Spunti per un protocollo d’intervento: il ruolo dell’ente locale


Sabina Banfi | 6 Giugno 2018

La ricerca del Dipartimento di Studi Urbani del Politecnico di Milano ci consegna un’immagine precisa della composizione sociale delle scuole primarie e secondarie di primo grado della città. Dallo studio emerge che la scuola pubblica in diversi contesti territoriali milanesi non riesce a ridurre le disuguaglianze sociali, come indicato dalla Costituzione, ma finisce per ampliarle e radicalizzarle. La causa più rilevante di questo fenomeno è la “fuga degli italiani” ovvero l’abbandono dei territori periferici da parte delle famiglie italiane di classe media e medio-alta che si spostano verso scuole paritarie, oppure verso scuole pubbliche, meno etnicizzate e con la maggioranza di allievi con background familiare simile.

 

A Milano infatti circa il 50 % dei bambini di scuola primaria e secondaria di primo grado non frequenta la scuola di quartiere e circa un terzo degli studenti frequentanti la scuola pubblica non sceglie la scuola di bacino. Inoltre un bambino su quattro viene iscritto nelle scuole paritarie.

Questi movimenti producono in alcuni plessi fenomeni di vera e propria segregazione scolastica: in quei plessi la presenza di studenti stranieri e di studenti in condizione di disagio socio economico è significativamente superiore rispetto al territorio di riferimento.

Osserviamo così sul territorio scuole che continuano a crescere, scuole che si svuotano, scuole di periferia a forte concentrazione, scuole del centro molto attrattive, livelli di apprendimento che risentono delle differenti composizioni socio economico culturali delle classi.

 

Ci si interroga quindi sulla necessità di governare questi fenomeni, sul ruolo che può avere l’ente locale nella definizione di politiche di desegregazione.

L’ente locale non ha competenze dirette in materia di istruzione ma in base all’art 139 del decreto legislativo 112 del 1998 esercita azioni tese a realizzare le pari opportunità di istruzione ed è titolare del governo della rete scolastica attraverso la definizione dei bacini d’utenza e i piani di dimensionamento. Inoltre garantisce una serie di servizi di supporto alle istituzioni scolastiche (ristorazione, pre-post scuola, centri estivi, trasporto) e tradizionalmente integra il piano dell’offerta formativa delle scuole con interventi in stretta connessione con le risorse del territorio. Delibera inoltre il piano del diritto allo studio assegnando alle scuole quote di risorse a sostegno di particolari attività. Rappresenta infine l’istituzione più prossima alla scuola e il Sindaco è percepito dalle famiglie come un riferimento anche per le istanze relative al diritto all’istruzione.

Il Comune ha dunque il dovere di intervenire per elaborare strategie di politica scolastica locale che abbiano come primo obiettivo il coordinamento delle istituzioni che a diverso titolo si occupano di istruzione: l’ente locale deve essere attivatore di tavoli di coordinamento e confronto con gli organismi e le istituzioni scolastiche allo scopo di costruire politiche condivise. La necessità che emerge dalle interlocuzioni con le autonomie scolastiche, con i loro dirigenti e con i Consigli di Istituto, è inoltre l’individuazione di criteri di precedenza per l’ammissione agli istituti comprensivi in modo condiviso all’interno dello stesso quadrante urbano per evitare che si contrappongano, in nome dell’autonomia scolastica, scuole attrattive a scuole poco frequentate.

Inoltre l’ente locale deve individuare sulla base di standard predefiniti le capienze degli edifici scolastici. L’effetto “magnetico” che alcune scuole esercitano deve infatti avere come limite la dimensione dell’edificio scolastico.

L’ente locale deve promuovere reti di scuole, tra scuole più capaci di progettare, aggredire fondi, promuovere proposte formative innovative e scuole che in questi contesti si muovono con più difficoltà. L’ente locale deve mettere insieme territori differenti per fare in modo che ci sia un effetto traino da parte delle realtà più attive a favore delle scuole più svantaggiate, deve promuovere interventi propri o di terzi soprattutto laddove è più faticoso trovare adesioni, capacità e competenze.

 

Con l’assegnazione delle risorse e con l’erogazione dei servizi di supporto si agisce un’altra leva del comune per incidere sulla capacità di attrazione di una scuola. Ad esempio, la decisione di attivare servizi di ampliamento dell’orario scolastico e anticipazione dell’apertura in un plesso piuttosto che in un altro all’interno della stessa autonomia scolastica o in certo quartiere potrebbe essere determinante ai fini del contenimento di fenomeni di evitamento. Così come l’organizzazione di attività extracurriculari che siano più caratterizzanti l’offerta dell’istituzione scolastica può incidere sulla scelta delle famiglie. I contributi devono essere suddivisi con una logica perequativa superando il principio di una distribuzione ugualitaria: alle scuole più in difficoltà, laddove si vuole orientare la scelta dei genitori, occorre assegnare maggiori risorse. A queste scuole occorre pensare di riconoscere delle forme di premialità a fronte di risultati che segnino inversioni di tendenza negli indici di segregazione scolastica.

Infine l’ente locale deve rivolgersi ai genitori prevedendo il loro coinvolgimento attivo in qualità di promotori della scuola di bacino che è la scuola di prossimità, collocata nel quartiere di residenza, aperta al suo territorio. È la frequenza di questa scuola che sviluppa senso di appartenenza, crea legami, aumenta la coesione sociale: i genitori sono gli “ambasciatori” della scuola e rappresentano con le loro scelte la migliore forma di marketing per l’istituzione scolastica.