Tre reti scolastiche (e tre città) che tendono ad evitarsi


Giuseppe Como | 6 Giugno 2018

La ricerca “White flight a Milano” ha il grande merito di avere messo a disposizione di tutti una lettura della mobilità territoriale della popolazione scolastica dell’obbligo dell’intera città, ovvero ha consentito – per la prima volta – di potere disporre di dati, di conoscenze e di interpretazioni che determinano l’accesso all’universo dei plessi scolastici (e delle istituzioni scolastiche) della scuola dell’obbligo milanese. Non sono mancate, anche in anni non più recentissimi, riflessioni che hanno fatto riferimento a situazioni esemplari o emblematiche, che proprio per questi motivi hanno consentito, certo, di evidenziare la particolarità delle situazioni, ma non hanno consentito di cogliere gli aspetti sia qualitativi che quantitativi della frequenza dei bambini e ragazzi della scuola dell’obbligo nella scuola milanese.

 

La percentuale media di iscritti stranieri alla scuola primaria è del 21,1%, mentre è del 19,4% nella secondaria di 1° grado. Si tratta di due dati relativamente omogenei che stanno, in un certo senso, ad indicare come l’immigrazione non costituisca più un fenomeno “emergenziale”, ma tenda a manifestare elementi di sostanziale maturità, come testimonia del resto la percentuale di frequentanti stranieri della scuola primaria nati a Milano (o comunque in Italia) che raggiunge il 75% e manifesta, quindi,  la diffusa presenza di individui di seconda o terza generazione.

 L’evasione dal bacino scolastico di residenza, fenomeno comunque presente da decenni nella scuola milanese, è motivata con ragioni, per così dire, “strutturali” in una realtà complessa come è quella metropolitana, come l’organizzazione delle famiglie con riferimento all’accudimento dei figli, la mobilità dei genitori in relazione al posto di lavoro, la prossimità fisica in relazione al trasporto pubblico o privato ed allo stesso accesso stradale. Emergono, però, ad una analisi appena più approfondita altre ragioni, accompagnate da motivazioni meno dichiarate ma certo importanti, che fanno rifermento alla presenza nella scuola di bacino di situazioni “difficili”, quali la frequenza di alunni stranieri e/o di alunni residenti in quartieri complicati, oltre alla motivazione, sempre dichiarata, di potere frequentare una scuola conosciuta per la buona impostazione didattica, quasi a manifestare, cioè, una prefigurazione dei momenti successivi di istruzione.

Di fatto, in questo sistema di relazioni, a Milano quasi il 56% dei bambini italiani non frequenta la scuola primaria del bacino di utenza, mentre per gli stranieri la percentuale è, comunque alta, pari al 40%.  Nella secondaria di 1° grado i movimenti inter-bacino sono ancora più consistenti, arrivando alla percentuale di quasi il 60% degli studenti italiani, mentre per gli stranieri la percentuale si manifesta ancora attorno al 40%.

 

In una situazione così complessa e così variamente motivata appare chiaro che ogni ragionamento programmatorio dell’Ente Locale e delle stesse autorità scolastiche è reso difficile e, pur essendo verificabili linee di tendenza consolidate, emerge la necessità pratica di continue verifiche annuali.

 

Il sistema della scuola pubblica è storicamente affiancato, a Milano come nel resto d’Italia, dalla rete delle scuole diventate “paritarie” a partire dalla seconda metà degli anni ‘90, come previsto dalla riforma Berlinguer, messa in atto nella sostanza solo per questa parte.

Nel complesso frequentano una di queste scuole il 21,5% degli alunni delle elementari ed il 18% degli iscritti alla secondaria di 1° grado. Se si considerano i soli italiani, la quota percentuale è del 26% alla primaria e del 21,6 % alla secondaria di 1° grado. Infatti, tra gli stranieri la quota dei frequentati la scuola primaria paritaria è del 5% e quella dei frequentanti la secondaria di 1° grado del solo 2,4%, percentuali che complessivamente assommano al 4%, quota ben al di sotto dei residenti stranieri in età d’obbligo.

Le scuole paritarie non rispondono tutte allo stesso modello interpretativo. Un gruppo non particolarmente rilevante di istituzioni scolastiche che fanno riferimento ad ordini religiosi o comunque di ispirazione confessionale, in genere provviste di un impianto organizzativo particolarmente radicato ed in grado di soddisfare la richiesta di servizio scolastico di ogni ordine e grado (dalla scuola per l’infanzia alla secondaria di 2° grado, per intenderci) è affiancato da un più cospicuo numero di altre istituzioni, che presentano un efficace radicamento nella periferia o meglio nella semiperiferia  e che sono caratterizzate dalla presenza di ordini di studio incompleti (per esempio: solo la primaria ad affiancare la scuola dell’infanzia, o anche la secondaria di 1° grado con scuola dell’infanzia e primaria). Differente è il discorso relativo alle paritarie “laiche”, che rappresentano solo un terzo di questa tipologia scolastica ed hanno avuto e tutt’ora hanno una presenza poco significativa e quasi marginale nel tessuto cittadino. (Altra situazione si rileva, invece, per la secondaria di 2° grado, ma questo è un discorso che ci porterebbe lontano e occorrerebbe procedere con opportuni approfondimenti, in modo da individuare le istituzioni che operano supportate da un significativo impianto didattico).

Il modello della rete organizzativa delle scuole paritarie risulta sufficientemente chiaro: se dal punto di vista quantitativo la scuola paritaria assorbe un quinto degli ragazzi, la sua frequenza genera la metà del totale degli spostamenti. Si tratta di numeri particolarmente significativi, che tendono a condizionare l’intero assetto del sistema scolastico.

 

L’interpretazione di questo fenomeno complesso non è ovviamente univoca. Tuttavia, una attenta disanima dei dati e soprattutto della cartografia che accompagna la ricerca consente di mettere a fuoco una interpretazione “forte”. La scelta delle famiglie in favore della scuola paritaria nasce dalla combinazione tra due differenti elementi: la presenza di disponibilità economiche famigliari accompagnata dalla volontà – implicita od esplicita – di tenersi lontano (e tenere lontani i figli) da situazioni sociali, economiche e culturali difficili e/o diverse.

Conferma questa interpretazione il fatto che la scelta della paritaria risulta particolarmente consistente per coloro che abitano in zone centrali o comunque residenziali della città, peraltro caratterizzate da una relativa omogeneità sociale e culturale e con presenza di residenti stranieri poco significativa.

 

Queste scelte in favore della scuola paritaria, pur legittime e basate su valutazioni di tipo individuale, determinano una doppia ricaduta sull’insieme del sistema scolastico: da un lato selezionano implicitamente un quinto della popolazione scolastica dell’obbligo, che è in questo modo messo nella condizione di confrontarsi pressoché esclusivamente con coetanei della stessa origine culturale e sociale (alunni stranieri e/o con difficoltà economiche rappresentano delle rare eccezioni, anche se non mancano ovviamente le difficoltà, per così dire, famigliari e relazionali); dall’altro determinano il riversarsi sul solo sistema pubblico dell’intera presenza degli alunni di origine straniera e/o inseriti in famiglie con difficoltà economiche, in questo modo incrementando il rischio concreto del manifestarsi  di situazioni di segregazione etnica e sociale.

 

La mobilità scolastica nella rete del servizio pubblico costituisce un ulteriore fattore determinante la segregazione, in quanto coinvolge un terzo della popolazione scolastica – italiana e straniera – milanese. Il primo elemento che emerge, a questo proposito, è costituito dalla evidente massiccia “fuga di italiani” dalle scuole che sono insediate nelle aree dove è la concentrazione di abitanti stranieri è più rilevante. In queste aree, la mobilità dei ragazzi nella rete del servizio scolastico pubblico supera il 40% degli obbligati e contribuisce a moltiplicare la concentrazione straniera nelle scuole collocate in queste aree, a dimostrazione che la forte concentrazione etnica costituisce un formidabile amplificatore della segregazione scolastica. In ogni caso, il modello di comportamento appare sufficientemente chiaro: i movimenti sono indirizzati dalle aree più periferiche a quelle più centrali o comunque della media periferia, anche se non mancano polarizzazioni verso plessi scolastici che, in questi casi, evidenziano una percentuale contenuta di ragazzi stranieri.

 

Approfondendo il livello dell’indagine, tuttavia, è emerso un altro fattore caratterizzante: l’esame del profilo socio-economico dei differenti bacini ha fatto evidenziare, infatti, che entrano decisamente in gioco, al momento di effettuazione delle scelte scolastiche delle famiglie, anche le componenti di svantaggio economico e sociale. Ovvero, la presenza di stranieri e famiglie – straniere e non –  con svantaggio economico e sociale è un fenomeno che si manifesta frequentemente in combinazione sul territorio, anche se sono evidenziate situazioni in cui i due fenomeni sono presenti separatamente.

Si può dire, quindi, che la segregazione scolastica coinvolge una rilevante parte del sistema scolastico pubblico, in relazione a due ordine di fattori: da una parte risulta determinata dalle dinamiche abitative della popolazione straniera, che tende a concentrarsi in alcuni aree della città, soprattutto quelle caratterizzate di consistente presenza di edilizia pubblica sociale; dall’altra parte risulta diventare il risultato delle scelte delle famiglie italiane, che tendono a ridurre in modo sostanziale una quota rilevante di bambini e ragazzi italiani la possibilità di confronto e scambio all’interno di contesti scolastici misti.

Si può senz’altro affermare, quindi, che sono le scelte ed i comportamenti delle famiglie italiane a fare in modo che la concentrazione di stranieri e di portatori di svantaggio socio-economico risulta in alcune istituzioni scolastiche ben superiore a quella presente nel territorio.

 

In generale, pur non apparendo dettati da considerazioni di carattere xenofobo, i comportamenti resi possibili dalla libertà di scelta delle famiglie (supportata da incentivi economici pubblici non irrilevanti, nel caso di frequenza a scuole paritarie) e dalla dichiarata competizione tra scuole pubbliche, messa in atto in modo dichiarato dall’introduzione dell’autonomia scolastica hanno messo in atto un sistema che agisce nella sostanza senza alcuna regolazione, che evidenzia questioni non di poco conto nei confronti dell’inclusione sociale e dello sviluppo di una società che si manifesta come multietnica.

Nella sostanza, scuola paritaria, scuola che attrae e scuola della gestione della segregazione e del disagio socio-economico tendono ad agire senza sostanziali rapporti ed i bambini ed i ragazzi che le frequentano ad evitarsi.


Commenti

Vorrei chiarimenti in merito ai dati forniti nell’articolo. Si legge “a Milano quasi il 56% dei bambini italiani non frequenta la scuola primaria del bacino di utenza, mentre per gli stranieri la percentuale è, comunque alta, pari al 40%. Nella secondaria di 1° grado i movimenti inter-bacino sono ancora più consistenti, arrivando alla percentuale di quasi il 60% degli studenti italiani, mentre per gli stranieri la percentuale si manifesta ancora attorno al 40%.”
Più avanti leggo:
“La mobilità scolastica nella rete del servizio pubblico costituisce un ulteriore fattore determinante la segregazione, in quanto coinvolge un terzo della popolazione scolastica.”
Cosa si intende per “mobilità scolastica”? Pensavo lo spostamento dalla scuola più vicina a una più lontana dal domicilio. Ma il valore è un terzo o 60% per gli italiani e 40% per gli stranieri, come trovo scritto nella prima parte del contributo?
Grazie