Insieme contro la violenza sulle donne

Il modello innovativo interdisciplinare trentino


Laura Castegnaro | 24 Gennaio 2018

Il fenomeno della violenza sulle donne è trasversale e geograficamente presente in modo diffuso: a sostegno delle vittime vengono attuati una serie di interventi specifici da parte delle Istituzioni e degli enti del terzo settore ma spesso in modo parcellizzato e non integrato compromettendone l’efficacia complessiva. Il lavoro di rete rappresenta la via privilegiata per porre in essere azioni realmente efficaci utili a diminuire il numero di femminicidi e a ridurre gli episodi di violenza.

Da tale presupposto è partita la Provincia Autonoma di Trento nel delineare un modello innovativo di presa in carico delle donne vittime di violenza basato sulla consapevolezza del valore aggiunto dell’approccio interdisciplinare: lavorare insieme condividendo informazioni e strumenti velocizza i tempi di intervento, aumenta la qualità e quindi l’efficacia degli stessi, garantisce la condivisione del piano di azione a sostegno della vittima.

La scelta della Provincia trova il proprio riferimento, oltre che in buone prassi realizzate in altri Paesi in particolare del mondo anglosassone1, anche e soprattutto nel Trattato europeo che rappresenta il pilastro delle azioni di intervento sulla tematica del contrasto alla violenza sulle donne e cioè nella Convenzione del Consiglio d’Europa sulla prevenzione e la lotta alla violenza contro le donne e la violenza domestica2.

 

Il contesto della Provincia

Per rilevare il fenomeno della violenza sulle donne in Trentino la Provincia utilizza un sistema di raccolta dati che considera sia le denunce connesse a episodi di violenza sulle donne presentate alle Forze dell’ordine e alle Procure presso i tribunali di Trento e Rovereto, sia il numero e le caratteristiche delle donne che beneficiano dei servizi antiviolenza.

Le denunce per reati assimilabili a violenza contro le donne relative all’anno 2016 sono state 532, a fronte di un numero di donne tra i 20 e i 64 anni in Trentino pari a 158.1663. Si tratta di un dato significativo, anche in rapporto alla media nazionale, sebbene il numero delle denunce rappresenti solo in minima parte il reale fenomeno. Ciò deve essere letto considerando la probabile maggiore propensione alla denuncia da parte delle donne presenti in provincia di Trento (rispetto ad altri territori) determinata dalla consapevolezza della presenza di una rete articolata di servizi a favore delle vittime di violenza e dalla particolare sensibilità sulla tematica degli operatori sia delle Istituzioni che degli enti del terzo settore che entrano in contatto diretto con le donne. Tale attenzione è il frutto anche di un progetto formativo sulla materia che coinvolge in modo integrato i professionisti appartenenti a enti diversi.

Sul territorio provinciale sono presenti più servizi antiviolenza che si articolano in servizi di accoglienza residenziale (casa rifugio, case di accoglienza, alloggi in autonomia) e in servizi non residenziali che offrono sostegno, orientamento, consulenza psicosociale e legale alle donne: nel 2016 le utenti dei servizi antiviolenza sono state 101 nei servizi residenziali (con 100 minori al seguito) e 352 nei servizi non residenziali; i figli delle donne che si sono rivolte a questi ultimi sono stati 454. Complessivamente quindi 554 figli hanno assistito alla violenza contro la madre. È stato anche attivato un percorso di rieducazione per i maltrattanti denominato “Cambiamenti” che consiste in un intervento psicoeducativo con lo scopo di far assumere agli uomini violenti la consapevolezza e la responsabilità delle conseguenze delle loro azioni. Nel 2016 sono stati 24 gli uomini che hanno frequentato questo percorso.

La Provincia ha attivato anche altri interventi a sostegno delle vittime; in particolare ha previsto: una prestazione sanitaria aggiuntiva (ulteriore rispetto ai LEA) per lesioni determinate da atti violenti4, l’esenzione dal ticket in pronto soccorso5, interventi di politica del lavoro destinati alle donne vittime di violenza gestiti dall’Agenzia del lavoro insieme a percorsi di inclusione lavorativa coordinati da enti del terzo settore della rete antiviolenza. È inoltre attivo un fondo di solidarietà per l’anticipazione del risarcimento del danno morale riconosciuto alla vittima di violenza con provvedimento dell’autorità giudiziaria. Trasversale a tutti gli interventi è la formazione agli operatori delle Istituzioni pubbliche e degli enti del terzo settore grazie alla quale si qualifica e specializza la professionalità di ciascun partecipante, si instaurano rapporti personali di collaborazione e si divulgano informazioni su tutti i servizi presenti sul territorio a favore delle vittime di violenza.

 

Un percorso formativo ad hoc è stato realizzato per gli operatori dell’emergenza della Centrale unica dell’Emergenza e delle centrali delle Forze dell’ordine e dell’Azienda sanitaria per fornire strumenti concreti per riconoscere la violenza e gestire in modo adeguato le telefonate di richiesta di aiuto. Parallelamente è stata realizzata una campagna di comunicazione volta a far conoscere alla comunità il numero telefonico unico 112 quale numero di riferimento anche per le emergenze relative alla violenza.

Le attività finora descritte si collocano nel “dopo” per dare risposte a problematiche che sorgono quando la violenza si è già concretizzata. Per quanto riguarda il “prima” occorre agire sulla cultura, contro i pregiudizi e gli stereotipi: sono state dunque realizzate, anche in collaborazione con altri Enti varie campagne di sensibilizzazione contro la violenza, per la veicolazione delle quali sono utilizzati mezzi di trasporto pubblico, cinema, teatri, mass media, i centri commerciali e l’Università di Trento.

(nella foto: Campagna con Euregio 2017 “Insieme fermiamo la violenza sulle donne”).

 

Inoltre sono stati intrapresi percorsi educativi alla relazione con l’altro/a nelle scuole superiori della provincia per sostenere, attraverso la scuola, la comprensione di ciò che significa nella nostra società essere uomini ed essere donne, che consenta alle giovani ed ai giovani di costruire la relazione con l’altro genere.

 

La sperimentazione del modello innovativo di lavoro interdisciplinare

Per sperimentare una modalità innovativa di lavoro integrato da applicare sul territorio provinciale è stato costituito un gruppo di lavoro interdisciplinare e inter-istituzionale con l’obiettivo di migliorare ulteriormente l’azione provinciale di contrasto della violenza dotandola di maggiore efficacia, tempestività e sostenibilità6. Il gruppo è costituito dai rappresentanti della Questura di Trento, del Commissariato del Governo, dei Carabinieri, della Polizia locale, dell’Azienda provinciale per i Servizi Sanitari, della Provincia (Servizio Politiche Sociali e Ufficio pari opportunità) e dell’Ordine degli assistenti sociali.

Il modello elaborato ha lo scopo di prevenire il rischio di recidiva e di aumento della violenza partendo dal presupposto che nessun operatore è in grado da solo di avere un quadro completo della situazione della vittima, mentre ciascuno può portare il proprio contributo professionale per la costruzione di un percorso di aiuto. Sono tre gli elementi che caratterizzano la sperimentazione del modello innovativo:

  1. la valutazione del rischio, grazie alla quale si può prevenire il verificarsi di nuovi atti violenti tramite la definizione di strategie di intervento coordinate per mettere in sicurezza la vittima e i suoi figli e per promuovere azioni nei confronti dell’autore della violenza. Per la definizione degli strumenti di rilevazione del rischio ci si è basati su modelli già strutturati7 adattati alle caratteristiche del territorio provinciale nell’ambito di uno specifico percorso formativo. Si sono così definite due schede di rilevazione del rischio, utili a supportare gli operatori nella fase cruciale di valutazione iniziale: una scheda semplificata per la rilevazione del rischio in situazione di violenza domestica utile per svolgere una valutazione di massima della situazione; e un modulo di valutazione del rischio nel quale sono inserite le informazioni raccolte all’interno di uno o più colloqui con la vittima attraverso una griglia che costituisce la base del confronto tra i professionisti che compongono il gruppo di lavoro, al fine di giungere ad una valutazione condivisa del rischio e poter definire il piano di intervento per la messa in sicurezza e la prevenzione di altri episodi violenti. In una prima fase di applicazione la scheda semplificata è stata adottata in via sperimentale per i casi già presi in carico dalla Questura di Trento al fine di verificare l’appropriatezza dello strumento e riflettere su eventuali problematiche emerse grazie all’uso effettivo dello stesso, al fine di apportare i necessari correttivi rispetto a quanto delineato a seguito del percorso formativo;
  2. il processo di implementazione della metodologia sperimentale di valutazione, che sarà concretamente definito sulla base del seguente schema operativo: a) intercettazione e valutazione del rischio dei casi di violenza tramite l’utilizzo degli strumenti di valutazione del rischio; b) approfondimento del caso e definizione di un piano di intervento. Fondamentale sarà il coinvolgimento della donna, che dovrà poter decidere autonomamente che cosa fare sulla base del rischio individuato e delle possibili azioni da intraprendere per uscire dalla situazione di violenza; c) monitoraggio, per verificare periodicamente lo stato di attuazione del piano di intervento definito per la messa in sicurezza della donna e degli eventuali figli;
  3. la valutazione dello sviluppo del modello di intervento integrato attraverso l’individuazione di indicatori utili alla valutazione di risultato del modello stesso e del suo processo di implementazione. Gli indicatori di risultato sono riferiti ai seguenti obiettivi della sperimentazione: a) ridurre il numero di femminicidi legati alla violenza domestica. Gli indicatori selezionati sono pertanto riferiti al numero dei femminicidi che si verificano sul territorio provinciale; b) ridurre/annullare gli episodi di nuova violenza domestica nei casi valutati dal gruppo interdisciplinare; c) incentivare la presentazione delle denunce/querele nei casi di violenza domestica; d) promuovere la “rieducazione” dell’autore della violenza. Si intende verificare quanti uomini che hanno esercitato violenza frequentano il percorso di rieducazione per maltrattanti e quanti di questi non reiterano il reato; e) identificare soluzioni diversificate in base alla specificità di ogni singolo caso esaminato dal gruppo interdisciplinare. Con questo indicatore si vuole monitorare quanto questo modello innovativo di intervento integrato consente di individuare soluzioni specifiche e non stereotipate a partire dalle caratteristiche peculiari di ciascuna situazione esaminata. Per ogni obiettivo sono stati individuati più indicatori utili al fine di monitorare in modo diretto l’impatto del modello di intervento integrato sui casi complessivi.

 

L’attuazione del modello prevede un’operatività per fasi incrementali utile per costruire, in maniera partecipata e non rigida, un impianto di intervento corrispondente alle specifiche esigenze e risorse presenti nel territorio provinciale, che modificabile in relazione alle evidenze che emergono nella sperimentazione.

Le modalità e gli strumenti di lavoro del gruppo interdisciplinare sono state formalizzate attraverso un atto della Giunta provinciale8 dando così riconoscimento a un intenso lavoro integrato e partecipato e consentendo di dare attuazione a quanto previsto dal Piano provinciale per la salute 2015 – 2025 in tema di contrasto alla violenza di genere.

Si tratta evidentemente solo dell’inizio di un lavoro integrato che deve sviluppare col tempo le proprie potenzialità. Per questo il modello sarà oggetto di revisione e aggiornamento sulla base alle risultanze della sperimentazione in atto e degli esiti della valutazione comparando gli esiti col sistema attuale di organizzazione dei servizi e di risposta alle donne vittime di violenza. L’auspicio è quindi che la valutazione di tale modello innovativo dia esiti positivi e che quindi per le vittime di violenza si apra una nuova metodologia di intervento da mettere a regime che consenta di ridurre i femminicidi e, se possibile, annullare gli episodi di nuova violenza.

  1. Metodo MARAC/IDVA (conosciuto come “metodo Scotland”) adottato nel Regno Unito
  2. Approvata dal Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa il 7 aprile 2011, firmata l’11 maggio 2011 a Istanbul e ratificata dall’Italia con la legge 27 giugno 2013, n. 77
  3. Servizio statistica provinciale 1.1.2016
  4. Deliberazione di Giunta provinciale n. 1896 del 2015
  5. Deliberazione di Giunta provinciale n. 1095 del 2016
  6. Deliberazione di Giunta provinciale n. 1896 del 26 ottobre 2015 c.m. con deliberazione n. 1776 del 27 ottobre 2017
  7. SARA (Spousal Assault Risk Assessment); ISA (Increasing Self Awareness); DA (Danger Assessment), ODARA( Ontario Domestic Assault Risk Assessment), EVA, ecc
  8. Deliberazione di Giunta provinciale n. 1776 del 27 ottobre 2017