Toscana: il progetto «Pronto badante»


Marco Arlotti | 24 Novembre 2017

La perdita dell’autosufficienza da parte di un anziano è un evento complesso che può essere legato a molteplici fattori. Si va dal deterioramento psicofisico causato da patologie cronico-degenerative, al mancato recupero dell’autonomia da parte di anziani fragili (i cosiddetti «grandi anziani»), per arrivare infine a eventi traumatici specifici. In un contesto di residualità dei servizi e di mancanza di integrazione tra i vari interventi e attori coinvolti, nel nostro Paese alle famiglie viene delegata appieno la costruzione della risposta ai bisogni della persona anziana non autosufficiente. Con notevoli difficoltà dal punto di vista del «cosa fare» e del «come fare».

Questi elementi, che investono a livello territoriale anche la Toscana,1 hanno spinto la regione a lanciare in via sperimentale «Pronto badante».2 Un progetto che è stato avviato in un primo momento solo nella provincia di Firenze e a partire da marzo 2016 esteso a tutto il territorio. Il programma è rivolto alle famiglie che, al mutare delle condizioni di bisogno dell’anziano, si trovano in un momento di difficoltà rispetto alle scelte e agli interventi da mettere in atto. Il meccanismo è semplice. Contattando un apposito numero verde, si riceve entro 48 ore una visita domiciliare da parte di un operatore che, dopo una prima rilevazione delle condizioni di bisogno, delle barriere fisiche, del supporto fornito dalla rete familiare ecc., diventa un punto unico di riferimento per avere tutte le informazioni utili: dal supporto nel fare la spesa, alla ricerca di ausili, alle modalità su come richiedere prestazioni legate all’invalidità. L’elemento strategico del progetto è, dunque, l’immediatezza con cui si cerca di fornire una risposta concreta ai bisogni di famiglie spesso disorientate e fortemente provate da un punto di vista fisico ed emotivo. La strategia è fornire informazioni su tutti quei servizi di supporto pubblici e privati presenti nel territorio.
«Pronto badante» è, infatti, gestito attraverso un sistema di governance allargata,3 che vede il coinvolgimento diretto di oltre 160 organizzazioni di volontariato, 78 cooperative sociali, a cui si aggiungono associazioni di promozione sociale e patronati. Si tratta di attori fortemente radicati nella realtà toscana e che svolgono un ruolo cruciale dal punto di vista della promozione e tenuta della coesione sociale. A loro viene assegnato il compito di gestire tutta la «filiera» del progetto, dal contatto telefonico (attraverso un apposito coordinamento regionale) alle visite domiciliari attraverso operatori appositamente formati in collaborazione con le ASL e le Società della salute.
Attraverso questi operatori le famiglie hanno, inoltre, la possibilità di avere un supporto anche in tutti i passaggi che riguardano il potenziale coinvolgimento di un’assistente familiare: dall’individuazione al tutoraggio nella fase di ingresso in famiglia.
In un primo momento il progetto non ha previsto, tuttavia, una vera e propria funzione di incrocio domanda/offerta, limitandosi ad un semplice orientamento delle famiglie verso le risorse disponibili sul territorio, come i centri per l’impiego oppure verso organizzazioni di terzo settore impegnate sul tema. Con la sperimentazione in corso, invece, è stata prevista anche la possibilità dell’individuazione diretta dell’assistente familiare, attraverso un consorzio di cooperative sociali autorizzato all’intermediazione.

Il progetto prevede, inoltre, una misura finalizzata a coprire il lavoro occasionale svolto da assistenti familiari a copertura delle prime necessità (per un massimo di 30 ore), attraverso un voucher una tantum di 300 euro.4 Il voucher non viene erogato direttamente alle famiglie, ma viene attivato all’occorrenza dall’operatore di «Pronto badante» che ha in carico la famiglia, attraverso l’utilizzo di una piattaforma e di una procedura ad hoc concordata fra Regione Toscana ed Inps nazionale. L’erogazione del voucher ha una duplice finalità. Da un lato quella di offrire alle famiglie la possibilità di una sorta di «periodo di prova» nell’inserimento dell’assistente familiare nel nucleo: un cambiamento, spesso, tutt’altro che semplice, ancor più nei casi di persone anziane che, dopo aver goduto per lungo tempo di autonomia, si trovano improvvisamente a fare i conti con le limitazioni della non autosufficienza. Dall’altro lato il voucher, configurandosi come una soluzione «ponte», punta ovviamente a favorire la regolarizzazione e contrattualizzazione del lavoro di cura.

Nel complesso i numeri del progetto «Pronto badante» indicano un elevato riscontro da parte delle famiglie: nel primo anno di sperimentazione su scala regionale (dal 1/03/2016 al 28/02/2017) sono state ricevute, infatti, oltre 25 mila telefonate, effettuate 6.625 visite domiciliari ed attivati 5.320 voucher. Rimangono, tuttavia, aperte anche alcune questioni che riguardano in particolare la qualificazione del lavoro di cura delle assistenti familiari. Su questo aspetto la regione ha attivato nel 2013/2014, in collaborazione con le province ed i centri per l’impiego, dei corsi di formazione specifici per il profilo di assistente familiare, con un impegno rilevante sia in termini di ore (220 ore per la formazione di ciascun profilo) che di risorse investite (oltre 1 milione di euro). I numeri, in termini di assistenti familiari formate (comunque circa 1.000) non hanno, tuttavia, corrisposto pienamente a quanto atteso, confermando le difficoltà nell’intercettare un mondo, quello delle assistenti familiari, in cui spesso l’incentivo alla formazione può essere limitato a fronte di una mobilità significativa e di aspettative differenti da quelle di un impiego a lungo termine nel settore della cura.

  1. Questa nota di approfondimento è stata sviluppata a partire dalle informazioni raccolte dall’autore attraverso interviste a testimoni privilegiati. A tal proposito si ringrazia in particolare la Dott.ssa Paola Morelli, del settore welfare e sport della Regione Toscana, per la disponibilità e il tempo dedicato. Ovviamente, quanto riportato rimane di esclusiva responsabilità dell’autore
  2. Per ulteriori informazioni e approfondimenti in merito al progetto, si veda anche la pagina dedicata sul sito di regione Toscana.
  3. La significatività assunta dal sistema di governance allargata e di partenariato pubblico-privato promosso dal progetto “Pronto badante” è stata riconosciuta anche con una menzione speciale della giuria durante la cerimonia per l’attribuzione dei REVES Excellence Award 2015, promossa dall’European Network of Cities & Regions for the Social Economy.
  4. Con il mutamento della normativa nazionale, è in corso (fine settembre 2017) un adattamento dello strumento al nuovo quadro normativo che ha previsto la sostituzione dei voucher con il nuovo libretto famiglia.

Commenti

Il servizio di incrocio fra domanda e offerta di lavoro in realtà non viene svolto, lasciando la famiglia nella difficoltà di reperire una badante competente. Nella mia esperienza inoltre il calll center del pronto badante si è dimostrato molto poco professionale, rispondendo alla domanda su come fare per reperire una badante che avrei dovuto cercare su internet digitando “badanti” su un motore di ricerca o chiedere in parrocchia o ad altre associazioni di volontariato… Delle riserve quindi su questo massiccio investimento di risorse pubbliche da parte della regione toscana, con voucher erogati a pioggia e senza nessuna considerazione della condizione economica della famiglia, e consulenze domiciliari che potevano in modo più efficace essere effettuate degli operatori sociali già impegnati nell’impianto complessivo del progetto regionale per l’assistenza alla persona non autosufficiente (punti insieme, servizio sociale). Che dire inoltre rispetto al progetto di accreditamento e formazione delle badanti avviato con i centri impiego e i servizi sociali e lasciato morire in un limbo…?? I corsi di formazione avranno anche avuto poco successo, ma dopo i primi usciti niente più è stato finanziato e i percorsi avviati da molte lavoratrici domestiche per chiedere l’accreditamento sono rimaste inevase. I centri impiego sono nel caos e forniscono alle famiglie nominativi di potenziali badanti senza nessuna esperienza, in assenza di un albo/elenco di badanti formate. Il collocamento al lavoro è quindi ad oggi ancora affidato ai più disparati canali informali, che certo non offrono nessuna garanzia né alle famiglie, né alle lavoratrici.