Cecità ed ipovisione in Italia al tempo del Coronavirus


A cura di Daniele VenturiniKatia Caravello | 8 Giugno 2020

La disabilità visiva in Italia

Nel mondo1 le persone con disabilità visiva sono 285 milioni di cui 39 milioni non vedenti. In Italia le persone cieche assolute o parziali sono più di 122 mila (dati INPS casellario pensionati INVCIV, 2018). Il dato non comprende le persone ipovedenti, che si stima siano circa 1,5 milioni sul nostro territorio nazionale.

 

Tali numeri indicano certamente la presenza di deficit visivo nella persona colpita anche se non raccontano gli aspetti biografici come per esempio il tessuto familiare che si occupa del supporto, dell’assistenza alla persona, della cura derivante dalla disabilità, dell’impegno educativo dei genitori nel caso dei figli minori  di età.

La disabilità visiva è infatti una condizione che ha un importante impatto per la persona e la sua famiglia, che condiziona gli aspetti organizzativi, pratici e delle opportunità della vita quotidiana con riflesso sulla condizione emotiva degli interessati e del loro contesto famigliare. Fin dall’età infantile infatti, il deficit visivo qualora emerso in questo periodo può condizionare in maniera saliente l’apprendimento e lo sviluppo neuropsicomotorio del bambino ed incidere sulla sua qualità di vita, l’indipendenza, la mobilità, le relazioni e l’autonomia nel divenire poi della maggiore età. La perdita della vista aumenta inoltre il rischio di mortalità, il rischio di cadute e lesioni, può condurre all’isolamento sociale, alla depressione e ad altri problemi emotivi e psicologici.

 

È evidente pertanto che la prevenzione dei deficit visivi, nonché le azioni ed i programmi di riabilitazione visiva rappresentano un interesse importante della collettività e della sanità pubblica che richiamano alla necessità di sapere coniugare il giusto equilibrio tra prevenzione, sostegno, cura e riabilitazione.

L’approccio alla disabilità visiva sul piano riabilitativo dell’intervento con la persona non può pertanto prescindere anche dall’integrazione con il supporto psicologico nell’obiettivo di potenziare l’adattamento del paziente alla vita quotidiana per gli aspetti emotivi, di coping e di sviluppo della propria resilienza.

Nell’ambito dei programmi di intervento, per le azioni di sistema va anche considerato che all’interno della società vi è scarsa consapevolezza circa il fatto che una persona cieca o ipovedente possa giungere ad una propria conoscenza e rappresentazione della realtà che la circonda come già avviene per i vedenti.

Questi concetti sono quindi fondamentali da tenere presente per genitori, familiari, insegnanti e tutti i professionisti che si occupano di piani educativi, abilitativi, riabilitativi, utili all’acquisizione dell’autonomia del non vedente e ipovedente.

 

Il sostegno alla genitorialità

L’importanza di dare attenzione al deficit visivo anche nelle sue componenti psicologiche e fin dall’età evolutiva è  stata rilevata in maniera congiunta anche dall’Unione Italiana Ciechi e degli Ipovedenti (UICI) e dal Consiglio Nazionale dell’Ordine degli Psicologi (CNOP), tanto che nel 2015 è stato sottoscritto tra questi enti un protocollo di intesa poi divenuto progetto nazionale dal titolo “Stessa Strada per Crescere Insieme”. Con tale progettualità si è promosso il sostegno psicologico specialistico per il bambino e l’adolescente con deficit visivo (congenito, acquisito o con pluridisabilità) e alla sua famiglia. L’I.RI.Fo.R.  (Istituto di ricerca, formazione e riabilitazione) quale emanazione dell’UICI ha sostenuto sul piano pratico e formale tale progetto.

 

Dopo un primo avviso nel 2015 promosso dal CNOP e dall’UICI rivolto alla comunità nazionale degli psicologi (dal quale è emerso un rilevante interesse da parte della collettività professionale) si è proceduto alla formazione mirata di 150 psicologi. Successivamente sono stati individuati 10 coordinatori regionali/territoriali con il compito di pianificare e coordinare le attività nelle proprie aree di competenza ed il gruppo di colleghi che in esse vi operano. Gli attuali 10 coordinatori sono gli estensori di questo articolo2. L’intero progetto è coordinato e supervisionato a livello nazionale da una psicologa psicoterapeuta specializzata nel settore.

Il progetto “Stessa strada per crescere insieme” utilizza alcuni canali di diffusione via web già dal 2017 oltre a quelli specifici di categoria dell’UICI per l’accesso fruibile nei criteri d’efficacia ai propri associati e ai loro familiari.

 

Tra le diverse attività svolte in questi anni di attuazione del progetto, si sottolinea:

  • la creazione di una rete tra psicologi e altri professionisti (medici, avvocati, tiflologi, pedagogisti), ordini professionali, associazioni, enti, scuole e famiglie, comitati dei genitori; reparti di neonatologia, oculistica, neuropsichiatria infantile e le diverse agenzie a cui afferiscono persone che hanno un deficit visivo;
  • l’analisi dei bisogni, delle dinamiche logistiche, territoriali, associative di ciascuna sezione UICI di riferimento e conseguente ideazione, progettazione e programmazione di possibili azioni e risorse umane ed economiche;
  • campus estivi con famiglie e ragazzi con deficit visivo;
  • cicli di incontri individuali e di gruppo promossi dall’I.Ri.Fo.R. e rivolti ai genitori di bambini ipovedenti e non vedenti;
  • laboratori esperienziali con ragazzi e adulti;
  • l’organizzazione di uno spazio,all’interno delle sedi provinciali dell’UICI, di consulenza psicologica (rivolta al singolo, alla coppia genitoriale e ai gruppi di genitori).

 

Lo sportello di ascolto psicologico nella disabilità visiva in tempi di coronavirus

Con l’emergenza sanitaria Covid-19, viste le richieste telefoniche pervenute dagli associati UICI, è stato attivato all’interno del progetto “Stessa strada per crescere insieme” uno sportello telefonico di supporto psicologico rivolto a famiglie e persone con deficit visivo. Allo sportello hanno aderito 79 psicologi volontari della rete nazionale coprendo tutti i territori regionali e provinciali.

Lo sportello è tutt’ora attivo nell’attuale fase di emergenza sanitaria e lo rimarrà anche durante la fase 2, in considerazione del fatto che  la voglia di riprendere la vita sociale da parte delle persone  si scontra anche con la loro paura di essere contagiati da un virus che, per quanto sotto controllo, continua a circolare tra la popolazione. Lo sportello è menzionato tra le risorse istituzionali attivabili.

 

I primi dati raccolti mostrano come ansia, solitudine, senso di affaticamento dei caregiver e preoccupazione per il futuro sono i sentimenti maggiormente espressi dalle persone che hanno contattato lo sportello di ascolto psicologico. Tali stati d’animo sono condizioni psicologiche ed emotive che persone con deficit visivo e le loro famiglie provano spesso nell’arco della propria vita, ma che la situazione venutasi a creare a causa dell’emergenza sociosanitaria di questi mesi ha esacerbato.

Dal 19 marzo (data di attivazione dello sportello) al 30 aprile 2020 sono arrivate 116 telefonate.Dalle telefonate  accolte emergono problematiche e richieste di vario genere, alcune delle quali non direttamente correlate con la situazione pandemica.

Ansia e senso di solitudine sono di gran lunga le emozioni manifestate con maggiore frequenza. La motivazione principale è il repentino cambio di abitudini, da cui è dipesa una drastica riduzione delle relazioni sociali. Il non avere – o comunque avere in misura nettamente inferiore al solito – i contatti con il mondo esterno, oltre a generare vuoto e frustrazione, fa sì che le persone, specie le più fragili, si sentano ancora più sole del solito ed abbiano un maggior tempo per rimuginare su paure vecchie e nuove, alimentando in tal modo stati d’animo ansioso-depressivi, che possono condurre a situazione emotive anche critiche.

 

Le misure adottate per prevenire la diffusione del contagio da Coronavirus hanno effetti deleteri anche sui caregiver. Coloro che si prendono cura delle persone anziane e con disabilità grave, che già di norma pagano un prezzo elevato in termini di benessere psicofisico, a causa della chiusura dei centri formativi, diurni e riabilitativi, hanno visto aumentare in maniera insostenibile il carico assistenziale sulle loro spalle. Tale situazione è fonte di un forte stress fisico ed emotivo, che rende la convivenza coatta ancora più difficile da sopportare.

Non è facile neanche la condizione vissuta in queste settimane dai genitori. Alla normale preoccupazione per la salute ed il benessere dei figli si è sommata la preoccupazione per gli effetti che l’isolamento avrà su di essi e sui loro rapporti interpersonali: bambini e ragazzi che già in condizioni di vita non epidemica hanno una rete sociale piuttosto ristretta, rischiano di vedere praticamente azzerate le relazioni con i propri coetanei. Senza contare che la sospensione delle attività abilitative e riabilitative può provocare dei danni difficilmente recuperabili ai bambini e ai ragazzi con disabilità plurime.

Le difficoltà non mancano neanche nelle famiglie in cui i figli minori non hanno altri problemi associati a quello visivo: infatti la gestione della didattica a distanza è fonte di difficoltà sia per gli studenti che per i genitori. Se si considera che a tutto ciò si è aggiunta la necessità di lavorare in modalità smart-working o, nei casi peggiori, la preoccupazione per un lavoro che rischia di non esserci più ed alle conseguenze che ciò potrà avere sull’economia della famiglia, si comprende facilmente lo stato d’animo in cui madri e padri si trovano oggi e alla loro necessità di essere supportati per gestire sia gli aspetti pratici sia quelli psicologici (propri e dei loro figli).

In generale, il confinamento forzato presso il domicilio prolungato per così tanto tempo ha complicato le relazioni familiari, inasprendo eventuali dinamiche conflittuali preesistenti e contribuendo ad aumentare il livello di stress, frustrazione ed ansia in tutti i componenti della famiglia.

 

In aggiunta a quanto esposto sin qui, è bene porre l’attenzione su ulteriori due aspetti, l’uno specificamente correlato alla condizione di disabilità, l’altro condiviso con il resto della popolazione.

Un problema che è comparso non appena iniziata la fase emergenziale è stata la scomparsa quasi totale dei volontari; questo ha significato, per tutte le persone che necessitano di terapie non sospendibili, l’esigenza di affrontare e cercare di risolvere il problema facendo conto solo sulle proprie forze, con un comprensibile aumento della fatica fisica e, soprattutto, mentale.

Dalle telefonate è emersa inoltre un sentimento che, come scritto in precedenza, è comune a buona parte della popolazione italiana e mondiale: la preoccupazione per le persone care che hanno contratto il Covid-19 a cui non si può stare vicino e, in caso di una tragica scomparsa, non si può neanche dare l’ultimo saluto.

In queste settimane, all’attività dello Sportello a livello nazionale, si sono affiancate alcune interessanti iniziative territoriali. Alcune sezioni UICI, quali ad esempio quelle di Lucca e di Foggia, hanno preso l’iniziativa di contattare direttamente i soci per proporre loro un sostegno psicologico. La sezione di Cagliari, invece, ha deciso di avviare un gruppo di sostegno telefonico, facilitato da uno psicologo, e di aderire al servizio informativo e di assistenza attivato dalla FAND Sardegna (Federazione Nazionale delle Associazioni di persone con Disabilità della Sardegna), a cui si può accedere chiamando il numero verde 800701640.

Degni di essere richiamati sono anche i progetti di due Consigli Regionali UICI implementati in questo periodo: i) in Campania, quale esempio lavoro di rete che coinvolge i Centri di consulenza tiflodidattica e gli psicologi del progetto “Stessa strada per crescere insieme”  e ii) in Sicilia ove  è stato istituito il numero unico regionale (tel. 0952501340) a cui qualsiasi persona che vive la disabilità visiva (socio o non socio UICI) può chiamare.

 

Conclusioni

Alla luce dei risultati conseguiti già dal 2016 da parte del progetto “Stessa strada per crescere insieme” come sopra scritto, di quanto ulteriormente attivato anche in periodo di emergenza sanitaria Covid-19, risulta importante proseguire nella progettualità in essere anche oltre all’attuale emergenza.

In particolare si evidenzia che:

  • il supporto psicologico può essere funzionale alla persona e famiglia per potenziare ulteriormente gli aspetti resilienza ed adattamento anche alla luce delle incertezze verso il presentarsi degli scenari del prossimo futuro come già citato;
  • le ulteriori sfide a cui sono chiamate le agenzie educative come la scuola (es. potenziamento didattica on line, uso tecnologie, ecc.) ma anche gli stessi genitori richiedono sempre più la presenza di professionisti psicologi competenti sul tema della disabilità visiva per supportare processi di inclusione di bambini e adolescenti, apprendimenti di abilità scolastiche e di vita quotidiana, supporto virtuoso alle dinamiche relazionali tra sistemi ed agenzie educative;
  • l’innalzamento dell’età ed il progressivo allungamento della vita che ha portato nella popolazione alla crescita esponenziale di malattie oculari influiscono sui tassi di innalzamento delle patologie acquisite dei sistemi visivi nel corso della vita. Tutto ciò richiederà nel prossimo futuro e sempre più la presenza della competenza dello psicologo a fianco delle altre professioni sanitarie coinvolte in piani e programmi di abilitazione e riabilitazione.
  1. Fonte: Ministero della Salute, Relazione al senato della Repubblica sullo stato di attuazione delle politiche concernenti la prevenzione della cecità e l’educazione e la riabilitazione visiva, comunicato alla Presidenza del 18 dicembre 2015.
  2. Hanno contribuito alla stesura di questo articolo, assieme ai curatori, anche: Valentina Cassaro, Antonio Calamo Specchia, Barbara Furlano, Sara Bonfante, Danila Faiola, Mauro Favaloro, Nadia Massimiano, Roberta Saba, Francesca Todaro