Quale ruolo per la scuola nelle aree periferiche?


Carolina Pacchi | 6 Giugno 2018

Il tema delle periferie urbane, delle cause della loro persistente (e, per alcuni versi, crescente) presenza nella città contemporanea e degli strumenti per intervenire su di esse è tornato di recente all’attenzione del dibattito pubblico in Italia, anche grazie a diverse iniziative istituzionali, promosse a livello centrale, così come da alcune città. Obiettivo di questo breve contributo è offrire alcuni spunti di riflessione sulle relazioni possibili tra intervento di riqualificazione delle aree periferiche e scuole, intese sia come luoghi della formazione, sia in una declinazione più ampia, come centri di servizi e agenzie di cittadinanza per la comunità locale, e in ultima analisi come laboratori di uguaglianza.

 

Recente è la pubblicazione del rapporto finale della Commissione d’inchiesta parlamentare sulle periferie, frutto del lavoro svolto nell’ultimo anno e mezzo (Camera dei Deputati, Commissione parlamentare di inchiesta sulle condizioni di sicurezza e sullo stato di degrado delle città e delle loro periferie, Relazione sull’attività svolta, 2018), mentre è ormai di alcuni anni fa l’iniziativa del Governo volta al finanziamento di progetti integrati per le aree periferiche e rivolta ai capoluoghi di provincia e alle città metropolitane (Bando Programma straordinario di intervento per la riqualificazione urbana e la sicurezza delle periferie delle città metropolitane e dei comuni capoluogo di provincia, 2016). In entrambi i casi, l’autorevolezza del promotore conferma la rilevanza e in qualche misura l’urgenza del tema, affrontato nel primo caso a livello di analisi e ricognizione, mentre nel secondo attraverso il finanziamento di interventi. Si tratta, in effetti, di uno dei più significativi programmi di finanziamento mirati alle aree urbane degli ultimi anni, avviato con una prima tranche di 500 milioni di Euro per finanziare i primi 24 progetti selezionati e successivamente integrato fino a raggiungere un totale di 2.100 milioni per finanziare anche i restanti 96.

Allo stesso tempo, anche alcune amministrazioni locali si sono attivate: tra queste, possiamo senz’altro ricordare il Comune di Milano, che dal 2016 ha messo fortemente a tema del proprio intervento sulla città proprio le periferie; a segnalare la centralità del tema, la delega è direttamente in capo al Sindaco.

 

Negli studi urbani, soprattutto in anni più recenti, le periferie non sono lette come puro effetto di processi di natura sociale ed economica, quanto come esito, atteso e non atteso, dell’incrociarsi di politiche pubbliche di natura urbanistica, infrastrutturale, sociale, ecc. In particolare, la segregazione spaziale delle popolazioni, crescente in molte città europee, viene sempre più spesso attribuita a precise scelte di politica pubblica, invece che al sommarsi di numerose scelte individuali, o meglio, come un complesso intreccio dei due fenomeni, in cui è difficile districare le responsabilità e le scale delle decisioni.

 

La questione delle periferie è necessariamente molteplice, poiché allude a dimensioni che hanno a che vedere con la localizzazione geografica, l’accessibilità, la concentrazione di popolazioni in condizioni di svantaggio, le forme di degrado fisico del patrimonio costruito e degli spazi pubblici. L’accessibilità, la qualità e la distribuzione dei servizi rivestono un ruolo fondamentale, in particolare in due ambiti: la scuola e il trasporto pubblico. In modi differenti, la presenza e il livello di questi servizi, infatti, ha inciso profondamente sulla formazione e sulla riproduzione delle periferie urbane (come, d’altro canto, delle aree marginali a una scala più vasta). In questo senso, il dibattito sulle periferie si è spesso concentrato su temi di assenza (di qualità funzionale ed estetica, di spazio pubblico, di opportunità di mobilità sociale, di luoghi di aggregazione, ecc.) invece che sul tema della presenza.

La presenza della scuola diviene dunque cruciale per incidere sulla natura degli spazi periferici, in senso sia sincronico che diacronico, guardando alle forme di riproduzione e alla persistenza del fenomeno nel tempo.  Questo poiché proprio la scuola rappresenta la più rilevante possibilità di cambiamento delle possibilità di vita per i ragazzi che crescono in aree periferiche. Inoltre, proprio nelle aree marginali, i luoghi della formazione possono svolgere un prezioso ruolo attivo per la socializzazione e la costruzione di percorsi di cittadinanza, non solo per gli studenti, ma per tutti gli altri attori presenti sul territorio, in cui concentrare, come ricorda l’inchiesta parlamentare “l’istruzione pubblica e l’offerta di servizi per il lavoro, per il welfare territoriale ma anche per la cultura e l’intrattenimento”. Per questo, “la scuola deve essere messa nelle condizioni di diventare un reale agente di cambiamento e mobilità sociale, in grado di fornire un’educazione inclusiva e di qualità estesa a tutto il territorio e che garantisca opportunità di apprendimento per tutti” (Camera dei Deputati, 2018).

Tutti i dati, sia a livello nazionale, che per i paesi OCSE, dimostrano come ci sia un legame persistente tra bassa qualificazione, abbandono scolastico e livelli di povertà e disagio. Proprio per questo, l’intervento sulle scuole nei contesti periferici assume particolare rilevanza, e deve essere un intervento mirato a rafforzare in modo specifico la qualità, la solidità e la varietà dell’offerta formativa, a prevenire l’abbandono e la dispersione, a contrastare le crescenti forme di segregazione sociale che contraddistinguono le nostre scuole.

 

Due elementi emergono come particolarmente importanti per costruire una strategia con questi obiettivi: un intervento mirato e selettivo, capace di concentrarsi specificamente sulle scuole in situazione di particolare difficoltà e/o in contesti fragili e contraddistinti da forme di disagio multiplo; una forte alleanza tra percorsi scolastici e educativi più in generale, genitori e attori del territorio, come associazioni di quartiere e altri attori attivi a livello locale. Solo da un intervento allo stesso tempo selettivo e fortemente integrato con il contesto è infatti possibile costruire percorsi capaci di provocare forti discontinuità di traiettoria e capaci allo stesso tempo di alimentarsi e valorizzare forme di conoscenza e di azione locali, che mobilitino le leve dell’arte, dell’espressività, dell’innovazione, dello sport e del saper fare. Proprio in questa direzione si sono mosse alcune iniziative sperimentali, come i percorsi di scuole aperte e quelli legati alla diffusione della cultura digitale, da cui potranno trarre spunto percorsi più diffusi e capillari.