Se le badanti sostituiscono le RSA


Sergio Pasquinelli | 9 Aprile 2017

In un paese che conta 13,4 milioni di anziani e dove gli ultra 65enni aumentano al ritmo di 260.000 all’anno, le rete dei servizi per la non autosufficienza mostra il fiato corto. Le strutture residenziali, oltre a essere palesemente carenti in molte Regioni, si rivelano sempre più rigide e organizzate su una tipologia di utenza che è cambiata negli anni. I Servizi di assistenza domiciliare comunali sono diventati servizi di nicchia e marginali, in cerca di una nuova identità, mentre l’Assistenza domiciliare delle Asl continua ad avere un carattere fortemente prestazionale/infermieristico, limitato nel tempo, molto poco collegato ai servizi sociali dei Comuni. Un aiuto limitato per diffusione e intensità. E così le famiglie continuano ad inseguire la gestione privata e familiare delle proprie difficoltà, destinata a indebolirsi negli anni perché sempre meno saranno le risorse – umane ed economiche – a disposizione degli anziani di domani.

 

Le badanti ci sono ancora

Una presenza letteralmente evaporata nell’attenzione e nel dibattito pubblico è quella delle assistenti familiari. Richiamate ormai solo nei fatti di cronaca o giù di lì. Eppure questa è una realtà che non solo continua a cambiare, ma i cui cambiamenti ci parlano dei nostri cambiamenti, dei bisogni di una popolazione fragile. Ne indico due in particolare.

 

Primo. Negli anni molti osservatori pronosticavano un calo della presenza delle assistenti familiari: un fenomeno che “non avrebbe tenuto”, un fenomeno passeggero, legato a paesi il cui tenore di vita era destinato a salire sgonfiando i relativi flussi migratori verso l’Italia. Di tutto questo ad oggi non si vede traccia. Gli ultimi dati Inps sul lavoro domestico parlano di una leggera flessione delle colf, non delle badanti. Quando si parla di lavoro domestico bisogna sempre distinguere tra le due figure. Nel 2015 (ultimo dato disponibile), rispetto ad un anno prima, si registra una diminuzione delle prime (-29.000), mentre le badanti sono aumentate: +8.000, ossia più 2,2%. In totale i lavoratori domestici regolarmente registrati (colf più badanti) risultavano 886.000 alle fine del 2015.

 

Ma come è risaputo le lavoratrici sono molte di più di quelle registrate all’Inps, i cui dati sono un indicatore approssimativo del fenomeno. Se il mercato regolare cresce del 2,2%, è legittimo supporre che quello irregolare sia cresciuto almeno del doppio.

 

Secondo. Nella bella ricerca promossa da Acli Colf nazionale e recentemente pubblicata: Viaggio nel lavoro di cura, (autori vari, Ediesse, 2016) colpisce un dato, tra i molti raccolti e che sono stati messi a valore in un’ampia rappresentazione a più voci. Ossia l’improvviso aumento delle badanti conviventi con l’anziano accudito.

 

È un dato che colpisce perché noi stessi, come IRS, per anni abbiamo registrato un calo della convivenza e un aumento delle lavoratrici diurne, a ore. Lo vedevamo come un orientamento positivo, un indicatore di emancipazione delle assistenti familiari, che si rendevano sempre più autonome, indipendenti. La ricerca Acli Colf mostra una controtendenza: un’impennata delle assistenti familiari che convivono, nel 2014 rispetto agli anni precedenti.1 Al di là di qualche incertezza sul grado di rappresentatività del dato, comune a ogni indagine in questo settore, esso indica una tendenza nuova, che potrà essere o meno confermata, ma che intanto è stata rilevata.

 

Nella convivenza si incontrano due solitudini, dove “si saldano due fragilità: da un lato quella di soggetti bisognosi di cure, dall’altro quella delle migranti, disposte, e spesso costrette, a non rivendicare i propri diritti pur di lavorare” (pag. 87).

 

Percentuale di lavoratori domestici co-residenti: 1974-2014

Anno N. interviste Co-residenza in %
1974 833 35,2
1982 831 22,0
1994 717 28,9
2005 695 44,2
2007 1.003 33,4
2008 702 n.d.
2014 867 61,0

Fonte: Acli Colf, indagini diverse

 

Contro una politica dell’inerzia

Gli esiti della crisi infinita che ci accompagna sembrano dunque riguardare le scelte delle famiglie di fronte alla non autosufficienza: a fonte di una rete di strutture residenziali insufficiente in molte Regioni, e per molti troppo cara, si ri-afferma la scelta della badante convivente. Scelta fragile, densa di incertezze che riguardano sia il lavoratore sia le condizioni dell’anziano assistito. L’assistente familiare convivente vive una vita segregata, è la più esposta a stress psicologici, soprattutto quando è povera di relazioni sociali esterne, di appoggi. Caso frequente.

Questo quadro ci parla di una duplice urgenza: sul lato badanti e sul lato Rsa.

 

Sul primo dobbiamo pensare a più diffusi sostegni nei confronti di chi fronteggia una non autosufficienza pesante ma che rinuncia al ricovero in Rsa, ben sapendo che la scelta di una badante convivente è scelta fragile, esposta a molti limiti e rischi, e molto faticosa per i caregiver familiari coinvolti. Basti pensare a quanto possono evolvere rapidamente le condizioni di salute nel caso di demenza e quanto poco attrezzate sono le assistenti familiari nei confronti di simili patologie.

 

Sul lato Rsa il tema della disponibilità di posti – totalmente difforme in Italia come mostra il grafico che segue – e dei relativi costi di ricovero pesano evidentemente sulle scelte familiari, e chiamano a sostegni maggiori e diversi nei confronti delle situazioni più deboli. Una disponibilità di posti peraltro stabile, che non ha conosciuto sensibili variazioni negli ultimi anni, come mostra il Quinto Rapporto del Network Non Autosufficienza (Maggioli, 2015). I sostegni, le pensioni e le indennità ci sono ma sono poco o per nulla focalizzate sulla platea più fragile, sono poco redistributivi, hanno limiti conclamati. Come è noto e su cui non ci stancheremo di insistere.

 

Posti letto a contratto in RSA ogni 1.000 anziani residenti nelle regioni italiane,

escluso regioni a statuto speciale

Fonte: Ministero della Salute, 2013.

  1. L’indagine è stata effettuata su un campione auto-selezionato di assistenti familiari, occupate e disponibili a farsi intervistare, intercettate su tutto il territorio nazionale attraverso la rete delle sedi Acli Colf. L’eterogeneità riscontrata, almeno per provenienza, porta gli autori ad affermare che “il campione appare ben articolato e sufficientemente vicino alla composizione reale del settore del lavoro di cura” pag. 59.