuto.

Inoltre, si va verso la definizione di standard formativi per le badanti attraverso apposite linee guida nazionali. Le linee guida specificano le competenze richieste e indicano le modalità per il riconoscimento delle competenze pregresse, comunque maturate.

Infine si prevede il riordino delle agevolazioni fiscali e contributive concernenti il lavoro delle assistenti familiari, al fine di sostenere la regolarizzazione e la qualità del lavoro di cura svolto a domicilio.

Alcuni aspetti critici

Il primo aspetto critico è che, per emanare tutti i decreti legislativi che questa Legge Delega prefigura, ci sono solo otto mesi di tempo. La Delega tocca nel complesso tutte le questioni problematiche dell’assistenza agli anziani. Le strade per rendere concrete le indicazioni della Delega possono contare su analisi già realizzate ed esperti del settore. Ma certamente richiedono ancora molto lavoro, perché, come si usa dire, “il diavolo si nasconde nei dettagli”. I prossimi mesi richiederanno un grosso lavoro di elaborazione e messa a terra delle indicazioni della Delega, in molti punti piuttosto generiche e solo accennate.

Certamente, un punto critico rimane la disponibilità di risorse: senza consistenti risorse dedicate si riuscirà a realizzare poco.

Del resto, la spesa pubblica per l’assistenza agli anziani rimane decisamente inadeguata nel nostro Paese. Lo dimostrano tonnellate di studi e di dati che analizzano i bisogni insoddisfatti presenti in Italia così come le comparazioni con gli altri Paesi. Per tradurre la riforma in pratica, dunque, è necessario aumentare sensibilmente i finanziamenti, altrimenti rimarrà solo una serie di buone intenzioni sulla carta.

Tuttavia, la Legge Delega non prevede nuovi stanziamenti. Vediamo perché.

Come anticipato, la riforma è stata inserita nel PNRR grazie alla pressione delle organizzazioni del “Patto per un Nuovo Welfare sulla Non Autosufficienza”. Quando i suoi componenti decisero di impegnarsi a tal fine, era ben chiaro che – a causa delle regole del PNRR (le sue riforme non possono prevedere incrementi strutturali di spesa corrente) – la riforma inizialmente sarebbe partita senza fondi aggiuntivi. Ciononostante, si è perseguita la sua introduzione perché gli impegni vincolanti del PNRR e i tempi prestabiliti a livello europeo parevano rappresentare una possibilità unica per riformare – dopo un’attesa di almeno 30 anni – un settore molto debole politicamente. Il ragionamento è stato: “miriamo a includere la riforma nel PNRR, in modo da avere la certezza che si farà, e intanto lavoriamo perché questa diventi l’occasione per incrementare l’attenzione verso il tema e, di conseguenza, anche i relativi fondi”. Il prossimo futuro dirà se questa è stata la strategia giusta.

Peraltro, le forze politiche hanno sinora dedicato un’attenzione politica esigua alla riforma. Adesso che bisogna affrontare il nodo delle risorse economiche, il perpetuarsi del loro disinteresse sarebbe fatale. È per questo motivo che lo sforzo di creare un’attenzione pubblica e la mobilitazione nei prossimi mesi saranno cruciali.