Le forme giuridiche delle WISE in Europa


Questo articolo è frutto del lavoro di ricerca svolto dalle autrici per incarico di Euricse nell’ambito del progetto Europeo B-WISE. Il report completo è disponibile a questo indirizzo. È stato inoltre pubblicato in lingua italiana e con adattamenti al contesto nazionale questo articolo sulla rivista Impresa Sociale, che tratta in modo più ampio i temi qui sinteticamente proposti.

Nell’articolo si utilizza il termine “WISE” (Work Integration Social Enterprises), comunemente utilizzato in ambito comunitario, per indicare le Imprese Sociali di inserimento lavorativo e quindi, prendendo ad esempio il contesto italiano, le cooperative sociali di inserimento lavorativo. In questo articolo sono meglio dettagliate le caratteristiche che definiscono le WISE.

Dopo avere esaminato l’insieme delle politiche tese all’inserimento lavorativo di persone svantaggiate nei diversi paesi europei e aver richiamato le diverse origini delle imprese sociali di integrazione lavorativa (WISE), in questo articolo si affronta il tema del riconoscimento giuridico accordato alle WISE nei diversi paesi europei.

In primo luogo, va evidenziato come non in tutti i paesi – compresi alcuni in cui è presente un solido sistema di WISE – le WISE sono giuridicamente riconosciute, dal momento che alcuni paesi, come si vedrà, hanno optato per strategie diverse, ad esempio riconoscendo un sostegno alle azioni di inserimento lavorativo a prescindere dal soggetto che le ha compiute. Dove invece le WISE sono state riconosciute, ciò è avvenuto attraverso tre distinte strategie:

  1. l’introduzione di forme giuridiche ad hocdestinati esclusivamente al riconoscimento delle WISE
  2. l’introduzione di forme giuridiche volte più in generale a qualificare le imprese sociali (e tra queste le WISE) e
  3. l’adattamento della normativa sulle cooperative al fine di consentire / promuovere l’integrazione di persone svantaggiate.

Quest’ultima strada è quella che è stata adottata nel nostro paese, dove la quasi totalità delle WISE sono inquadrate come specifica categoria, istituita nel 1991, nell’ambito delle forme cooperative e in specifico delle cooperative sociali; e, nel solco dell’esperienza italiana, sono state istituite le cooperative di solidarietà sociale in Portogallo, le cooperative di interesse collettivo in Francia, le cooperative di iniziativa sociale in Spagna ed altre forme cooperative finalizzate a perseguire finalità sociali, inclusa – in maniera più o meno esplicita – l’integrazione lavorativa di persone svantaggiate.  

Nel complesso, l’introduzione di leggi specifiche ha contribuito a chiarire gli obiettivi, le caratteristiche e in alcuni casi anche gli ambiti di attività delle WISE e ne ha definito le regole di funzionamento quali cui la quota di persone svantaggiate che devono essere inserite, il tipo di svantaggio, la governance, le norme sulla distribuzione degli utili e del patrimonio in caso di scioglimento dell’impresa, ecc. I modelli di governance variano a seconda della forma giuridica e presuppongono un diverso grado di partecipazione dei diversi portatori di interesse, tra cui gli stessi lavoratori svantaggiati, negli organi di governo. Si passa quindi dalle organizzazioni multi-stakeholder che presuppongono – talvolta per legge, come nel caso francese delle società cooperative di interesse collettivo, talvolta come facoltà, come nel caso italiano – il coinvolgimento di diversi portatori di interesse (compreso quello dei lavoratori svantaggiati inseriti), a imprese che non prevedono alcuna partecipazione attiva dei beneficiari principali, come è il caso delle imprese di inserimento in Portogallo e delle imprese sociali in Finlandia.

Accanto ai casi in cui è stata introdotta una specifica forma giuridica per le WISE, in numerosi Paesi europei, le WISE utilizzano forme giuridiche tradizionali, che non sono state disegnate per regolamentare né le WISE, né le imprese sociali. In questo gruppo rientrano ad esempio l’Austria, l’Estonia, l’Irlanda, i Paesi Bassi e la Svezia, seppure con delle differenze. Se le società di capitali sono tipicamente utilizzate dalle imprese sociali di inserimento lavorativo in Irlanda e in Svezia, in Austria e in Estonia sono le associazioni a fare la parte del leone. A rafforzare l’identità delle WISE in questi Paesi contribuiscono sovente altre strategie di riconoscimento identitario. In Svezia gioca un ruolo importante il registro per le WISE adottato dall’Agenzia Svedese dello Sviluppo Economico e la Crescita (Commissione europea, 2019a), mentre in Austria la riconoscibilità delle WISE è garantita da alcune misure pubbliche di sostegno, accordate alle cosiddette “imprese socio-economiche” (SÖB). Un’altra prassi che contribuisce a rafforzare la visibilità delle WISE è l’adozione di marchi privati, diffusi sia in Austria (Guetesiegel fuer Soziale Unternehmen), sia nei Paesi Bassi (Social Enterprise Mark) (Commissione europea, 2018; 2019b). In questi paesi, quindi, non esiste di fatto uno specifico riconoscimento delle WISE a livello giuridico, anche se vi sono imprese che operano – talvolta con numeri di assoluto rilievo – per l’inserimento lavorativo di persone svantaggiate e che appunto, in assenza di forme di riconoscimento giuridico, hanno talvolta scelto di rafforzare la propria identità grazie a marchi volti a segnalare la funzione di integrazione socio-lavorativa.

Vi sono poi Paesi come la Repubblica Ceca, l’Ungheria e la Lettonia dove, a dispetto dell’introduzione di forme giuridiche ad hoc per le WISE, le nuove imprese di inserimento lavorativo persistono nell’utilizzare forme giuridiche tradizionali preesistenti. Questo accade in particolar modo laddove le nuove forme giuridiche o gli statuti introdotti per le WISE presentano alcuni limiti; tra questi, l’esistenza di rigidi vincoli normativi, la mancanza di incentivi oppure la prevalenza di pregiudizi di natura culturale. È questo il caso della Lettonia dove il debole impatto della Legge sulle imprese sociali del 2018 – ad oggi vi sono solo 33 WISE ex lege che integrano al lavoro 89 persone svantaggiate – è riconducibile al fatto che la qualifica giuridica di impresa sociale è acquisibile solo dalle imprese a responsabilità limitata e non dalle associazioni e fondazioni che a tutt’oggi rappresentano una componente importante delle WISE de facto (Zeiļa, Švarce, 2021). Un altro esempio è costituito dalla Repubblica Ceca: in base ad una normativa del 2012, la cooperativa sociale è definita come una “cooperativa che persegue attività benefiche specificamente finalizzate a promuovere la coesione sociale attraverso il lavoro e l’integrazione sociale di persone svantaggiate nella società, dando priorità alla soddisfazione di bisogni locali e all’utilizzo di risorse locali”; si tratta di una formulazione normativa avanzata, ma nonostante ciò la legge ceca è sottoutilizzata. In base ai dati disponibili, nel 2021 vi erano solo 40 cooperative sociali (Kročil et al., 2021). Tra le ragioni che spiegano questa apparente contraddizione vi sono alcuni pregiudizi di natura culturale che portano a considerare le cooperative alla stregua di relitti del regime comunista, lo scarso sostegno fornito dal movimento cooperativo e la mancanza di benefici fiscali (OECD, 2016). Anche nei Paesi in cui i nuovi istituti giuridici hanno avuto un debole impatto si registra il ricorso, per identificare le WISE, ai “marchi” privati, utilizzati per lo più per fini identitari (ad esempio, in Finlandia), più che a denominazioni derivate dalla normativa.

Come la Francia, anche il Belgio presenta un quadro estremamente vario: accanto ad una varietà di statuti disciplinati a livello regionale che riconoscono la specificità delle WISE (nelle Fiandre, in Vallonia e nella Regione di Brussels), fino a poco tempo fa esse potevano anche qualificarsi come imprese a finalità sociale, così come previsto dall’Atto sulle imprese a finalità sociale del 1995. Quest’atto è stato tuttavia abrogato nel 2019, quando è stato contestualmente introdotto un nuovo schema di accreditamento per le cooperative che può essere applicato anche alle WISE (Commissione europea, 2020b).

Vi è un altro gruppo di Paesi dove le WISE utilizzano forme giuridiche o statuti introdotti prima degli anni ‘90 per qualificare i laboratori protetti. È questo il caso di alcuni Paesi dell’Europa Centrale, dove i laboratori protetti furono introdotti per sostenere specificamente l’inclusione di persone con disabilità fisiche, tra cui in particolare le persone non vedenti o con disabilità uditive. Negli anni, l’ambito di azione di queste iniziative si è ampliato così da ricomprendere anche altre forme di disabilità e in alcuni casi anche altre tipologie di svantaggi. Come evidenziato in un precedente articolo, alcuni laboratori protetti hanno intrapreso un radicale percorso trasformativo che li ha portati a strutturarsi in senso imprenditoriale che porta oggi a considerarli alla stregua di WISE a tutti gli effetti. Rientrano in questa categoria le imprese per le persone con disabilità in Slovenia, le imprese speciali in Bulgaria, così come le cooperative per gli invalidi e i non vedenti in Polonia e anche i centri speciali per il lavoro in Spagna, costituiti formalmente dalla Legge sull’integrazione delle persone con disabilità (LISMI) del 1982.

In sintesi, il quadro che ne emerge è racchiuso nella successiva tabella:

Principale dinamica Paesi
Mancanza di forme giuridiche ad hoc per le WISE Austria, Estonia, Irlanda, Paesi Bassi, Svezia
Esistenza di forme giuridiche ad hoc per WISE, ma prevalenza di forme giuridiche tradizionali Danimarca, Finlandia, Lettonia, Lussemburgo, Polonia, Repubblica Ceca, Romania, Slovacchia, Ungheria,
WISE come sottocategoria delle imprese sociali e/o forme giuridiche ad hoc Belgio, Francia, Germania, Grecia, Italia, Portogallo, Slovenia, Spagna
Qualificazione dei laboratori protetti Bulgaria, Croazia, Lituania, Slovenia, Spagna

Va sottolineato come il grado di riconoscimento giuridico che risulta da tale classificazione non coincida necessariamente con il livello di attenzione delle politiche pubbliche nei confronti delle WISE. Possono esserci paesi (ad esempio Austria e Paesi Bassi) in cui il riconoscimento giuridico delle WISE è assente, ma vi sono politiche – formalmente rivolte a qualsiasi soggetto inserisca al lavoro persone svantaggiate – su cui hanno fatto leva imprese che, anche a prescindere dalla formula giuridica, si sono specializzate nell’inserire persone svantaggiate; così come possono esservi paesi, come l’Italia, in cui vi è un’antica e salda tradizione di soggetti specificamente riconosciuti per l’inserimento di persone svantaggiate (le cooperative sociali di tipo B), che è stata di ispirazione per molti altri paesi, dove le politiche pubbliche verso le WISE sono trascurabili (questi aspetti saranno approfonditi in un articolo di prossima pubblicazione).