Emergenza Covid-19 e immigrazione


A cura di Carla Dessi | 2 Aprile 2020

Il momento di emergenza che stiamo vivendo a causa del Covid-19 ha, in poche settimane, completamente sovvertito la nostra quotidianità e, altresì, messo in luce come siano in particolare alcune “categorie” di cittadini a risultare più vulnerabili e maggiormente a rischio di contagio.

 

Lo scorso 22 marzo 2020 è stato pubblicato un documento firmato da ASGI (Associazione per gli Studi Giuridici sull’Immigrazione) e più di 100 altri soggetti (tra associazioni e organizzazioni impegnate attivamente con i cittadini di origine straniera) che offre una prima ricognizione in merito alle aree di maggiore fragilità e suggerisce quali misure di tutela sia necessario adottare fin da subito.

L’auspicio, come riportato in chiusura del documento, è che questa specifica contingenza rappresenti comunque l’opportunità per rilanciare modifiche più ampie e strutturate all’interno di un sistema già di per sé in equilibrio precario.

Ne riportiamo di seguito un estratto dei principali contenuti riportati, circoscrivendo in particolare l’attenzione sulle ricadute all’interno del sistema di accoglienza e invitando, per maggiori dettagli, alla lettura integrale del testo.

 

Emergenza covid-19. L’impatto sui diritti delle/dei cittadine/i straniere/i e le misure di tutela necessarie: una prima ricognizione

 

Accoglienza

Il sistema di accoglienza in Italia è stato profondamente modificato con l’entrata in vigore del D.L. 113/18, convertito in L. 132/18.

È del tutto evidente che le strutture collettive caratterizzate da grandi concentrazioni (CAS, CARA, HUB, CPR, hotspot) non sono oggettivamente idonee a garantire il rispetto dei provvedimenti legislativi emanati a seguito dell’emergenza COVID-19 e la salvaguardia della salute sia dei e delle richiedenti asilo, sia dei lavoratori e delle lavoratrici dell’accoglienza e pertanto la salute collettiva.

Inoltre, l’entrata in vigore del nuovo capitolato di gestione delle strutture di prima accoglienza (DM del 20 novembre 2018) ha determinato una consistente riduzione del personale qualificato, con importanti conseguenze sulla qualità dei servizi offerti. In particolare, è drasticamente diminuita la presenza di figure sanitarie. Nelle diverse tipologie non è mai prevista una figura di supporto psicologico.

 

Condizioni materiali

Nel caso dei CARA e dei CAS con capacità ricettive di decine o centinaia di posti, la permanenza degli ospiti è spesso organizzata all’interno di moduli abitativi/container/camerate da oltre 10 posti. I servizi di distribuzione dei pasti sono organizzati all’interno di spazi collettivi dedicati (es. mense), che possono rappresentare un terreno fertile per la diffusione del virus, costituendo quelle “forme di assembramento” vietate dalla normativa vigente.

Sebbene alcune Prefetture abbiano diramato indicazioni ai responsabili dei CAS, chiedendo di “assicurare l’adozione di tutte le iniziative necessarie all’applicazione delle prescrizioni di carattere igienico-sanitario previste”, non sono accompagnate dalla puntuale fornitura di mascherine e disinfettanti personali, né da una sanificazione costante dei locali.

Accesso ai servizi sanitari da parte delle persone in accoglienza

Secondo le informazioni disponibili, è piuttosto problematico l’accesso ai servizi territoriali sanitari e sociali, per coloro che sono all’interno dei CARA e dei CAS. Ciò risulta particolarmente rilevante nell’attuale contesto di emergenza, durante il quale sono indispensabili diagnosi tempestive ed efficaci trattamenti dei casi sospetti, a cura dei medici di medicina generale.

 

Condizioni della popolazione senza dimora e negli insediamenti informali

A seguito dell’entrata in vigore del D.L. 113/18, convertito in L. 132/18, moltissime/i cittadine/i straniere/i hanno ricevuto un diniego alla richiesta di protezione internazionale o hanno perso il titolo di soggiorno e sono costrette/i a vivere ai margini della società, in insediamenti informali, aree urbane o rurali, in precarie condizioni igienico-sanitarie e disagio abitativo.

La popolazione senza dimora o che vive all’interno degli insediamenti informali è dunque da ritenersi ad alto rischio per la precarietà delle condizioni igienico-sanitarie, ma anche per la carenza di informazioni adeguate e la difficoltà di accesso ai servizi sanitari del territorio. Il diffondersi del contagio in tali aree potrebbe determinare un’emergenza di difficile contenimento.

 

CPR E Hotspot

In questo quadro generale, destano estrema preoccupazione le condizioni nei CPR e negli hotspot, ove un numero elevato di persone vive in condizioni di promiscuità, spesso in condizioni sanitarie precarie, in assenza di adeguati presidi sanitari interni ai centri frequentati da persone che vivono all’esterno (dal personale di polizia e dell’esercito, al personale degli enti gestori, alle e ai mediatori, agli operatori/trici e, per quanto riguarda i CPR, alle/ai giudici e agli avvocati/e). Le misure eventualmente adottabili (autocertificazioni, uso di mascherine, mantenimento della distanza di almeno un metro tra trattenuti e altre persone) non appaiono idonee a scongiurare il rischio che avvengano contagi all’interno.

Appare del tutto evidente che un contagio all’interno dei CPR o degli hotspot avrebbe conseguenze drammatiche. L’esplodere del contagio nei CPR e negli hotspot, dunque, imporrebbe presumibilmente un aumento significativo del numero di ricoveri in ospedale, con conseguenti effetti anche sulla tenuta e funzionalità del sistema sanitario, già gravemente sollecitato dall’emergenza in atto.

 

Alla luce di quanto descritto si richiede di adottare una serie di interventi di urgenza. Ne riportiamo anche in questo caso i punti principali evidenziati.

Relativamente all’accoglienza …

  • Chiudere tutti i centri di accoglienza straordinaria di media e grande dimensione, organizzando un sistema di accoglienza diffusa, eventualmente (ma non imprescindibilmente) attraverso l’adozione di un nuovo schema di capitolato d’appalto in sostituzione del DM 20 novembre 2018;
  • Nelle more della chiusura dei grandi centri, definire e diffondere specifici protocolli di gestione dei casi positivi in strutture collettive, che riguardino tanto le/gli ospiti quanto gli operatori/trici e le/i volontari coinvolti. Predisporre inoltre protocolli e di individuare specifiche strutture di destinazione per l’attuazione delle diverse misure di isolamento in permanenza domiciliare (quarantena e isolamento preventivo);
  • Nelle more della chiusura delle strutture ad alta concentrazione di persone, l’emanazione da parte delle Prefetture di indicazioni volte a prevenire la diffusione del Covid-19 all’interno dei centro che tengano conto della capacità ricettiva, che non contemplino la privazione della libertà personale e che prevedano lo stanziamento di fondi dedicati al rafforzamento dei servizi previsti, in particolare quelli sanitari e di mediazione linguistica e culturale;
  • Autorizzare l’accesso alle strutture di accoglienza operanti nell’ambito del SIPROIMI anche dei titolari di permessi di soggiorno attualmente esclusi (motivi umanitari, casi speciali regime transitorio, protezione speciale e richiedenti protezione internazionale), dando chiara disposizione in tal senso al Servizio Centrale, previa valutazione preliminare del rischio infettivologico sia all’ingresso in struttura sia durante la permanenza in struttura;
  • Autorizzare l’accesso a strutture di accoglienza adeguate, tali da evitare situazioni di sovraffollamento, per chi è senza fissa dimora o vive negli insediamenti rurali, anche attraverso provvedimenti prefettizi volti a individuare nuove strutture di accoglienza o strutture destinate ad altri usi;
  • Prorogare e, laddove possibile, ampliare le misure della “emergenza freddo” almeno fino al 30 aprile 2020, con copertura di spesa a favore degli enti locali;
  • La sospensione della decorrenza dei termini per le dimissioni delle persone in accoglienza, con proroga di almeno 6 mesi, a partire dal termine dell’emergenza Covid-19, per le dimissioni programmate nei progetti Siproimi;
  • La ripresa degli inserimenti nei progetti territoriali Siproimi, a partire da quelli già autorizzati, previa valutazione preliminare del rischio infettivologico sia all’ingresso in struttura sia durante la permanenza in struttura.

Relativamente all’accesso ai servizi sanitarie …

  • Dare piena attuazione alla circolare del Ministero della Salute del luglio 2019, che ribadisce come le anagrafi sanitarie siano tenute ad accettare l’autodichiarazione di effettiva dimora ai fini dell’iscrizione al SSR per gli aventi diritto, come da normativa nazionale;
  • Fornire a tutte le persone la documentazione necessaria per effettuare gli spostamenti non derogabili e le informazioni circa le conseguenze penali dell’inosservanza delle misure previste dai decreti;
  • Predisporre specifici percorsi di prevenzione e tutela che prevedano la diffusione di materiale informativo multilingue dentro e fuori ai centri di accoglienza, e la promozione di campagne informative adeguate e culturalmente competenti volte a rafforzare la consapevolezza sulla prevenzione, la cura e l’emergenza sanitaria in corso.

 

Conclusioni parziali

La ricognizione proposta sottolinea quanto sia necessario e urgente farsi carico, in un contesto di crisi generalizzata, anche dei diritti delle/i cittadine/i straniere/i.

È necessario, a partire dalla tutela delle/i cittadine/i straniere/i in questa specifica contingenza, rilanciare l’esigenza di modifiche sistemiche. L’abrogazione dei cd. Decreti sicurezza, la riforma della disciplina della cittadinanza e la previsione di misure per la regolarizzazione delle/i cittadine/i straniere/i sprovvisti del titolo di soggiorno possono segnare il primo passo verso la configurazione di un ordinamento giuridico complessivamente più equo, a vantaggio di tutte e tutti.