La nascita delle imprese sociali di inserimento lavorativo


Questo articolo è frutto del lavoro di ricerca svolto dalle autrici per incarico di Euricse nell’ambito del progetto Europeo B-WISE. Il report completo è disponibile a questo indirizzo. È stato inoltre pubblicato in lingua italiana e con adattamenti al contesto nazionale questo articolo sulla rivista Impresa Sociale, che tratta in modo più ampio i temi qui sinteticamente proposti.

Nell’articolo si utilizza il termine “WISE” (Work Integration Social Enterprises), comunemente utilizzato in ambito comunitario, per indicare le Imprese Sociali di inserimento lavorativo e quindi, prendendo ad esempio il contesto italiano, le cooperative sociali di inserimento lavorativo. In questo articolo sono meglio dettagliate le caratteristiche che definiscono le WISE.

 

Come evidenziato in questo articolo, ormai da alcuni decenni i paesi europei hanno adottato, con alterni risultati, politiche tese a favorire l’inserimento lavorativo delle persone svantaggiate; accanto a ciò – o, talvolta, in risposta ai fallimenti di tali politiche – si sono progressivamente diffuse iniziative volte a favorire l’inserimento lavorativo di persone svantaggiate (Aiken, 2007; Borzaga, 2012; Petrella, Richez-Battesti, 2016); ciò è avvenuto talvolta per effetto di iniziative dal basso che hanno dato forma a nuove organizzazioni e in altri casi attraverso un processo evolutivo che ha interessato organizzazioni esistenti. È questo il caso delle imprese sociali di integrazione lavorativa: le Work Integration Social Enterprises (WISE), emerse in Europa a partire dalla fine degli anni Settanta; l’Italia, con le cooperative sociali di inserimento lavorativo – disciplinate dalla legge 381 del 1991, ma di fatto già da molti anni operanti nel nostro Paese – è stata senza dubbio uno dei paesi in cui questa forma di impresa ha iniziato a svilupparsi prima. Da fenomeno di nicchia, le WISE sono progressivamente diventate una efficace strategia di sostegno all’occupazione, riconosciuta anche a livello europeo (Commissione europea, 2022a).

Le WISE in Europa

Un’impresa sociale di inserimento lavorativo può essere descritta come un meccanismo istituzionalizzato di integrazione lavorativa volto a sostenere – attraverso percorsi formativi on-the-job – le persone che sono maggiormente discriminate dalle imprese tradizionali (Borzaga, Loss, 2006). La peculiarità delle WISE è la loro essenza di imprese a doppio output: oltre ad essere – come qualsiasi altra impresa – impegnate nella vendita di beni e servizi sul mercato, esse si sono specializzate nell’integrazione lavorativa di persone altrimenti escluse o a rischio di esclusione dal mercato del lavoro. Questo secondo output contribuisce a generare un impatto positivo non solo a livello individuale – che si sostanzia in un miglioramento significativo per la persona integrata – ma anche a livello comunitario, grazie al rafforzamento della coesione sociale e, nei fatti, vista la particolare vocazione di molte WISE, a un contributo allo sviluppo locale e un’attenzione crescente per la sostenibilità ambientale e la conversione ecologica (UNDP – EMES, 2008; Hiu-Kwan Chui et al., 2018). Alcune WISE promuovono un approccio olistico attento non solo alla dimensione lavorativa, ma anche all’integrazione delle persone inserite nel tessuto sociale grazie ad un ampio raggio di servizi di supporto che aiutano i beneficiari ad affrancarsi da una situazione di marginalità ed esclusione dalla vita pubblica.

Le finalità e le caratteristiche delle WISE hanno contribuito a forgiare una cultura organizzativa che si discosta profondamente da quella delle imprese tradizionali. Nelle WISE il criterio utilizzato per scegliere i settori economici di attività spesso non è meramente guidato dalla redditività, ma dalla funzionalità rispetto all’obiettivo di inserire persone svantaggiate; e anche i processi lavorativi sono organizzati in funzione delle competenze e dei talenti delle persone svantaggiate che, grazie al bagaglio di conoscenze e know-how accumulati dalle WISE, consentono di assegnare ai lavoratori svantaggiati le mansioni lavorative maggiormente in linea con le proprie capacità, esperienze lavorative pregresse, aspettative e bisogni. Elementi lavorativi ed elementi formativi on-the-job generalmente coesistono all’interno di un contesto produttivo, che è strutturato per migliorare il benessere dei lavoratori, aumentare le possibilità di trovare una occupazione stabile e sufficientemente redditizia e acquisire (o riacquisire) il più elevato livello di autonomia possibile (Spear, Bidet, 2005; Galera, 2010; Hiu-Kwan Chui et al-, 2018). A tal fine, a seconda dei Paesi, Le WISE coinvolgono figure professionali variamente denominate e con compiti connessi alle specificità organizzative di ciascun paese – job coaches, mentori, tutor, psicologi, ergoterapisti e formatori – che hanno il compito di sostenere i percorsi di inserimento lavorativo.

I diversi percorsi evolutivi

In Europa le WISE sono le tipologie di imprese sociali maggiormente diffuse, che hanno preso forma negli ultimi 30 anni in risposta ad un sempre più ampio spettro di bisogni scoperti; da un punto di vista delle normative nazionali, sono anche quelle più frequentemente riconosciute da un punto di vista normativo (Commissione europea, 2020a). Quello delle WISE è un fenomeno diffuso in tutti i Paesi membri, indipendentemente dalla tipologia del sistema di welfare, dalla presenza o meno di un Terzo settore strutturato, di una tradizione di tipo cooperativo e dall’esistenza di una normativa ad hoc.

Emergono due principali linee evolutive. Da un lato, la genesi “dal basso” che vede protagonista in primis il nostro Paese, dove le imprese sociali di inserimento lavorativo (nella grandissima maggioranza dei casi, cooperative sociali di tipo B) sono nate per lo più grazie all’iniziativa di volontari, lavoratori e familiari di persone svantaggiate, che hanno sperimentato percorsi di inclusione innovativi; dall’altro la trasformazione dei laboratori protetti – tradizionalmente sviluppatisi alla stregua di mercati del lavoro sostitutivi per lo più in Austria, Estonia, Germania, Ungheria e Svezia – in imprese a pieno titolo. In entrambi i casi, le nuove iniziative hanno contribuito in modo significato al sistema delle politiche per l’inserimento di lavoratori svantaggiati (vedi questo articolo), spesso dimostratosi non del tutto efficace.

La nascita dal basso delle WISE è il percorso evolutivo i cui esordi risalgono a circa cinquant’anni fa e che ha contraddistinto tipicamente l’Italia, la Grecia, la Spagna e la Francia, sebbene con alcune differenze. Mentre in Italia tra i promotori delle iniziative che hanno dato vita alle imprese sociali di inserimento lavorativo vi erano spesso protagonisti di lotte studentesche e operaie, obiettori di coscienza, gruppi di volontari, familiari di persone disabili e tossicodipendenti, in Spagna promotori delle WISE sono stati sovente le stesse persone svantaggiate, auto-organizzatesi in collaborazione con le proprie organizzazioni di rappresentanza, come ad esempio la fondazione ONCE. In Francia hanno svolto invece un ruolo importante gli operatori sociali, impegnati nell’accompagnare alcune categorie vulnerabili, come i giovani dei quartieri maggiormente degradati, in un inedito percorso di sviluppo imprenditoriale collettivo (Petrella, Battesti, 2016).

Il secondo percorso evolutivo sopra menzionato, quello che deriva dalla trasformazione dei laboratori protetti, è un fenomeno più recente che ha comportato un cambiamento sostanziale di queste strutture in termini di obiettivi, struttura organizzativa, processi operativi e anche tipologia dei beni e servizi offerti. In pratica, dall’essere prevalentemente spazi di socializzazione, pensati per assistere le persone con disabilità, i laboratori che hanno intrapreso questo percorso evolutivo si sono progressivamente trasformati in vere e proprie imprese, che garantiscono una regolare occupazione principalmente alle persone con disabilità e in alcuni casi anche ad altre categorie di persone svantaggiate. Per poter raggiungere la necessaria sostenibilità economica, le organizzazioni interessate hanno progressivamente sostituito la produzione di articoli da regalo e oggetti a basso valore aggiunto con prodotti e servizi di elevata qualità e hanno migliorato in maniera significativa il funzionamento dei propri processi organizzativi. Tra i Paesi interessati da questi processi vi sono i Paesi Bassi, la Germania – dove i laboratori protetti sono comunemente denominati “imprese inclusive” – la Spagna con i così detti Centri speciali per l’impiego, la Croazia con i laboratori integrativi e la Slovacchia con i laboratori protetti e i posti di lavoro protetti. In tutti questi casi si è assistito a un processo trasformativo in cui organizzazioni tradizionalmente sostenute esclusivamente da politiche pubbliche attraverso sussidi e contributi, hanno iniziato ad operare sul mercato, cambiando radicalmente le proprie fonti di finanziamento. La tabella seguente classifica i Paesi analizzati in tre categorie: i Paesi che sono contraddistinti da una lunga tradizione dei laboratori protetti; i Paesi con una debole tradizione di laboratori protetti e i Paesi in cui i laboratori protetti si sono trasformati in imprese sociali a pieno titolo.

  Paesi
Lunga tradizione Austria, Estonia, Germania, Svezia, Ungheria
Debole tradizione Bulgaria, Cipro, Danimarca, Francia, Grecia, Italia, Lettonia, Lituania, Malta, Portogallo, Repubblica Ceca
Trasformati in WISE Belgio, Croazia, Finlandia, Irlanda, Lussemburgo, Paesi Bassi, Polonia, Romania, Slovacchia, Slovenia, Spagna

Seppure, per alcuni versi, le diverse genesi delle WISE hanno contribuito a dare forma ad alcune delle loro caratteristiche peculiari, marcando così la differenza tra il fenomeno WISE nei diversi Stati, va evidenziato come, con il passare degli anni, numerosi aspetti ereditati dai modelli originari vanno a sfumare.

In ogni caso, a prescindere dai percorsi evolutivi e dai tempi di sviluppo, quello che appare chiaro è che ad oggi nella grande maggioranza dei paesi europei si sono sviluppate iniziative imprenditoriali dove gli occupati sono rappresentati in parte significativa da lavoratori svantaggiati. Si tratta di un fatto di grande rilevanza, per diversi motivi: da una parte aggiunge una nuova e significativa opzione nelle strategie che ciascun paese può adottare per favorire l’integrazione lavorativa, dall’altra sperimenta modelli produttivi inediti, dimostrando nei fatti che non vi è un’incompatibilità insormontabile tra vocazione produttiva e coinvolgimento di lavoratori svantaggiati, stimolando in questo modo un ripensamento dell’intero sistema imprenditoriale.