Dal disagio alla rinascita


A cura di Renato CursiWalter Nanni | 9 Gennaio 2023

Premesse e metodi

Nel corso degli anni pandemici, il mondo della formazione professionale ha subito un duro colpo: la frequenza alle lezioni si è spostata sulla dimensione online, non adatta agli studi tecnici e alla formazione professionale. Molte attività laboratoriali sono saltate o sono state interrotte, pregiudicando la qualità della preparazione degli studenti. I più penalizzati sono stati i ragazzi dell’ultimo anno, che non hanno potuto concludere in modo adeguato il percorso di studi, ritrovandosi un titolo difficilmente spendibile sul mercato del lavoro. Anche i tirocini, gli stage e gli apprendistati sono saltati, a causa delle difficoltà logistiche e della chiusura di molte aziende, che hanno interrotto le proprie attività o non hanno potuto assumere i ragazzi (in Italia, ad esempio, le aziende in cassa integrazione non erano autorizzate ad attivare stage o tirocini). I settori più penalizzati sono stati quelli collegati al sistema turistico-ristorativo-alberghiero o al benessere/cura della persona. Rispetto a tale complesso di problematiche, i ragazzi sono stati penalizzati anche dal punto di vista della scelta dei percorsi professionali, del futuro lavorativo e formativo. Si profila per molti di loro la necessità di un ripensamento e di riprogrammare il proprio futuro. Un cammino difficile, in assenza di servizi adeguati di orientamento. Coloro che vengono da famiglie culturalmente ed economicamente attrezzate, possono pensare a nuovi percorsi formativi che consentiranno di recuperare il tempo perduto. Altri si orienteranno verso il proseguimento degli studi, soluzione accessibile alle famiglie dotate di maggiori risorse. In assenza di proposte credibili, c’è il rischio di un vertiginoso aumento dei Neet, con pesanti ricadute sul futuro sociale di un’intera generazione.

Rispetto a tale complessa gamma di problematiche, la fase della transizione scuola-lavoro costituisce un momento di forte criticità soprattutto per i giovani che provengono da storie e vissuti di povertà ed emarginazione sociale. Oltre alle croniche lacune in materia di accompagnamento e orientamento presenti nel nostro sistema di istruzione e formazione, nel caso dei ragazzi che vivono situazioni di deprivazione socio-economica sono ravvisabili alcuni nodi critici che impediscono un adeguato inserimento lavorativo o un miglioramento del capitale formativo a disposizione. Allo scopo di meglio evidenziare i nodi critici nella transizione scuola-lavoro dei giovani che vivono in famiglie in difficoltà, Caritas Europa1 ha promosso insieme a Don Bosco International2 un’indagine3 che si sofferma su alcuni nodi critici e irrisolti di tale fenomeno, in 5 Paesi europei: Albania, Finlandia, Grecia, Italia e Portogallo. L’indagine ha avuto un taglio quantitativo ed è stata realizzata tramite compilazione online di un questionario semi-strutturato, compilato da 375 ragazzi di età compresa tra 14 e 21 anni intercettati dai centri Caritas (sia a titolo personale che mediante la loro famiglia) e da 67 direttori di circa 50 scuole di formazione professionale nei cinque dei presi in considerazione.

La voce dei giovani in difficoltà

La fascia di età oggetto di indagine, corrispondente alla nostra scuola secondaria superiore, costituisce un periodo della vita nel quale gli elementi di orientamento e progettazione del proprio futuro svolgono un ruolo determinante, sotto diversi punti di vista. Tale ambito di azioni appare particolarmente fragile nel mondo del disagio sociale, in quanto molti ragazzi sono privi di un valido appoggio genitoriale, in grado di offrire motivazione e orientamento per le decisioni future. Nel nostro caso, il 69% dei giovani intervistati ha dichiarato di non aver potuto svolgere nel corso dell’ultimo anno scolastico alcun tipo di esperienza di alternanza scuola lavoro, prevista per legge in tutti i tipi di scuola superiore. Le punte più alte di mancata partecipazione si registrano in Grecia (90,6%) e in Portogallo (88,4%). In Italia, nonostante le difficoltà logistiche e sanitarie, quasi la metà dei giovani intervistati ha potuto svolgere una qualche esperienza legata al mondo del lavoro. La scarsa diffusione nel biennio 2020-2022 di esperienze di alternanza scuola lavoro, associata alle difficoltà registrate dal sistema scolastico nel corso dei mesi di pandemia, hanno prodotto soprattutto nei sistemi di istruzione professionale un livello di output formativo non sempre all’altezza, comunque inferiore rispetto a quello degli anni precedenti la pandemia. Interpellati a proposito, il 57,1% dei ragazzi intervistati non si sente adeguatamente preparato per entrare nel mondo del lavoro (il livello più elevato di insoddisfatti, pari al 76,5%, si registra in Finlandia). La quota di ragazzi che si percepisce invece inadeguato alla continuazione degli studi è invece più bassa, coinvolgendo una quota minoritaria di ragazzi (37,8%). Rispetto alle azioni di orientamento e accompagnamento alla transizione scuola lavoro, il 40,4% dei giovani intervistati non ha potuto godere di nessuna forma di orientamento (in Italia il mancato orientamento è pari al 51,3%). Scendendo nel dettaglio, si scopre che l’orientamento è stato fornito principalmente da attori extrascolastici, soprattutto familiari, parenti o amici: il 78,6% dei giovani intervistati non è stato aiutato da nessuno a scuola per orientare il proprio futuro.

Un ulteriore aspetto indagato nella ricerca riguarda la partecipazione dei giovani ad esperienze di scambio internazionale, promosse dalle istituzioni scolastiche o da altri soggetti pubblici o privati. Nel corso dell’ultimo biennio le restrizioni agli spostamenti internazionali hanno prodotto una significativa riduzione di questo tipo di esperienze. Tuttavia, dato che la fascia di età indagata si spingeva fino ai 21 anni, alcune esperienze all’estero potevano essere state realizzate in tempi precedenti alla pandemia. È indubbio che i ragazzi provenienti da famiglie in difficoltà hanno un minor grado di accesso a tali opportunità internazionali rispetto a quanto accade per il resto dei coetanei, per diversi motivi: la presenza di costi aggiuntivi, una scarsa capacità di leggere il valore aggiunto di “lungo periodo” derivante da tali forme di esperienze, l’impegno in attività lavorative che impediscono di recarsi all’estero, ecc. Ciò che emerge è che solo l’8,9% dei ragazzi intervistati nei cinque Paesi ha potuto fare esperienze di scambio internazionale all’estero, con punte particolarmente basse in Portogallo (6,3%). In Italia, il 9,3% dei ragazzi intervistati può contare nel curriculum questo tipo di esperienze internazionali. Va sottolineato che in alcuni casi il dato potrebbe essere sovrastimato, in quanto alcuni ragazzi possono aver incluso erroneamente negli “scambi internazionali” alcune attività di lavoro all’estero.   L’indagine ha dedicato uno spazio specifico al programma Garanzia Giovani, uno degli strumenti predisposti dall’Unione Europea per contrastare la diffusione del fenomeno dei Neet e offrire occasioni di inserimento e orientamento su possibili percorsi formativi e di inserimento lavorativo. Rispetto a tale opportunità, emerge un basso livello di conoscenza dei ragazzi. In Italia, solo un quarto dei ragazzi intervistati ha affermato di aver sentito parlare di Garanzia Giovani. I livelli più bassi di conoscenza si registrano invece in Finlandia (5,6%) e Portogallo (8,4%). La Grecia fa registra un livello di conoscenza simile a quello italiano, pari al 21,9%. Le informazioni raccolte evidenziano un livello quasi nullo di fruizione del programma. Nel complesso, solo 8 ragazzi italiani (16,1% di coloro che hanno risposto alla domanda) hanno dichiarato di essersi rivolti ad uno sportello di Garanzia Giovani, mentre nessun intervistato dei restanti Paesi ha dichiarato di averne fatto utilizzo.    width=  

Il ruolo dei Centri Salesiani di Formazione Professionale

Sul versante salesiano, sono stati intervistati 67 Direttori di Centri di Formazione Professionale Salesiana in 8 Paesi europei (di cui 6 Stati Membri dell’Unione Europea), rappresentanti sia aree geografiche sia sistemi educativi e di welfare differenti. Secondo i Direttori intervistati, per almeno quattro studenti su cinque la pandemia di Covid-19 ha influito significativamente nella pianificazione del loro futuro. Per oltre l’80% la pandemia avrebbe influito molto (45%) o abbastanza (37%). Ma in che termini si è espressa quest’influenza? La maggior parte delle risposte raccolte esprime impatti di tipo negativo. In molti casi gli studenti hanno dovuto sostenere esigenze inaspettate in famiglia dovute agli effetti della pandemia. Inoltre, a causa della pandemia, diversi studenti hanno perso il lavoro che avevano trovato dopo gli studi e incontrano difficoltà a trovarne un altro. In altri casi, se non altro, la condizione creatasi con la pandemia ha consentito loro di riorientare il proprio percorso formativo. In chiave positiva, va letto il fatto che proprio in questa difficile fase alcuni studenti hanno compreso quanto fosse importante consolidare la propria preparazione scolastica. Addirittura, secondo la percezione dei Direttori intervistati, c’è anche un gruppo di studenti che in questa fase di transizione economica è stata in grado di trovare nuove opportunità di lavoro o apprendistato o sperimentare altre forme, non meglio definite, di impatto positivo sulla pianificazione del proprio futuro. Quanto al rapporto con le aziende e il mondo del lavoro, è emersa una leggera flessione rispetto al periodo precedente la pandemia di Covid-19. Sono aumentati i Direttori che dichiarano di essere contattati “poco frequentemente” dalle aziende per questi motivi (da 9 a 16 tra prima e dopo lo scoppio della pandemia) e sono invece diminuiti i Direttori che dichiarano di essere contattati “abbastanza frequentemente” dalle aziende (da 53 a 46). Solamente 18 Direttori su 67 hanno dichiarato di aver valutato la possibilità di inserire nuovi corsi nel curricolo del proprio CFP, anche in seguito agli eventi e alle restrizioni produttive causate dalla pandemia di Covid-19. Per quanto riguarda i settori interessati da questa innovazione, figurano tanto nuovi corsi nel settore dei servizi alla persona (8), quanto quelli riferibili alla transizione digitale (7), alla transizione ecologica (6), al settore delle professioni sanitarie (4), a quello del commercio alimentare (1) o altro (6). Ben 47 CFP su 67 favoriscono la partecipazione dei ragazzi ad esperienze di scambio internazionale (Erasmus +, Servizio Volontario Europeo, Discover EU, European Solidarity Corps, ecc.). In 39 di questi Centri, inoltre, è presente all’interno dell’organigramma una persona/docente che ha l’incarico di coordinare tali progetti. Negli altri Centri, invece, spesso questo iniziative sono lasciate all’intraprendenza dei singoli docenti. La grande maggioranza dei Direttori dei Centri in cui gli studenti hanno potuto beneficiare di esperienze di scambio internazionale è rimasta complessivamente molto (18 Direttori) o abbastanza (24) soddisfatti di queste opportunità. Infine, in riferimento alla strategica funzione dell’orientamento post-formazione, la quasi totalità dei centri (62 su 67), prevedono attività di orientamento dei ragazzi per aiutarli nelle loro future scelte formative/professionali. Alle istituzioni e alla società civile degli adulti, a tutte le comunità educanti sparse per l’Europa, Caritas e Salesiani affidano la responsabilità di prendere consapevolezza dei dati raccolti nel corso dell’indagine e farsi quindi carico in modo più adeguato ai tempi e ai bisogni dei giovani, specialmente quelli più colpiti dagli effetti della pandemia, nel loro percorso di transizione verso l’età adulta.

  1. Caritas Europa è una confederazione europea di organizzazioni cattoliche di soccorso, sviluppo e servizi sociali operanti in Europa, fondata nel 1971 come Eurocaritas. L’organizzazione è stata ribattezzata Caritas Europa nel 1992 ed è una delle sette regioni di Caritas Internationalis. È composta da 49 organizzazioni membri nazionali che operano in 46 paesi europei.
  2. Don Bosco International (DBI) è l’ente che rappresenta i Salesiani di Don Bosco (SDB) presso le Istituzioni Europee a Bruxelles. In collegamento con il Consiglio Generale SDB, il DBI offre servizi di collegamento in rete, informazione, advocacy e formazione alle Ispettorie (provincie) SDB in Europa e nel mondo relativamente alle politiche e alle opportunità offerte dall’Unione Europea nel campo dell’educazione, dell’inclusione sociale di minori e giovani, della loro transizione scuola-lavoro e del loro sviluppo umano integrale.
  3. a cura di Caritas Europa, Caritas Italiana e Don Bosco International