Cosa urge per la protezione dei fragili


Stefano Lepri | 1 Maggio 2020

Il decreto Cura Italia ha iniziato a dare prime risposte alle tante questioni sociali determinate dal coronavirus, come anche Welforum ha ben documentato. Saranno però l’imminente nuovo decreto del Governo e il successivo iter parlamentare a definire più ampie misure di protezione sociale, oltre a quelle di tutela del reddito dei lavoratori e delle imprese. Qui ci si limita a indicarne solo alcune, tra le diverse urgenti. Alcune di esse potranno già essere accolte nel prossimo decreto, ma ci sarà comunque bisogno di un secondo tempo, per formulare e organizzare altre risposte di medio lungo periodo, necessarie per il rilancio delle politiche famigliari, del terzo settore e del welfare rivolto ai più deboli. Senza pretesa di completezza, si richiamano di seguito alcuni aspetti sui quali in queste ore vi è un intenso dibattito tra le forze politiche e con il Governo e rispetto ai quali sono mi sono impegnato con alcune proposte normative.

Il sostegno alla famiglia, alla genitorialità e ai minori

L’emergenza Covid-19 è intervenuta in un momento in cui il dibattito pubblico e la proposta di legge per riordinare e potenziare le misure di sostegno alla famiglie a alla genitorialità (ne parlò anche Welforum), attraverso l’assegno unico e la dote unica per i figli erano già mature; e la priorità resta la rapida approvazione e finanziamento di questa legge. Allo stesso tempo la situazione attuale ha se possibile reso ancora più urgente una risposta immediata alle esigenze di sostegno delle famiglie, per evitare che la povertà minorile si diffonda ulteriormente (vi sono stime circa la possibilità che un milione di minori in più rispetto a prima sia soggetta a questo rischio). Nel configurare questo intervento, che richiede necessariamente procedure di erogazione più rapide rispetto a quelle da mettere in atto per la riforma effettiva, bisognerà comunque tenere conto di uno degli aspetti previsti nella proposta di legge e cioè di rendere la fruizione del beneficio indipendente dalla situazione professionale dei genitori, risultando quindi, diversamente dalle forme di sostegno oggi esistenti come gli assegni familiari e le detrazioni per i figli a carico, fruibile allo stesso modo da lavoratori dipendenti  e lavoratori autonomi, da persone che hanno un reddito e da incapienti.

 

Ma bisogna tenere conto che, accanto alle questioni economiche, l’attuale situazione pone problemi ulteriori di tipo sociale, come anche Welforum ha avuto modo di segnalare: quello dei minori che per tutta la durata del distanziamento sono o sono stati rinchiusi in abitazione con nuclei familiari problematici, patendone tutte le conseguenze psicologiche; quello dei minori che già nelle settimane scorse e ancor più in questa fase di prima ripresa delle attività, sono a casa da scuola mentre i genitori lavorano, con la necessità quindi di individuare misure di conciliazione eccezionali ma fruibili anche per un tempo prolungato.

È quindi necessario adottare un modello di intervento fortemente radicato sul territorio, ispirato alla metodologia degli interventi della legge 285 ma esteso a tutt’Italia e non solo, come oggi avviene, ai centri di maggiori dimensioni, sostenuto dalle risorse di un nuovo Fondo per l’infanzia, che assorba e semplifichi il funzionamento di quello esistente; accanto agli aspetti finanziari vi è l’urgenza di costituire task force locali che mettano insieme servizi sociali, sanitari, scuola, autorità giudiziarie e terzo settore, capaci di coprogettare interventi a favore dei minori vulnerabili.

Povertà

Non si entra, per ragioni di spazio, nel dibattito sulle misure generali di contrasto della povertà, su cui si sta sviluppando un ampio confronto.

Più limitatamente si evidenzia la necessità che in tutto questo non si tralasci di dedicare attenzione alle povertà estreme, come anche, principalmente su due fronti, tema rilanciato anche da Welforum.

Il primo è quello dell’aiuto alimentare; lo stanziamento di 400 milioni previsto a marzo per le misure di sostegno alimentare, come evidenziano molti comuni, è stato speso in poco tempo; è necessario un rifinanziamento urgente per evitare il rischio che un bisogno così fondamentale resti senza risposta.

Vi è poi da dedicare un’attenzione specifica alle persone senza dimora. Va affrontato il problema di rischio sanitario connesso all’impossibilità di queste persone di proteggersi presso un’abitazione, andando oltre i servizi di ricovero notturno e prevedendo soluzioni di ospitalità anche diurna, disponibilità di pasti caldi, presa in carico sanitaria attivando le Unità Speciali di Continuità Assistenziale, i medici di medicina generale e gli enti di Terzo settore che svolgono servizi sanitari.

Anziani

Il problema dell’assistenza agli anziani presso il loro domicilio è stato sollevato ripetutamente in queste settimane, da una parte evidenziando le poche tutele delle persone che svolgono l’opera di assistenza familiare, dall’altra il rischio di abbandono dell’anziano, ad esempio perché in mancanza di una situazione regolare l’assistente familiare non può giustificare il tragitto verso la casa dell’assistito e ancor più, se straniero, teme conseguenze dei controlli rispetto alla sua possibilità di permanere in Italia. La proposta avanzata consiste nella possibilità di regolarizzare il lavoratore, chiedendo al datore di lavoro domestico di dichiarare la sussistenza da almeno tre mesi del rapporto di lavoro, provvedendo a regolarizzare dal punto di vista contrattuale e previdenziale la situazione pregressa e versando anticipatamente un anno di contributi (non rimborsabili, anche nel caso di interruzione del rapporto), così da evitare finte regolarizzazioni meramente opportunistiche. Questo non esime dal ragionare, in tempi brevi, su una complessiva rivisitazione legislativa delle cure domiciliari, che potrebbe rappresentare uno degli obiettivi appena successivi all’entrate in vigore delle misure emergenziali.

Il Terzo settore

Rispetto al Terzo settore, si è molto parlato in queste settimane – anche su Welforum – della previsione contenuta nell’articolo 48 del Cura Italia, relativo a come inquadrare i servizi sospesi per effetto delle misure di prevenzione del contagio, con la previsione che gli Enti possano continuare a corrispondere i pagamenti riconvertendo i servizi in altre modalità, compatibili con le misure di sicurezza1. L’art. 48 si riferisce ad un ambito ristretto di servizi (scolastici e centri diurni), ma non si vede motivo per limitarsi ad essi; va quindi previsto che la combinazione tra riprogettazione dei servizi e continuità dei pagamenti agli enti che debbono svolgerli possa applicarsi alla generalità dei servizi socioassistenziali, sociosanitari e socioeducativi; laddove la riprogettazione interessi solo una frazione del servizio va chiarita la possibilità per i lavoratori di fruire degli ammortizzatori sociali per le ore restanti; va previsto un meccanismo equo per mettere le organizzazioni di Terzo settore in grado di riqualificare i servizi precedenti in vista della loro riapertura, in condizioni di sicurezza. Vanno infine previste misure adeguate che rendano effettivamente fruibile questo meccanismo, da un lato assicurando ai Comuni le risorse necessarie, dall’altra garantendo l’effettiva disponibilità di dispositivi di protezione per i servizi riprogettati. Sarà anche prezioso far conoscere le buone pratiche, comunque già iniziate sul territorio, in modo da rendere questo meccanismo diffuso e fluido.

 

Un altro tema riguarda la necessità di rendere fruibili gli strumenti di sostegno alla liquidità e le garanzie per l’accesso al credito contenuti sia nel Cura Italia, sia nel Decreto Liquidità anche agli enti del Terzo settore del libro primo del Codice Civile e anche agli enti religiosi; si tratta di soggetti che, pur non avendo caratteristiche di impresa (cosa di per sé problematica, se ne era fatto cenno in questo articolo che però non può essere affrontata nella contingenza) di fatto svolgono attività economicamente impegnative (ad esempio la gestione di strutture residenziali) e sono oggi esclusi da questi aiuti.

 

Sempre con riferimento al Terzo settore non imprenditoriale, è noto – anche se forse poco sottolineato dalla narrazione dell’emergenza – che molti di essi, sin dall’inizio della crisi, stanno svolgendo, spesso al di fuori di specifici accordi o convenzioni, attività preziose di sostegno alla popolazione; e vi è motivo di credere che queste attività continueranno ad essere quanto mai necessarie anche nei mesi futuri. Per questo si propone un fondo loro dedicato che consenta ai Comuni di provvedere ai rimborsi delle spese anticipate durante la pandemia e a sostegno delle minori entrate che molti di essi hanno subito per la sospensione delle attività (tesseramenti, raccolte fondi non connessi al Covid, attività varie) per la copertura dei costi fissi. Diversamente c’è il rischio che una parte consistente del terzo settore (quello rivolto soprattutto ai soci, poco capitalizzato, oppure gestito da volontari) chiuda per sempre.

Al tempo stesso il Parlamento è al lavoro per velocizzare il procedimento di riparto del Cinque per mille. Occorre garantire che quest’anno avvenga subito il doppio pagamento in unica soluzione, insieme per gli anni 2018 e 2019. In questo modo si assicura subito un’elevata liquidità al sistema.

 

Un altro capitolo importante è quello del servizio civile; proprio in questi giorni il ministro Spadafora ha comunicato il ritorno in servizio di molti volontari, spesso grazie alla riprogettazione dei servizi precedenti; ciò testimonia ancor più quanto questa esperienza possa essere preziosa ancora di più in vista della ricostruzione, dove è possibile pensare a progetti di servizio alla comunità oltre che ad una esperienza generazionale importante per i giovani, che potranno sentirsi in prima linea per un nuovo inizio. Ma, come ben evidenziato anche dalla CNESC, ciò avviene in un contesto in cui, prima che la crisi di manifestasse, si era ancora alla ricerca di risorse che potessero avvicinare gli stanziamenti a quelli degli anni precedenti; è pertanto ora prioritario un robusto reintegro di tali fondi.

I servizi sociali

In questo contesto non vanno dimenticati i servizi sociali, che si trovano sotto una pressione senza precedenti e, al momento della ripresa, a dovere anche recuperare una parte consistente del lavoro di relazione sospeso con l’emergenza Covid-19. Per questo si propone l’incremento del Fondo nazionale per le politiche sociali destinato alle Regioni, con la specifica destinazione del potenziamento degli organici, anche individuando un parametro minimo di personale adeguato. Si dovrebbe poi procedere con un percorso di stabilizzazione degli operatori precari attualmente coinvolti nel PON inclusione. Inoltre, occorre prendere atto che nel comparto della salute mancano da tempo molte professioni sociali. Il Servizio sanitario nazionale preveda dunque loro nuovi ingressi, imponendo tale orientamento alle programmazioni sanitarie regionali e quindi alla Aziende sanitarie.

  1. Si veda sul tema questo recente articolo di Welforum, NdR

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